Menfi - Partirà tra pochi giorni a Porto Palo la raccolta porta a porta dei rifiuti solidi urbani. Da parte della Sogeir, la società che gestisce il servizio, saranno distribuiti agli utenti i kit che comprendono i contenitori per la raccolta dell'umido, per la carta ed il cartone.
Non appena il servizio sarà attivato scompariranno i cassonetti che si trovano lungo la strada e non mancano di ammorbare l'aria dal momento che i rifiuti si decompongono rapidamente a causa del caldo torrido.
Un traguardo ormai raggiunto grazie alla determinazione dell'Amministrazione comunale che ha fatto di tutto perché il servizio venisse esteso alla località balneare dove nella stagione estiva si trasferiscono molti menfitani e non solo per trascorrere le ferie nel mare bandiera azzurra da 16 anni per la pulizia e la limpidezza delle sue acque.
«È importante lavorare tutti insieme per migliorarci, a partire dai piccoli gesti: ridurre l'utilizzo e la dispersione di sacchetti di plastica, promuovere la raccolta differenziata, sfruttare il centro di raccolta della Sogeir», commentano dal Palazzo di Città.
Il prossimo anno il servizio dovrebbe comprendere anche Lido Fiori, l'altra spiaggia fiore all'occhiello di Menfi, anch'essa frequentata da molti villeggianti.
Menfi [Agrigento - Sicilia]. Vista l'estrema facilità con la quale è possibile pubblicare contenuti attraverso un blog, ho deciso di disporre di questo potente mezzo di comunicazione per interfacciarmi con tutti i cittadini. Grazie a questa piattaforma web farò conoscere le mie idee, le mie prospettive politiche e mi confronterò, in maniera costruttiva, con tutti gli elettori del Comune di Menfi.
sabato 30 giugno 2012
venerdì 29 giugno 2012
Agrigento non perderà la Provincia
Ad Agrigento alcuni avranno tirato un sospiro di sollievo. Per il momento sono solo indiscrezioni, ma il nuovo piano del Governo Monti per tagliare le Province pare salvi la Provincia regionale di Agrigento. In Italia dalle attuali 107, si passerebbe a 54 (da aggiungere eventuali accorpamenti tra gli enti soppressi).
Almeno questo sarebbe il decreto legge che ha in mente il ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, Filippo Patroni Griffi. In Sicilia resisterebbero ai tagli solo Palermo, Catania, Messina e Agrigento: fuori invece Enna, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa e Trapani. Ma perché?
Per "sopravvivere" le Province devono possedere almeno due di questi tre requisiti:
Con buona probabilità, pertanto, tra meno di un anno gli abitanti dell'Agrigentino saranno chiamati alle urne per eleggere presidente e Consiglio provinciale.
Il mandato di Eugenio D'Orsi, infatti, iniziato nel giugno del 2008 volge ormai a scadenza. Bisognerà vedere se il decreto verrà emanato e soprattutto se manterrà questi criteri. Più volte si è cercato di intervenire su questo campo, senza però riuscire a concludere alcun taglio. In tanti, come già accaduto, sono comunque pronti ad alzare gli scudi: «Intervenire sulle Province con decreto legge è incostituzionale», è stato più volte detto.
Il Presidente Eugenio D'Orsi, a conoscenza della vicenda, da un lato è soddisfatto dall'altro cerca di mantenere i piedi per terra, prima vuole leggere la norma pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Di una cosa però è certo: se la Provincia di Agrigento non venisse soppressa, tornando così alle urne tra qualche mese, lo stesso D'Orsi è pronto alla ricandidatura: «Non solo mi candiderò - ci dice - ma in quella competizione elettorale metterò innanzitutto a disposizione le cose concrete che ho fatto con tanto di documentazione cartacea. In più - conclude - devo difendere la mia dignità non solo nelle aule di tribunale, dove ci sono magistrati seri e professionalmente validi, ma voglio confrontarmi con il giudizio dei cittadini».
Almeno questo sarebbe il decreto legge che ha in mente il ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, Filippo Patroni Griffi. In Sicilia resisterebbero ai tagli solo Palermo, Catania, Messina e Agrigento: fuori invece Enna, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa e Trapani. Ma perché?
Per "sopravvivere" le Province devono possedere almeno due di questi tre requisiti:
- superficie di almeno 3.000 chilometri quadrati;
- popolazione superiore a 350 mila abitanti;
- oltre 50 Comuni presenti nel territorio.
Con buona probabilità, pertanto, tra meno di un anno gli abitanti dell'Agrigentino saranno chiamati alle urne per eleggere presidente e Consiglio provinciale.
Il mandato di Eugenio D'Orsi, infatti, iniziato nel giugno del 2008 volge ormai a scadenza. Bisognerà vedere se il decreto verrà emanato e soprattutto se manterrà questi criteri. Più volte si è cercato di intervenire su questo campo, senza però riuscire a concludere alcun taglio. In tanti, come già accaduto, sono comunque pronti ad alzare gli scudi: «Intervenire sulle Province con decreto legge è incostituzionale», è stato più volte detto.
Il Presidente Eugenio D'Orsi, a conoscenza della vicenda, da un lato è soddisfatto dall'altro cerca di mantenere i piedi per terra, prima vuole leggere la norma pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Di una cosa però è certo: se la Provincia di Agrigento non venisse soppressa, tornando così alle urne tra qualche mese, lo stesso D'Orsi è pronto alla ricandidatura: «Non solo mi candiderò - ci dice - ma in quella competizione elettorale metterò innanzitutto a disposizione le cose concrete che ho fatto con tanto di documentazione cartacea. In più - conclude - devo difendere la mia dignità non solo nelle aule di tribunale, dove ci sono magistrati seri e professionalmente validi, ma voglio confrontarmi con il giudizio dei cittadini».
Totò Frequente
giovedì 28 giugno 2012
Proposta per «chiudere» con il terremoto Valle del Belice
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Menfi, Chiesa Matrice |
È la proposta contenuta in un disegno di legge che porta la firma del senatore Antonio D'Alì (Pdl). I soldi sarebbero ripartiti tra edilizia privata (300 milioni) e opere pubbliche (150 milioni).
