Occhi puntati sulla Sicilia, nella nuova corsa all'oro nero che in Italia, secondo il piano del ministro Passera, dovrebbe raddoppiare l'estrazione di greggio nei prossimi anni.
Al momento i permessi già accordati per fare ricerca di idrocarburi in acque italiane sono 26 e ben 42 le richieste per nuove esplorazioni. Tra le aree maggiormente interessate vi sono i fondali del Canale di Sicilia, tra Italia e Tunisia, dove si trova quasi la metà delle concessioni già accordate.
I permessi di ricerca già concessi nel Canale sono 11, quelli in via di valutazione 18, mentre i permessi per l'estrazione di idrocarburi (la cosiddetta "coltivazione") già concessi sono tre per un totale di quattro piattaforme attive al largo delle coste siciliane. Infine, tre sono le concessioni di coltivazione in via di valutazione.
Le aree di maggior interesse per le compagnie petrolifere per il momento sono quelle al largo delle Egadi, il largo della costa tra Marsala e Mazara del Vallo e a sud della costa tra Sciacca e Gela. Le compagnie mostrano interesse anche per il Canale di Malta (tra Malta e la Sicilia) dove, per uno dei due permessi di ricerca già attivi, la compagnia titolare ha richiesto di perforare un pozzo esplorativo, un nuovo permesso di ricerca è in procinto di essere autorizzato e altri due sono stati richiesti proprio sotto Pozzallo.
A preoccupare gli ambientalisti ed i Comuni costieri è il nuovo decreto sugli incentivi ed il rilancio delle infrastrutture. Sostanzialmente il Ministro Corrado Passera ha ridotto il limite per gli interventi off shore che passa da 12 a 5 miglia marine. Le multinazionali proporranno nuovamente i loro progetti? Anche per tale movito, quasi tutti i Comuni costieri delle province di Agrigento e Trapani
hanno firmato gli appelli che con allegate osservazioni a metà settembre
verranno presentate al Ministero dello Sviluppo economico.
L'atto verrà
fatto firmare anche ai candidati alle prossime elezioni regionali. Speriamo basti . . . .
Menfi [Agrigento - Sicilia]. Vista l'estrema facilità con la quale è possibile pubblicare contenuti attraverso un blog, ho deciso di disporre di questo potente mezzo di comunicazione per interfacciarmi con tutti i cittadini. Grazie a questa piattaforma web farò conoscere le mie idee, le mie prospettive politiche e mi confronterò, in maniera costruttiva, con tutti gli elettori del Comune di Menfi.
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giovedì 23 agosto 2012
giovedì 21 giugno 2012
Petrolio, rivoluzione americana: Grazie allo «shale oil», nel 2020, Usa autosufficienti per il 65%
Ci sarà una rivoluzione del petrolio, già è cominciata. E mi chiedo cosa comporterà per la Sicilia delle raffinerie. Sto parlando del cosiddetto petrolio non convenzionale.
Cos'è lo spiega l'analista Leonardo Maugeri, di origine siciliana, ex top manager dell'Eni ora ad Harvard: «Il petrolio non convenzionale, lo "Shale oil", è quello che si estrae in modo diverso o ha qualità differenti: le sabbie bituminose del Canada, il greggio "pesante" e "ultrapesante" del Venezuela, o adesso soprattutto il petrolio da scisti, cioè estratto dalle formazioni rocciose, fratturando la materia con acqua, sabbia o ceramica e agenti chimici proiettati con grande forza. Questa procedura avviata negli Stati Uniti può raggiungere quantità pari alla produzione di un grande Paese petrolifero come l'Iran».
Negli Stati Uniti l'estrazione del petrolio non convenzionale è già una realtà in Stati come il Texas e il North Dakota. Anche se la procedura è costosa la produzione resta conveniente se il prezzo del greggio regge tra i 50 e i 65 dollari. In sostanza entro il 2020 gli Stati Uniti dovrebbero essere autosufficienti per il 65% del loro fabbisogno e se si considera anche il Canada, il Venezuela e il Brasile tutto il Continente americano potrebbe non avere bisogno di importare petrolio dal resto del mondo.