Parrebbe la via più celere per chiudere definitivamente la questione, 44 anni dopo il terremoto. Sarebbe anche un modo per risarcire il territorio dallo «scippo» subìto quattro anni fa, allorquando il governo Berlusconi dirottò altrove 50 milioni di euro che il Parlamento, nella precedente legislatura, aveva destinato al Belice.
«Non c'è alcun prelievo sulla fiscalità generale - si affretta a precisare D'Alì - ma un vincolo di destinazione da assegnare ai fondi già di spettanza della Regione. I fondi per le aree sottoutilizzate vengono impegnati attraverso accordi di programma tra Regione e governo centrale, e un'indicazione della legge nazionale sarebbe vincolante per l'inserimento di questa voce nelle infrastrutture da finanziare».
Il termine per la presentazione degli emendamenti è scaduto il 25 maggio. E nessuna modifica al testo è stata proposta. Ora si attende il parere della commissione Bilancio del Senato. Se positivo, il provvedimento passerà al vaglio dell'aula di Palazzo Madama, per il primo dei due passaggi parlamentari. «Se si fa il conto - chiarisce D'Alì - anche con le dovute rivalutazioni monetarie, delle somme erogate per i grandi terremoti, il Belice rimane quello che, in proporzione, ha ricevuto meno».
Per il parlamentare si tratta di un «riequilibrio legittimamente richiesto ed eticamente dovuto». Le necessità sono state quantificate da una commissione d'indagine che ha completato i suoi lavori due anni fa. Non nasconde, dal canto suo, la soddisfazione Nicola Catania, coordinatore degli amministratori del Belice: «È, questo - spiega - un risultato frutto di un intenso lavoro fatto di incontri, solleciti, richieste». «Abbiamo verificato - aggiunge - la disponibilità del governo, in particolare del ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, e financo il presidente Napolitano si è scomodato per scrivere al ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, affinché la questione fosse costantemente monitorata».
Lo stesso non può dirsi della Regione: «Sarebbe stato opportuno - si lamenta Catania - che anche lei avesse fatto fino in fondo la sua parte. Il presidente Lombardo aveva preso un impegno, ma al momento questo impegno è disatteso». Catania convocherà nei prossimi giorni il coordinamento degli amministratori della Valle, al quale, non essendo più vicesindaco di Partanna, si presenterà dimissionario. È però possibile che gli venga chiesto di restare al suo posto, pur non ricoprendo incarichi amministrativi.
Nella Foto: Menfi, i danni alla Chiesa Matrice - Terremoto del Belice 15 gennaio 1968
Il Giudice di Pace di Napoli e la mediazione obbligatoria
L’interessante sentenza emessa in data 23 marzo
2012 dal Giudice di Pace di Napoli aggira il problema della mediazione
obbligatoria per quanto riguarda le cause rientranti nella competenza
del Giudice di Pace.
Nella causa in questione, la controparte aveva
sollevato l’eccezione di improcedibilità della domanda per mancato
esperimento del procedimento di mediazione obbligatorio di cui al D.Lgs.
28/2010, trattandosi di controversia concernente il risarcimento di
danni derivanti dalla circolazione di autoveicoli. Il Giudice di Pace di Napoli rigetta l’eccezione, sostenendo che il procedimento dinanzi al Giudice di Pace già prevede sia la conciliazione in sede contenziosa, in virtù dell’art. 320 comma 1 c.p.c, che in sede non contenziosa ai sensi dell’art. 322 c.p.c. Per cui, non avendo il D.Lgs. 28/2010 previsto alcuna abrogazione delle suddette norme del codice di procedura civile, "nel procedimento dinanzi al giudice di pace vanno applicate le disposizioni di cui al libro II, titolo II, dall’art. 11 al 322 c.p.c.".
Una diversa interpretazione, continua il giudice, non solo sarebbe in contrasto con il delineato quadro sistemico ma si rivelerebbe manifestamente illogica. Ed invero l’intento deflattivo che si è proposto il legislatore è stato assecondato proprio dall’istituto del giudice di pace che è nato con lo scopo di favorire la conciliazione delle controversie che può avvenire nella fase giudiziale ex art. 320 c.p.c. ovvero in quella stragiudiziale azionabile ex art. 322 c.p.c.. Pertanto, sarebbe paradossale escludere dal processo conciliativo un istituto che è nato precipuamente per lo svolgimento di tale finalità.
Quindi, il Giudice di Pace di Napoli ha statuito che, nei giudizi instaurati innanzi al Giudice di Pace ed aventi ad oggetto controversie su materie in ordine a cui costituisca condizione di procedibilità il previo esperimento del tentativo di mediazione ex art. 5 del D. Lgs. 28/2010, non si debba applicare la disposizione normativa medesima in quanto a ciò osta la sussistenza degli artt. 320 e 322 del codice di procedura civile, in base ai quali nell’ambito del rito dinanzi al Giudice di Pace sono già contemplati istituti di composizione bonaria delle controversie.
Il giudice aggiunge, inoltre, che comunque il mancato esperimento del tentativo di mediazione non comporta affatto l’improcedibilità della domanda, quanto piuttosto obbliga il giudice ad assegnare alle parti un termine di 15 giorni per la proposizione dell’istante con la fissazione di una successiva udienza dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 6 del decreto suddetto (cioè 4 mesi dalla scadenza dei 15 giorni).
La sentenza, ben argomentata, presenta un vizio di fondo, in quanto dinanzi ad una eccezione di parte avrebbe dovuto applicare correttamente la disciplina legislativa, nel senso di riaffermare la obbligatorietà del tentativo di mediazione dinanzi ad uno degli organismi accreditati presso il Ministero della Giustizia, adottando i provvedimenti di cui all’art. 5, comma 1, del D.Lgs. 28/2010 e disponendo il rinvio della udienza, anziché procedere oltre nell’esame del merito. Il non averlo fatto getta un’ombra sulla sentenza del Giudice di Pace di Napoli, che significa di fatto la sostanziale abrogazione della mediazione obbligatoria, e sulla iniziativa di matrice forense volta a riportare dinanzi al Giudice di Pace la conciliazione nella materia delle controversie concernenti le controversie relative al risarcimento danni da circolazione di veicoli e natanti, che trae spunto dalla pronuncia.
Avv. Calogero Lanzarone
No all'accompagnamento coatto
Pattuglia senza etilometro? Seguire gli agenti non è obbligatorio!!!
I giudici della Corte di Cassazione, Sezione IV penale, con la sentenza numero 21192 emessa in data 31 maggio 2012 hanno deciso che “è esclusa la contravvenzione, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 186, settimo comma, del Codice della Strada, per l’automobilista che si rifiuta di seguire gli operatori di polizia al fine di sottoporsi al test alcolemico quando non si sia verificato alcun incidente stradale”. La guida in stato di ebbrezza è un reato previsto e sanzionato dal sopra menzionato articolo 186 del Codice della Strada, ed il tasso alcolemico consentito per coloro che si mettono alla guida di un qualsiasi mezzo è pari a 0,5 g/l nel sangue. Nella fattispecie oggetto di controversia un automobilista era stato fermato da una pattuglia sprovvista dello strumento per l’alcool test e gli agenti avevano chiesto al conducente di seguirli al fine di sottoporsi, appunto, a tale test presso un comando della polizia stradale distante oltre 30 km. Il conducente, però, rifiutava di seguirli e si allontanava, quindi, a piedi.
Tale soggetto, in conseguenza di ciò, veniva indagato per la violazione del combinato disposto dei commi 2 e 3 dell’articolo 186 del Codice della Strada ed il Giudice per le Indagini Preliminari pronunciava sentenza di assoluzione in quanto il fatto non sussiste.
Questa decisione veniva impugnata dal Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale. Il rappresentante della pubblica accusa riteneva che, al contrario di quanto asserito dal Tribunale, non si poteva escludere nella fattispecie concreta l’applicazione dell’articolo 186, comma 3, del Codice della Strada. I giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso evocando, prima di tutto, il rispetto del principio di legalità in materia penale. Facendo riferimento agli “accertamenti previsti dall’articolo 186 del Codice della Strada, comma terzo, non si prevede la possibilità di accompagnamento coattivo del conducente quindi, in assenza di una simile previsione non si può, ricavare un implicito potere di accompagnamento in capo agli agenti senza, peraltro, incorrere nella violazione del citato principio di legalità”.
Nel caso di specie, sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione, il conducente si era rifiutato di seguire gli agenti in assenza di un obbligo in tal senso, dato che gli stessi non avevano, sul luogo, lo strumento per la misurazione del tasso di alcool nel sangue e che il luogo ove recarsi distava circa una trentina di chilometri. In pratica, quindi, il rifiuto all’adempimento di un obbligo che non sia dettato dal combinato disposto dei commi 7 e 3 dell’articolo 186 del Codice della Strada, non può integrare la contravvenzione prevista dalle citate disposizioni conseguentemente il ricorso è stato rigettato in quanto il fatto non sussiste.
Avv. Calogero Lanzarone
I giudici della Corte di Cassazione, Sezione IV penale, con la sentenza numero 21192 emessa in data 31 maggio 2012 hanno deciso che “è esclusa la contravvenzione, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 186, settimo comma, del Codice della Strada, per l’automobilista che si rifiuta di seguire gli operatori di polizia al fine di sottoporsi al test alcolemico quando non si sia verificato alcun incidente stradale”. La guida in stato di ebbrezza è un reato previsto e sanzionato dal sopra menzionato articolo 186 del Codice della Strada, ed il tasso alcolemico consentito per coloro che si mettono alla guida di un qualsiasi mezzo è pari a 0,5 g/l nel sangue. Nella fattispecie oggetto di controversia un automobilista era stato fermato da una pattuglia sprovvista dello strumento per l’alcool test e gli agenti avevano chiesto al conducente di seguirli al fine di sottoporsi, appunto, a tale test presso un comando della polizia stradale distante oltre 30 km. Il conducente, però, rifiutava di seguirli e si allontanava, quindi, a piedi.
Tale soggetto, in conseguenza di ciò, veniva indagato per la violazione del combinato disposto dei commi 2 e 3 dell’articolo 186 del Codice della Strada ed il Giudice per le Indagini Preliminari pronunciava sentenza di assoluzione in quanto il fatto non sussiste.
Questa decisione veniva impugnata dal Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale. Il rappresentante della pubblica accusa riteneva che, al contrario di quanto asserito dal Tribunale, non si poteva escludere nella fattispecie concreta l’applicazione dell’articolo 186, comma 3, del Codice della Strada. I giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso evocando, prima di tutto, il rispetto del principio di legalità in materia penale. Facendo riferimento agli “accertamenti previsti dall’articolo 186 del Codice della Strada, comma terzo, non si prevede la possibilità di accompagnamento coattivo del conducente quindi, in assenza di una simile previsione non si può, ricavare un implicito potere di accompagnamento in capo agli agenti senza, peraltro, incorrere nella violazione del citato principio di legalità”.
Nel caso di specie, sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione, il conducente si era rifiutato di seguire gli agenti in assenza di un obbligo in tal senso, dato che gli stessi non avevano, sul luogo, lo strumento per la misurazione del tasso di alcool nel sangue e che il luogo ove recarsi distava circa una trentina di chilometri. In pratica, quindi, il rifiuto all’adempimento di un obbligo che non sia dettato dal combinato disposto dei commi 7 e 3 dell’articolo 186 del Codice della Strada, non può integrare la contravvenzione prevista dalle citate disposizioni conseguentemente il ricorso è stato rigettato in quanto il fatto non sussiste.
Avv. Calogero Lanzarone
mercoledì 27 giugno 2012
Uscire dall'euro o salvarlo?
E' la posizione di Mario Monti, presidente del Consiglio, in vista del vertice di Bruxelles del 28 e 29 giugno e a poche ore dal vertice propedeutico di ieri a Roma con Hollande e Rajoy che cercheranno di convincere la Merkel a rilanciare l'Ue, tramite misure "concrete" e a "lungo termine" sulla crescita. Monti ha poi aggiunto che è necessaria per il futuro dell'Unione «una piena unione bancaria e meccanismi per fare ponte con quei Paesi che rispettano gli impegni, ma scontano una certa diffidenza».
Vediamo le posizioni sull'euro.