Scrive il «Corriere economia» che questo farà crescere la produzione di polietilene perché favorita dalle nuove risorse di idrocarburi da scisto «e questo potrebbe avere effetti devastanti in Italia «perché gli Stati Uniti diventeranno un grandissimo esportatore di plastiche nel mondo che si aggiungerà alla concorrenza del Medio Oriente. L'effetto combinato della rinascita americana nella petrolchimica e nella raffinazione del greggio mette a rischio solo in Italia 8000 posti di lavoro diretti e 30 mila indiretti». Lo studio di Maugeri, inoltre, lancia un altro messaggio importante: «tutti continuano a sottostimare il fatto che nelle viscere del pianeta c’è ancora una quantità enorme di petrolio convenzionale e non. E i progressi della tecnologia stanno rendendo sempre più facile lo sfruttamento dei nuovi giacimenti e anche di quelli vecchi che si credevano in via di esaurimento».
La rivoluzione americana mette però a rischio le raffinerie europee che, con il metodo di estrazione convenzionale, resterebbero fuori dal mercato di massa. Per attenuare questo rischio la petrolchimica e la raffinazione petrolifera debbono andare incontro a processi di riconversione. Riguarda tutta l'Europa, ma l'Italia è particolarmente esposta, soprattutto la Sicilia dove c'è la più alta concentrazione di raffinerie d'Europa.
Cos'è lo spiega l'analista Leonardo Maugeri, di origine siciliana, ex top manager dell'Eni ora ad Harvard: «Il petrolio non convenzionale, lo "Shale oil", è quello che si estrae in modo diverso o ha qualità differenti: le sabbie bituminose del Canada, il greggio "pesante" e "ultrapesante" del Venezuela, o adesso soprattutto il petrolio da scisti, cioè estratto dalle formazioni rocciose, fratturando la materia con acqua, sabbia o ceramica e agenti chimici proiettati con grande forza. Questa procedura avviata negli Stati Uniti può raggiungere quantità pari alla produzione di un grande Paese petrolifero come l'Iran».
Negli Stati Uniti l'estrazione del petrolio non convenzionale è già una realtà in Stati come il Texas e il North Dakota. Anche se la procedura è costosa la produzione resta conveniente se il prezzo del greggio regge tra i 50 e i 65 dollari. In sostanza entro il 2020 gli Stati Uniti dovrebbero essere autosufficienti per il 65% del loro fabbisogno e se si considera anche il Canada, il Venezuela e il Brasile tutto il Continente americano potrebbe non avere bisogno di importare petrolio dal resto del mondo.
Scrive il «Corriere economia» che questo farà crescere la produzione di polietilene perché favorita dalle nuove risorse di idrocarburi da scisto «e questo potrebbe avere effetti devastanti in Italia «perché gli Stati Uniti diventeranno un grandissimo esportatore di plastiche nel mondo che si aggiungerà alla concorrenza del Medio Oriente. L'effetto combinato della rinascita americana nella petrolchimica e nella raffinazione del greggio mette a rischio solo in Italia 8000 posti di lavoro diretti e 30 mila indiretti». Lo studio di Maugeri, inoltre, lancia un altro messaggio importante: «tutti continuano a sottostimare il fatto che nelle viscere del pianeta c’è ancora una quantità enorme di petrolio convenzionale e non. E i progressi della tecnologia stanno rendendo sempre più facile lo sfruttamento dei nuovi giacimenti e anche di quelli vecchi che si credevano in via di esaurimento».
La rivoluzione americana mette però a rischio le raffinerie europee che, con il metodo di estrazione convenzionale, resterebbero fuori dal mercato di massa. Per attenuare questo rischio la petrolchimica e la raffinazione petrolifera debbono andare incontro a processi di riconversione. Riguarda tutta l'Europa, ma l'Italia è particolarmente esposta, soprattutto la Sicilia dove c'è la più alta concentrazione di raffinerie d'Europa.
mercoledì 30 maggio 2012
La Sicilia batte cassa a Roma: "Dieci miliardi per le accise sul petrolio"
L'atteso tavolo sul federalismo fiscale tra Stato e Regione siciliana, si è finalmente insediato. L'assessore all'Economia, Gaetano Armao, è ottimista su una positiva conclusione della trattativa.
Però, il tempo stringe, bisogna chiudere entro il mese di luglio: per il giorno 28 dello stesso mese, il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ha annunciato le sue dimissioni per consentire il ritorno anticipato alle urne il 28 e 29 ottobre.