Se per la maggior parte degli economisti, banchieri e politici con la moneta unica c'è in gioco l'intera Europa, così non la pensa l'ex premier Silvio Berlusconi. L'Italia «fuori dall'euro non è una bestemmia», ha dichiarato Berlusconi al Wall Street Journal. La ricetta per il cavaliere è semplice: uscire dall' Eurozona «così da poter pensare a procedere con una svalutazione competitiva». Un ritorno alla moneta nazionale, dunque, un gesto azzardato ma che per Berlusconi avrebbe anche i suoi vantaggi, come ad esempio svalutare la valuta e incrementare la domanda dei beni prodotti. Un ritorno in campo ad hoc sul quale non si sono fatti attendere, come di consueto, i commenti di politici e non solo. In primis, la risposta risoluta contro la ricetta di Berlusconi è arrivata dal neo presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: «L'euro va difeso fino in fondo e ci deve essere una determinazione, che attraversa tutta l'Europa, per sostenerlo». Anzi, la soluzione per riemergere dalla crisi per Squinzi è semplice, quasi ovvia: seguire la direzione degli altri Stati uniti d'Europa, con tutto quello che ne consegue, «coordinamento delle politiche fiscali, del welfare, investimenti strutturali e politica energetica, ma soprattutto, la creazione di una banca centrale europea con veri poteri di banca centrale». Contrario alla proposta di Berlusconi anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che la trova «francamente incomprensibile». E' «un disastro per la gente normale» invece per il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, ma un «affarone» per quelli che hanno portato gli euro all'estero.
Ecco il punto. Chi ha portato i soldi all'estero? Cioè in Paesi che non hanno adottato l'euro come moneta nazionale? Uno dei Paesi che ha subìto forti pressioni è la corona danese scelta da parte degli investitori in cerca di un rifugio in Europa. Una pressione molto forte, provocata dall'attrazione degli investitori dal ridotto deficit di bilancio del Paese e dal surplus delle partite correnti. Attrazione che li porta a versare denaro in obbligazioni danesi, dove i tassi nell'ultimo mese sono stati tagliati due volte arrivando al minimo storico dello 0,45%. A rendere la situazione più complicata alla Banca centrale sono alcuni hedge funds, che stanno prendendo posizioni sulla corona danese come assicurazione contro un eventuale crollo dell'euro. Stessa situazione si sta verificando in Svizzera e nel Regno Unito. La Banca centrale svizzera ha intrapreso nuove misure per proteggere i suoi finanziatori da un'eventuale crisi dell'euro, rafforzando le difese della sua moneta contro i numerosi flussi degli speculatori. La sterlina, intanto, è ai suoi massimi pluriennali nei confronti della moneta unica, confermando il suo status di rifugio. In questi ultimi tempi, mentre in Italia si sta verificando la crisi del mattone, proprio a Londra e dintori non pochi italiani avrebbero acquistato appartamenti e ville.
Ma ci sono altri Paesi verso cui sono arrivati euro in cerca di rifugio. Sono stati definiti le "Nuove Tigri" europee: si tratta di Polonia e Turchia, due nazioni che, nonostante la crisi economica globale, si sono salvate dal disastro finanziario proprio perché fuori dall'euro. Secondo un articolo di William L. Watts su MarketWatch, questi due Paesi stanno entusiasmando gli osservatori per la loro "freschezza" economica: nonostante la disoccupazione elevata, le valute volatili e la dipendenza dagli investimenti esteri - elementi che potrebbero in futuro ritorcersi contro, soprattutto se la crisi dell'Eurozona andasse fuori binario - i bassi livelli di debito, l'espansione e il rafforzamento della classe media hanno permesso a Polonia e Turchia di risalire la propria economia.
Si pensi che, in controtendenza con le ripetute bocciature della maggior parte delle economie europee, Moody's l'latro ieri ha deciso di promuovere di un gradino il rating della Turchia, potenza economica emergente del Mediterraneo est, portandolo da Ba2 a Ba1. L'agenzia di rating, ha inoltre confermato la prospettiva positiva assegnata alla Turchia, che l'anno scorso ha registrato un ritmo di crescita dell'8,5%.
lunedì 25 giugno 2012
Agenzie di rating, si può ipotizzare un conflitto di interessi?

E' passato un anno che ha visto il nostro Paese precipitare sull'orlo del baratro, tirato poi per la giacca ma sempre in bilico, soggetto (assieme ad altri paesi del Vecchio Continente) a giudizi da parte delle agenzie di rating che hanno fatto arrabbiare tutta l'Europa.
Ma chi sono i "padroni" delle agenzie di rating Usa? Si può ipotizzare un conflitto di interessi?
Moody's ha una struttura piuttosto complessa. La maggioranza del capitale è in mano a un manipolo di grandi azionisti, tutti grandi gestori di fondi di investimento: i primi quattro azionisti controllano il 49% delle azioni. Il primo socio è la Berkshire Hathaway (19,1%), presieduta dal finanziere Warren Buffett, detto "l'oracolo di Omaha", uno degli uomini più ricchi del pianeta secondo Forbes. Seguono società di investimenti come Capital Research Global Investors (10,30%), Capital World Investors (10,03%) e Fidelity Management & Research (9,61%). Ognuno di questi azionisti controlla asset in ogni settore dell'industria e della finanza (inclusi bond stranieri) per centinaia di miliardi di dollari. A sua volta Moody's è una società quotata in Borsa (e quindi soggetta alle fluttuazioni provocate dai suoi stessi giudizi): nel 2009 ha avuto un fatturato di 1,8 miliardi di dollari con utili pre-tasse di 687 milioni.
Standard & Poor's, invece, fa parte del gruppo McGraw-Hill Companies, una public company quotata al Nyse attiva nell'editoria e nei servizi finanziari, che edita tra l'altro il settimanale Business Week. L'azionariato di McGraw-Hill è molto simile a quello di Moody's, anche se con un grado inferiore di concentrazione proprietaria: al primo posto c'è Capital World Investors (presente anche in Moody's) con il 7,69%, quindi T. Rowe Price Associates (6,67%), BlackRock Global Investors (4,39%) e un altro investitore presente in Moody's, ovvero Fidelity Management & Research (3,86%). Nel 2009 i Credit Market Services di S&P hanno fatturato 1,74 miliardi di dollari, contribuendo in maniera sostanziale al fatturato del gruppo McGraw-Hill, pari a 5,95 miliardi di dollari (con utili di 1,17 miliardi).