Dopo un confronto preliminare, durato circa un anno e mezzo, dunque, potrebbe chiudersi un contenzioso che dura da decenni, dando così attuazione agli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto autonomistico che regolano appunto i rapporti finanziari tra Stato e Regione. Con l'attuazione del federalismo fiscale, nelle casse regionali potrebbero arrivare circa 10 miliardi di euro, come ha spiegato Armao, nel corso dell'incontro romano cui hanno partecipato il ministro per Affari regionali, Piero Gnudi, il sottosegretario all'Economia, Vieri Ceriani, i vertici burocratici dei ministeri interessati e il Ragione generale della Regione, Biagio Bossone. «Dal momento che si voterà per il rinnovo dell'Ars ad ottobre - ha sottolineato Armao - la trattativa con il governo non può essere troppo lunga. Già dalla prossima settimana si apriranno i tavoli di lavoro con il ministero dell'Economia. La data realistica per concludere questa partita è la fine di luglio; si chiuderebbe così un processo che è aperto da quarant'anni».
Dunque, è necessario raccogliere i frutti di una lunghissima vertenza, anche alla luce di alcune sentenze della Corte Costituzionale inerenti la perequazione infrastrutturale e la riscossione dei tributi. «L'incontro può essere considerato - ha aggiunto Armao - un punto di svolta nei rapporti tra Stato e Regione siciliana perché ha consentito di entrare nel merito dell'attuazione di parti fondamentali del nostro Statuto. Possiamo affermare che dopo 66 anni dalla sua nascita, abbiamo avviato un percorso per la sua piena attuazione, a partire dagli articoli 36, 37 e 38 e di inquadrare questa problematica nel più ampio contesto dei principi del federalismo, a partire da quello municipale e dalla perequazione infrastrutturale. Il lavoro che ci attende è certamente complesso, ma oggi la disponibilità solo verbale degli anni scorsi, si è trasformata in un concreto confronto con il governo nazionale su tempi specifici. L'impegno è di cominciare con i gruppi di lavoro tecnici dalla prossima settimana e chiudere entro luglio».
L'ottimismo di Armao è contagioso, ma bisogna rimanere con i piedi per terra: primo, perché il tempo a disposizione è davvero poco; secondo, perché il governo nazionale, impegnato in una lotta senza precedenti per mettere i conti in ordine, a sua volta, difficilmente vorrà privarsi di una massa di denaro, 10 miliardi di euro, sia pure con il trasferimento di alcune competenze. E, comunque, 10 miliardi non è una cifra che viene dal nulla: è la stima delle accise che lo Stato incassa sui prodotti raffinati in Sicilia, mentre gli stabilimenti sono di società che hanno sede sociale al Nord. «Questo risultato - ha concluso Armao - è anche il frutto del successo della nostra linea nei contenziosi risolti dalla Corte Costituzionale. Abbiamo illustrato l'articolata posizione della Regione sul tema delle nuove entrate e delle funzioni da trasferire alla Sicilia, a partire dall'art. 37, a tutt'oggi in gran parte inattuato, della individuazione di eventuali strumenti di perequazione della minore capacità fiscale della nostra Regione, attraverso la compartecipazione alle accise dei prodotti petroliferi e l'introduzione di criterio certo che vincoli lo Stato nella erogazione del contributo di solidarietà nazionale, come prevede l'art. 38 dello Statuto».
Però, il tempo stringe, bisogna chiudere entro il mese di luglio: per il giorno 28 dello stesso mese, il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ha annunciato le sue dimissioni per consentire il ritorno anticipato alle urne il 28 e 29 ottobre.
Dopo un confronto preliminare, durato circa un anno e mezzo, dunque, potrebbe chiudersi un contenzioso che dura da decenni, dando così attuazione agli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto autonomistico che regolano appunto i rapporti finanziari tra Stato e Regione. Con l'attuazione del federalismo fiscale, nelle casse regionali potrebbero arrivare circa 10 miliardi di euro, come ha spiegato Armao, nel corso dell'incontro romano cui hanno partecipato il ministro per Affari regionali, Piero Gnudi, il sottosegretario all'Economia, Vieri Ceriani, i vertici burocratici dei ministeri interessati e il Ragione generale della Regione, Biagio Bossone. «Dal momento che si voterà per il rinnovo dell'Ars ad ottobre - ha sottolineato Armao - la trattativa con il governo non può essere troppo lunga. Già dalla prossima settimana si apriranno i tavoli di lavoro con il ministero dell'Economia. La data realistica per concludere questa partita è la fine di luglio; si chiuderebbe così un processo che è aperto da quarant'anni».