Diversa la situazione di Fitch, la terza agenzia a livello mondiale con circa il 16 % del mercato (laddove S&P e Moddy's ne hanno circa il 40 per cento a testa). Fitch - il cui giudizio spesso è "arbitro" nel caso di visioni contrastanti fra le altre due grandi agenzie - è controllata al 60% da una holding, la Fimalac, acronimo di Financiére Marc de Lacharriére, posseduta al 65,75% da una persona fisica, Marc Eugéne Charles Ladreit de Lacharriére, detto MLL. Finanziere, al tredicesimo posto fra gli uomini più ricchi di Francia con un patrimonio stimato in 1,1 miliardi di dollari, MLL è un ex banchiere, nato nel 1940 a Nizza, che nel 1991 crea la sua holding, la Fimalac, attraverso la quale acquisisce partecipazioni in molte società: tra le altre Credit Lyonnais, France Telecom, Air France, Renault, Canal Plus. Ha poi disinvestito per dedicarsi interamente ai servizi finanziari, tramite Fitch. Il restante 40% di Fitch è nelle mani del gruppo Hearst. Fitch Ratings nel 2009 ha avuto un fatturato di 683 milioni di euro. Nel primo trimestre del 2010 il fatturato è passato a 115 milioni (+8% sullo stesso periodo del 2009).
E intanto l'Europarlamento si muove e stringe le maglie della regolazione delle agenzie di rating, "ridimensiona" i loro poteri, limita il fenomeno dell'"over-reliance" (ovvero l'eccesso di affidamento nei confronti dei rating delle agenzie), introduce un "calendario" prestabilito per i giudizi sui debiti sovrani, conferma la responsabilità civile per le valutazioni sbagliate e chiede alle Istituzioni europee di dare loro stesse una valutazione dei debiti sovrani. La prospettiva di costruire una agenzia pubblica europea è un'idea che, al momento, resta tale, anche se, a parole, ha ottenuto l'approvazione di molti parlamentari (la decisione è, però dei governi).
Le agenzie di rating sono sott'accusa da parecchio tempo, subiscono attacchi (a volte infondati) ma nulla è cambiato. In Italia è intervenuta anche la megistratura. Manipolazione del mercato e abuso di informazioni privilegiate: queste le accuse della procura di Trani nell'inchiesta contro le agenzie di rating Standard & Poor's e Moody's. Indagati, tre analisti di S&P (tra i quali anche Moritz Kraemer, responsabile per il debito europeo), uno di Moody's e i responsabili legali per l'Italia delle due agenzie.
A Moody'si contesta il reato di «manipolazione del mercato» per avere «elaborato e diffuso a mercato aperto» il 6 maggio 2010, «notizie false (anche in parte) sulla tenuta del sistema economico e bancario italiano». Nel report, secondo la procura, sarebbero stati espressi «giudizi da ritenersi falsi, infondati o comunque imprudenti secondo quanto asserito da altre agenzie di rating oltre che dalle supreme autorità nazionali». I tre analisti di S&P sono accusati anche di «abuso di informazioni privilegiate» per aver «elaborato e diffuso», nei mesi di «maggio, giugno e luglio 2011 - anche a mercati aperti - notizie non corrette, comunque esagerate e tendenziose sulla tenuta del sistema economico-finanziario e bancario italiano».
Questo accadeva circa un anno fa, esattamente il 10 agosto del 2011. Da allora le agenzie di rating hanno continuato ad operare con bocciature sonore. L'ultima arriva dalla Procura della Corte dei conti del Lazio. Si ipotizza che le suddette agenzie di rating hanno causato un danno erariale nei confronti dello Stato italiano di ben 120 miliardi di euro.
Vito Li Causi sulle intimidazioni alla Fondazione Sgarbi
On. Vito Li Causi |
Comunicato stampa
Esprimo la mia solidarietà personale e politica alla Fondazione. La violenza e gli atti intimidatori devono essere combattuti con la forza delle idee, l’autorevolezza delle regole e l’impegno politico.
Invito la Fondazione Sgarbi ad andare avanti nella sua azione culturale. Fermarsi oggi, dopo le intimidazioni subite, avrebbe il sapore di una sconfitta, non soltanto della stessa Fondazione ma di tutti i salemitani ed i trapanesi onesti. La risposta deve invece essere quella di una rinnovata volontà di presenza sul territorio perché è una battaglia di civiltà.
Si può anche non essere d’accordo con le iniziative della Fondazione ma il suo diritto di esprimersi è sacrosanto ed inviolabile, così come il sacrosanto diritto di ognuno di noi d’esprimere le proprie opinioni. L’Mpa trapanese si schiera dalla parte della libertà e dell’autonomia contro ogni forma di sopruso e di atto intimidatorio che intende bloccare i processi culturali e politici in atto sul nostro territorio.
On. Vito Li Causi
venerdì 22 giugno 2012
M5S Parma: "Caro sindaco, perchè non richiama anche Frateschi e Costa?"
Ricevo e pubblico il commento di Simone Rossi.
“E’ difficile far passare sotto silenzio una recente intervista del sindaco Pizzarotti nella quale questi si è dichiarato possibilista sulla riconferma a Sovrintendente del Teatro Regio di Mauro Meli che si sarebbe detto disponibile a rinunciare al compenso (dopo che per troppo tempo ha guadagnato 250.000 euro all’anno): “Diciamo che è una proposta interessante e che potrei valutarla. Devo tener conto che c’è un Festival che è già stato impostato, che abbiamo poco tempo. Anche in questo caso voglio pensare al bene della città”: una frase sconvolgente questa del sindaco, che ha dell’incredibile.
Caro Pizzarotti, capisco che in queste settimane lei sia molto confuso e non stia collezionando belle figure ma mi creda, il bene della città impone che questo management così fallimentare che ha ridotto il Teatro nelle condizioni che ben conosciamo venga allontanato, senza incertezze e senza mediazioni, come del resto diceva lei stesso in campagna elettorale quando lanciava ogni tipo di strali contro la gestione del Regio e contro lo stesso Meli. Anche il suo programma elettorale era chiaro: “La reggenza degli ultimi quindici anni del Regio, poco trasparente e molto dispendiosa, va sostituita”.
Ma evidentemente adesso ha cambiato opinione e non vuole rompere gli equilibri esistenti; ma allora mi permetto di darle un suggerimento: perché non richiama a fare il direttore generale Carlo Frateschi e alla presidenza di STT Andrea Costa? Suvvia, in fondo in fondo, a pensarci bene, quel terzetto che ha contribuito a produrre “solo” 850 milioni di euro non era poi così male… perché non ricomporlo in toto? Un’ultima domanda: non è che poi alla fine ci ripensa anche sull’inceneritore e si accorda con Iren “perché ormai l’Azienda ha già speso i soldi del cantiere”, magari riconfermando Villani alla vicepresidenza?”
“E’ difficile far passare sotto silenzio una recente intervista del sindaco Pizzarotti nella quale questi si è dichiarato possibilista sulla riconferma a Sovrintendente del Teatro Regio di Mauro Meli che si sarebbe detto disponibile a rinunciare al compenso (dopo che per troppo tempo ha guadagnato 250.000 euro all’anno): “Diciamo che è una proposta interessante e che potrei valutarla. Devo tener conto che c’è un Festival che è già stato impostato, che abbiamo poco tempo. Anche in questo caso voglio pensare al bene della città”: una frase sconvolgente questa del sindaco, che ha dell’incredibile.
Caro Pizzarotti, capisco che in queste settimane lei sia molto confuso e non stia collezionando belle figure ma mi creda, il bene della città impone che questo management così fallimentare che ha ridotto il Teatro nelle condizioni che ben conosciamo venga allontanato, senza incertezze e senza mediazioni, come del resto diceva lei stesso in campagna elettorale quando lanciava ogni tipo di strali contro la gestione del Regio e contro lo stesso Meli. Anche il suo programma elettorale era chiaro: “La reggenza degli ultimi quindici anni del Regio, poco trasparente e molto dispendiosa, va sostituita”.
Ma evidentemente adesso ha cambiato opinione e non vuole rompere gli equilibri esistenti; ma allora mi permetto di darle un suggerimento: perché non richiama a fare il direttore generale Carlo Frateschi e alla presidenza di STT Andrea Costa? Suvvia, in fondo in fondo, a pensarci bene, quel terzetto che ha contribuito a produrre “solo” 850 milioni di euro non era poi così male… perché non ricomporlo in toto? Un’ultima domanda: non è che poi alla fine ci ripensa anche sull’inceneritore e si accorda con Iren “perché ormai l’Azienda ha già speso i soldi del cantiere”, magari riconfermando Villani alla vicepresidenza?”
iMille
Inycon Menfi 2012: Al via la 17^ edizione
Inycon 2012 Vino.Mare.Menfi (Agrigento) - Tre giorni di incontri, degustazioni e spettacoli all’insegna del vino di qualità, vero protagonista del territorio. Da venerdì 22 a domenica 24 giugno a Menfi torna Inycon, la rassegna giunta alla 17\esima edizione, promossa dal Comune di Menfi in collaborazione con Settesoli, la Soat di Menfi e i main sponsor Unicredit ed Electrolux.
Inycon è un week-end alla scoperta del mondo di Bacco da vivere tra degustazioni di vino sotto le stelle, mostre, momenti di approfondimento, wine tasting ed ecotour alla scoperta di un territorio incontaminato. Obiettivo della manifestazione, sostenuta dall’assessorato regionale al Turismo che l’ha inserita nel cartellone dei grandi eventi, è quello di valorizzare il territorio della cittadina dal punto di vista vitivinicolo, turistico e imprenditoriale, promuovendo la Strada del Vino Terre Sicane e le cantine del comprensorio che vanta quattro Doc, 7 mila ettari di terreno vitato e il 40 per cento dell’export di tutta la produzione vinicola dell’isola.
Cuore dell’evento i tre grandi wine tasting in piazza Vittorio Emanuele III, quest’anno dedicati ai vini dell’estate. Le degustazioni saranno condotte da Fede&Tinto, conduttori di Decanter, su Radio Rai2 con la partecipazione della giornalista Veronika Crecelius, esperta di vini. La piazza principale di Menfi ospiterà un maxi wine bar sotto le stelle dove sarà possibile degustare ogni giorno (ticket di 5 euro), dalle 19 all’una di notte, le migliori etichette del territorio in abbinamento a formaggi siciliani mentre i cortili di via della Vittoria proporranno in degustazione vini e prodotti agroalimentari del territorio menfitano in collaborazione con il Centro commerciale naturale Inycon in centro e l’Unione dei commercianti di Menfi.
Quindici le cantine aderenti: Agareno, Barbera, Cellaro, Di Giovanna, Di Gregorio, Di Prima, Donnafugata, Lanzara, Azienda Agricola Montalbano, Pianadeicieli, Planeta, Rapitalà, Rizzuto, Settesoli e Stoccatello. I visitatori della rassegna potranno assaggiare anche le ricette casalinghe della tradizione menfitana proposte dalle signore di Menfi su iniziativa di Mandrarossa.
Anche a Casa Planeta, dalle 9 alle 24, degustazioni e vendita di vini e di prodotti tipici del territorio presso l’Enoteca della Strada del vino Terre Sicane.Vini ed eccellenze agroalimentari, insieme alle creazioni di artigianato del territorio, saranno esposti all’expo village, un itinerario espositivo che si snoderà tra piazza Vittorio Emanuele III, via Blandina e via Garibaldi.
In programma anche i corsi di analisi sensoriale del vino e lezioni di degustazione di olio presso l’Enoteca della Strada del vino Terre Sicane.
Tra le novità di questa edizione gli Eco Vineyard Tour, i tour alla scoperta del territorio a bordo di mezzi eco-compatibili. Deltaplani e aeromobili ultraleggeri faranno scoprire dall’alto la bellezza del territorio menfitano (prenotazioni all’Avioterranova Volo Club, 328 2688657 – 339 2804651), mentre in sella al cavallo ci si potrà immergere nella natura più selvaggia (prenotazioni al Centro ippico La Giara, 389 5845292). Infine, i bike tour porteranno alla scoperta delle cantine della Strada del Vino Terre Sicane, con momenti di degustazione e visite ai vigneti (prenotazioni al Coast2coast, 328 4561237).
Ad Inycon trova spazio l’arte. Planeta firma la quinta edizione del progetto espositivo ed editoriale “Viaggio in Sicilia. Progetto per l’Arte e il Territorio”. Nella chiesa di San Giovanni, invece, saranno esposti i ricami di Anna Maria Campo e i lavori artistici di Maria Giovanna e Doriana Ingrasciotta. Aperte al pubblico anche le mostre “Nel segno dell’arte: donazione Gallè – Upiglio”, “Cultura e arte” a cura dell’associazione culturale Odissea, “La Madonna ritrovata” coordinata da Gioacchino Mistretta e quella Malacologica allestita in piazza Vittorio Emanuele III.