Dunque, è necessario raccogliere i frutti di una lunghissima vertenza, anche alla luce di alcune sentenze della Corte Costituzionale inerenti la perequazione infrastrutturale e la riscossione dei tributi. «L'incontro può essere considerato - ha aggiunto Armao - un punto di svolta nei rapporti tra Stato e Regione siciliana perché ha consentito di entrare nel merito dell'attuazione di parti fondamentali del nostro Statuto. Possiamo affermare che dopo 66 anni dalla sua nascita, abbiamo avviato un percorso per la sua piena attuazione, a partire dagli articoli 36, 37 e 38 e di inquadrare questa problematica nel più ampio contesto dei principi del federalismo, a partire da quello municipale e dalla perequazione infrastrutturale. Il lavoro che ci attende è certamente complesso, ma oggi la disponibilità solo verbale degli anni scorsi, si è trasformata in un concreto confronto con il governo nazionale su tempi specifici. L'impegno è di cominciare con i gruppi di lavoro tecnici dalla prossima settimana e chiudere entro luglio».
L'ottimismo di Armao è contagioso, ma bisogna rimanere con i piedi per terra: primo, perché il tempo a disposizione è davvero poco; secondo, perché il governo nazionale, impegnato in una lotta senza precedenti per mettere i conti in ordine, a sua volta, difficilmente vorrà privarsi di una massa di denaro, 10 miliardi di euro, sia pure con il trasferimento di alcune competenze. E, comunque, 10 miliardi non è una cifra che viene dal nulla: è la stima delle accise che lo Stato incassa sui prodotti raffinati in Sicilia, mentre gli stabilimenti sono di società che hanno sede sociale al Nord. «Questo risultato - ha concluso Armao - è anche il frutto del successo della nostra linea nei contenziosi risolti dalla Corte Costituzionale. Abbiamo illustrato l'articolata posizione della Regione sul tema delle nuove entrate e delle funzioni da trasferire alla Sicilia, a partire dall'art. 37, a tutt'oggi in gran parte inattuato, della individuazione di eventuali strumenti di perequazione della minore capacità fiscale della nostra Regione, attraverso la compartecipazione alle accise dei prodotti petroliferi e l'introduzione di criterio certo che vincoli lo Stato nella erogazione del contributo di solidarietà nazionale, come prevede l'art. 38 dello Statuto».
giovedì 22 dicembre 2011
L'appello di Ferrara: "sosteniamo la modifica dell'art. 36"
Sindaci, presidenti di provincia, sindacati e industriali: tutti uniti nella battaglia per dare forza al disegno di legge approvato dall'Ars di modifica dell'articolo 36 dello Statuto speciale, all'esame del parlamento nazionale.
E' l'appello lanciato dal Vice Presidente della Provincia di Agrigento, Paolo Ferrara, di Grande Sud, a sostegno della legge varata da sala d'Ercole, lo scorso 7 dicembre, di cui è stato promotore il vice segretario nazionale e deputato regionale Michele Cimino.
Con la legge cui si stabilisce che spetta alla Regione il gettito dell'imposta di produzione dei prodotti petroliferi. "Quello di Sala d'Ercole- sottolinea Ferrara- è solo il primo passo di un percorso che vedrà nel Parlamento l'atto conclusivo. E' lì che si giocherà la partita finale. Grazie a questa legge -continua- viene ripristinato un principio secondo cui spetta alla nostra Regione percepire le imposte di produzione sui prodotti petroliferi raffinati in Sicilia, quasi il 41% dell'intera produzione italiana. In tal modo nelle casse regionale saranno incrementate qualcosa come sette miliardi di euro all'anno che la Regione - ribadisce Paolo Ferrara- potrebbe mettere a disposizioni degli Enti Pubblici, Comuni e Province, per lo sviluppo dei rispettivi territori.
Da qui l'appello ai sindaci, ai presidenti di provincia, ma anche alle forze sociali, alle rappresentanze sindacali e produttive perché, superando gli steccati politici ed ideologici, al di là di appartenenze partitiche e politiche e fuori da campanilismi, venga sostenuta, al Parlamento nazionale, la legge di cui è primo firmatario Michele Cimino, attraverso una mobilitazione che passi per una capillare azione di sensibilizzazione sui cittadini e nei territori. E' fondamentale che il Parlamento nazionale accolga questa richiesta di modifica prima della fine della legislatura. "Per parte mia - ribadisce Ferrara- mi appello alla vostra sensibilità nel sorregere, altresì l'eventualità di sostenere quanto detto con forme estreme di protesta, come enunciato in questi giorni dall'on.Michele Cimino. Si auspica al contempo -conclude il vice presidente della Provincia- che i parlamentari nazionali eletti in Sicilia vigilino affinché l'iter dell'approvazione di questa legge sia portato a termine in tempi brevi."
E' l'appello lanciato dal Vice Presidente della Provincia di Agrigento, Paolo Ferrara, di Grande Sud, a sostegno della legge varata da sala d'Ercole, lo scorso 7 dicembre, di cui è stato promotore il vice segretario nazionale e deputato regionale Michele Cimino.