Nelle notti di Inycon anche spettacoli e concerti gratuiti. La comicità di Giovanni Cacioppo, la voce del cantautore romano Max Gazzè e la musica della band Sicily Ska animeranno il palinsesto che andrà in scena ogni sera, alle ore 22.30, in piazza Vittorio Emanuele III. In programma anche la proiezione dei cortometraggi vincitori del concorso “Vino e giovani. Reason wine: idee per bere con gusto!”.
I concerti e gli spettacoli sono tutti gratuiti. Si chiude domenica, a mezzanotte, con lo spettacolo pirotecnico a tempo di musica.
Il programma completo sul sito www.inyconmenfi.it
Inycon è un week-end alla scoperta del mondo di Bacco da vivere tra degustazioni di vino sotto le stelle, mostre, momenti di approfondimento, wine tasting ed ecotour alla scoperta di un territorio incontaminato. Obiettivo della manifestazione, sostenuta dall’assessorato regionale al Turismo che l’ha inserita nel cartellone dei grandi eventi, è quello di valorizzare il territorio della cittadina dal punto di vista vitivinicolo, turistico e imprenditoriale, promuovendo la Strada del Vino Terre Sicane e le cantine del comprensorio che vanta quattro Doc, 7 mila ettari di terreno vitato e il 40 per cento dell’export di tutta la produzione vinicola dell’isola.
Cuore dell’evento i tre grandi wine tasting in piazza Vittorio Emanuele III, quest’anno dedicati ai vini dell’estate. Le degustazioni saranno condotte da Fede&Tinto, conduttori di Decanter, su Radio Rai2 con la partecipazione della giornalista Veronika Crecelius, esperta di vini. La piazza principale di Menfi ospiterà un maxi wine bar sotto le stelle dove sarà possibile degustare ogni giorno (ticket di 5 euro), dalle 19 all’una di notte, le migliori etichette del territorio in abbinamento a formaggi siciliani mentre i cortili di via della Vittoria proporranno in degustazione vini e prodotti agroalimentari del territorio menfitano in collaborazione con il Centro commerciale naturale Inycon in centro e l’Unione dei commercianti di Menfi.
Quindici le cantine aderenti: Agareno, Barbera, Cellaro, Di Giovanna, Di Gregorio, Di Prima, Donnafugata, Lanzara, Azienda Agricola Montalbano, Pianadeicieli, Planeta, Rapitalà, Rizzuto, Settesoli e Stoccatello. I visitatori della rassegna potranno assaggiare anche le ricette casalinghe della tradizione menfitana proposte dalle signore di Menfi su iniziativa di Mandrarossa.
Anche a Casa Planeta, dalle 9 alle 24, degustazioni e vendita di vini e di prodotti tipici del territorio presso l’Enoteca della Strada del vino Terre Sicane.Vini ed eccellenze agroalimentari, insieme alle creazioni di artigianato del territorio, saranno esposti all’expo village, un itinerario espositivo che si snoderà tra piazza Vittorio Emanuele III, via Blandina e via Garibaldi.
In programma anche i corsi di analisi sensoriale del vino e lezioni di degustazione di olio presso l’Enoteca della Strada del vino Terre Sicane.
Tra le novità di questa edizione gli Eco Vineyard Tour, i tour alla scoperta del territorio a bordo di mezzi eco-compatibili. Deltaplani e aeromobili ultraleggeri faranno scoprire dall’alto la bellezza del territorio menfitano (prenotazioni all’Avioterranova Volo Club, 328 2688657 – 339 2804651), mentre in sella al cavallo ci si potrà immergere nella natura più selvaggia (prenotazioni al Centro ippico La Giara, 389 5845292). Infine, i bike tour porteranno alla scoperta delle cantine della Strada del Vino Terre Sicane, con momenti di degustazione e visite ai vigneti (prenotazioni al Coast2coast, 328 4561237).
Ad Inycon trova spazio l’arte. Planeta firma la quinta edizione del progetto espositivo ed editoriale “Viaggio in Sicilia. Progetto per l’Arte e il Territorio”. Nella chiesa di San Giovanni, invece, saranno esposti i ricami di Anna Maria Campo e i lavori artistici di Maria Giovanna e Doriana Ingrasciotta. Aperte al pubblico anche le mostre “Nel segno dell’arte: donazione Gallè – Upiglio”, “Cultura e arte” a cura dell’associazione culturale Odissea, “La Madonna ritrovata” coordinata da Gioacchino Mistretta e quella Malacologica allestita in piazza Vittorio Emanuele III.
Nelle notti di Inycon anche spettacoli e concerti gratuiti. La comicità di Giovanni Cacioppo, la voce del cantautore romano Max Gazzè e la musica della band Sicily Ska animeranno il palinsesto che andrà in scena ogni sera, alle ore 22.30, in piazza Vittorio Emanuele III. In programma anche la proiezione dei cortometraggi vincitori del concorso “Vino e giovani. Reason wine: idee per bere con gusto!”.
I concerti e gli spettacoli sono tutti gratuiti. Si chiude domenica, a mezzanotte, con lo spettacolo pirotecnico a tempo di musica.
Il programma completo sul sito www.inyconmenfi.it
giovedì 21 giugno 2012
Petrolio, rivoluzione americana: Grazie allo «shale oil», nel 2020, Usa autosufficienti per il 65%
Ci sarà una rivoluzione del petrolio, già è cominciata. E mi chiedo cosa comporterà per la Sicilia delle raffinerie. Sto parlando del cosiddetto petrolio non convenzionale.
Cos'è lo spiega l'analista Leonardo Maugeri, di origine siciliana, ex top manager dell'Eni ora ad Harvard: «Il petrolio non convenzionale, lo "Shale oil", è quello che si estrae in modo diverso o ha qualità differenti: le sabbie bituminose del Canada, il greggio "pesante" e "ultrapesante" del Venezuela, o adesso soprattutto il petrolio da scisti, cioè estratto dalle formazioni rocciose, fratturando la materia con acqua, sabbia o ceramica e agenti chimici proiettati con grande forza. Questa procedura avviata negli Stati Uniti può raggiungere quantità pari alla produzione di un grande Paese petrolifero come l'Iran».