Con la legge cui si stabilisce che spetta alla Regione il gettito dell'imposta di produzione dei prodotti petroliferi. "Quello di Sala d'Ercole- sottolinea Ferrara- è solo il primo passo di un percorso che vedrà nel Parlamento l'atto conclusivo. E' lì che si giocherà la partita finale. Grazie a questa legge -continua- viene ripristinato un principio secondo cui spetta alla nostra Regione percepire le imposte di produzione sui prodotti petroliferi raffinati in Sicilia, quasi il 41% dell'intera produzione italiana. In tal modo nelle casse regionale saranno incrementate qualcosa come sette miliardi di euro all'anno che la Regione - ribadisce Paolo Ferrara- potrebbe mettere a disposizioni degli Enti Pubblici, Comuni e Province, per lo sviluppo dei rispettivi territori.
Da qui l'appello ai sindaci, ai presidenti di provincia, ma anche alle forze sociali, alle rappresentanze sindacali e produttive perché, superando gli steccati politici ed ideologici, al di là di appartenenze partitiche e politiche e fuori da campanilismi, venga sostenuta, al Parlamento nazionale, la legge di cui è primo firmatario Michele Cimino, attraverso una mobilitazione che passi per una capillare azione di sensibilizzazione sui cittadini e nei territori. E' fondamentale che il Parlamento nazionale accolga questa richiesta di modifica prima della fine della legislatura. "Per parte mia - ribadisce Ferrara- mi appello alla vostra sensibilità nel sorregere, altresì l'eventualità di sostenere quanto detto con forme estreme di protesta, come enunciato in questi giorni dall'on.Michele Cimino. Si auspica al contempo -conclude il vice presidente della Provincia- che i parlamentari nazionali eletti in Sicilia vigilino affinché l'iter dell'approvazione di questa legge sia portato a termine in tempi brevi."
Fonte: lasicilia.it
mercoledì 31 agosto 2011
Petrolio, trivellazioni nel mare della Sicilia?! No, grazie.
Sono trascorsi pochi giorni da quando il Dott. Alberto Zaccagni mi comunica per email l'evento per la difesa del Mar Mediterraneo contro le trivellazioni di pozzo di petrolio. Per arrestare la febbre da oro nero e per la difesa del nostro mare, il 14 agosto, si è schierato anche il noto Montalbano, alias Luca Zingaretti.
La premessa appena fatta, mi collega all'articolo che ho letto sul "fatto.it" dal titolo "Sicilia, trivelle pronte per l’oro nero. E per la Prestigiacomo è un affare di famiglia".
Il reportage sulla questione riporta che in Sicilia sono ben 40 le richieste di concessioni. Le trivelle infatti sono pronte a entrare in azione a pochi chilometri da gioielli come Pantelleria e le Egadi. Il nostro ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, potrebbe essere la nostra miglior alleata. È siciliana (precisamente di Siracusa) e vicina a Berlusconi. Invece no! Anzi, da qualche settimana, la gente di Pantelleria, delle Egadi, di Trapani comincia ad avere qualche dubbio. Sono infatti molteplici i legami della ministra Prestigiacomo e la sua famiglia con i colossi delle aziende petrolifere.
Alberto Zaccagni |
La COEMI, come dice lo stesso sito della società, è nata come impresa di famiglia dei Prestigiacomo. L’amministratore delegato è Maria Prestigiacomo e l'azionista di maggioranza invece è Sebastiana Lombardo, rispettivamente sorella maggiore e madre del ministro dell’Ambiente.
Sempre dal sito della COEMI, nella sezione 'Clienti', ci sono i principali operatori nel settore petrolifero in Italia, ossia Eni, Erg ed Esso.
Le perplessità del Dott. Zaccagni quindi risultano, oltre che lecite e legittime, viepiù giustificate alla luce del reportage letto su "ilfattoquotidiano.it".
E' giusto che un ministro dell’Ambiente possa vigilare sull’operato di colossi petroliferi che sono clienti di imprese legate alla sua famiglia? Prestigiacomo è il ministro giusto per occuparsi di Ambiente? È lei la persona che può decidere delle trivellazioni in Sicilia? Vi è un conflitto d'interesse? Conviene mettere in pericolo un patrimonio naturale unico al mondo?
Il governo regionale siciliano sembra fino ad oggi non esser affatto entusiasta della piega che sta prendendo la situazione, però ora bisogna sottolinearlo con forza.
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