Negli Stati Uniti l'estrazione del petrolio non convenzionale è già una realtà in Stati come il Texas e il North Dakota. Anche se la procedura è costosa la produzione resta conveniente se il prezzo del greggio regge tra i 50 e i 65 dollari. In sostanza entro il 2020 gli Stati Uniti dovrebbero essere autosufficienti per il 65% del loro fabbisogno e se si considera anche il Canada, il Venezuela e il Brasile tutto il Continente americano potrebbe non avere bisogno di importare petrolio dal resto del mondo.
Scrive il «Corriere economia» che questo farà crescere la produzione di polietilene perché favorita dalle nuove risorse di idrocarburi da scisto «e questo potrebbe avere effetti devastanti in Italia «perché gli Stati Uniti diventeranno un grandissimo esportatore di plastiche nel mondo che si aggiungerà alla concorrenza del Medio Oriente. L'effetto combinato della rinascita americana nella petrolchimica e nella raffinazione del greggio mette a rischio solo in Italia 8000 posti di lavoro diretti e 30 mila indiretti». Lo studio di Maugeri, inoltre, lancia un altro messaggio importante: «tutti continuano a sottostimare il fatto che nelle viscere del pianeta c’è ancora una quantità enorme di petrolio convenzionale e non. E i progressi della tecnologia stanno rendendo sempre più facile lo sfruttamento dei nuovi giacimenti e anche di quelli vecchi che si credevano in via di esaurimento».
La rivoluzione americana mette però a rischio le raffinerie europee che, con il metodo di estrazione convenzionale, resterebbero fuori dal mercato di massa. Per attenuare questo rischio la petrolchimica e la raffinazione petrolifera debbono andare incontro a processi di riconversione. Riguarda tutta l'Europa, ma l'Italia è particolarmente esposta, soprattutto la Sicilia dove c'è la più alta concentrazione di raffinerie d'Europa.
Cos'è lo spiega l'analista Leonardo Maugeri, di origine siciliana, ex top manager dell'Eni ora ad Harvard: «Il petrolio non convenzionale, lo "Shale oil", è quello che si estrae in modo diverso o ha qualità differenti: le sabbie bituminose del Canada, il greggio "pesante" e "ultrapesante" del Venezuela, o adesso soprattutto il petrolio da scisti, cioè estratto dalle formazioni rocciose, fratturando la materia con acqua, sabbia o ceramica e agenti chimici proiettati con grande forza. Questa procedura avviata negli Stati Uniti può raggiungere quantità pari alla produzione di un grande Paese petrolifero come l'Iran».
Negli Stati Uniti l'estrazione del petrolio non convenzionale è già una realtà in Stati come il Texas e il North Dakota. Anche se la procedura è costosa la produzione resta conveniente se il prezzo del greggio regge tra i 50 e i 65 dollari. In sostanza entro il 2020 gli Stati Uniti dovrebbero essere autosufficienti per il 65% del loro fabbisogno e se si considera anche il Canada, il Venezuela e il Brasile tutto il Continente americano potrebbe non avere bisogno di importare petrolio dal resto del mondo.
Scrive il «Corriere economia» che questo farà crescere la produzione di polietilene perché favorita dalle nuove risorse di idrocarburi da scisto «e questo potrebbe avere effetti devastanti in Italia «perché gli Stati Uniti diventeranno un grandissimo esportatore di plastiche nel mondo che si aggiungerà alla concorrenza del Medio Oriente. L'effetto combinato della rinascita americana nella petrolchimica e nella raffinazione del greggio mette a rischio solo in Italia 8000 posti di lavoro diretti e 30 mila indiretti». Lo studio di Maugeri, inoltre, lancia un altro messaggio importante: «tutti continuano a sottostimare il fatto che nelle viscere del pianeta c’è ancora una quantità enorme di petrolio convenzionale e non. E i progressi della tecnologia stanno rendendo sempre più facile lo sfruttamento dei nuovi giacimenti e anche di quelli vecchi che si credevano in via di esaurimento».
La rivoluzione americana mette però a rischio le raffinerie europee che, con il metodo di estrazione convenzionale, resterebbero fuori dal mercato di massa. Per attenuare questo rischio la petrolchimica e la raffinazione petrolifera debbono andare incontro a processi di riconversione. Riguarda tutta l'Europa, ma l'Italia è particolarmente esposta, soprattutto la Sicilia dove c'è la più alta concentrazione di raffinerie d'Europa.
martedì 19 giugno 2012
La Giostra: Energie alternative e Valle del Belice su Trs
Questa sera (martedì 19 giugno 2012), alle ore 20.30, su Trs (Tele Radio Sciacca), una nuova puntata della trasmissione di approfondimento: “La Giostra”.
In questi mesi tante attività economiche hanno puntato sullo sfruttamento del territorio della Valle del Belice.
In alcuni casi con il pretesto dello sviluppo delle energie alternative, vedi l’eolico, ma anche il fotovoltaico o il biomasse, se non addirittura attraverso la ricerca petrolifera, sia nel mare che nella terra ferma.
Quindi la puntata di questa sera verte sui temi ambientali e soprattutto sulla visione industriale che molte società hanno per fare energia senza curarsi del nostro territorio.
Gli ospiti della puntata saranno:
In questi mesi tante attività economiche hanno puntato sullo sfruttamento del territorio della Valle del Belice.
In alcuni casi con il pretesto dello sviluppo delle energie alternative, vedi l’eolico, ma anche il fotovoltaico o il biomasse, se non addirittura attraverso la ricerca petrolifera, sia nel mare che nella terra ferma.
Quindi la puntata di questa sera verte sui temi ambientali e soprattutto sulla visione industriale che molte società hanno per fare energia senza curarsi del nostro territorio.
Gli ospiti della puntata saranno:
- Francesco Graffeo (Giornalista);
- Calogero Impastato (Sindaco di Montevago e Supersindaco dell’Unione dei Comuni Terre Sicane);
- Vito Clemente (Vice Presidente del Consiglio Comunale di Menfi);
- Paolo Campo (Rappresentante dei Comitati Cittadini);
- Alessandro Lagrassa (Presidente del CRESM di Gibellina);
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