Parlando di riforma elettorale, un amico mi disse: "Quando A.B.C. (Alfano, Bersani, Casini) discutono fra di loro e trovano un'accordo, c'è da temere qualcosa. I cittadini devono temere una fregatura...".
In verità qualche dubbio lo nutro anch'io. Forse perchè siamo stati abituati, per troppo tempo, a vedere delle dure diatribe fra i banchi del Parlamento o forse perchè, in effetti, qualcosa di poco chiaro c'è.
Ma cosa hanno ideato i vertici di Pd, Pdl e Terzo polo sulla legge elettorale? Hanno concordato un superamento dell'attuale bipolarismo che provoca un malcontento diffuso. In pratica, ritorno alla scelta degli eletti da parte dei cittadini, indicazione del candidato premier sulla scheda, soglia di sbarramento alta, ma con diritto di tribuna per gli esclusi, e - questo il punto più controverso - assenza di alcun vincolo di coalizione prima delle elezioni (chi l'ha chiesto?), con limitazione del premio di
maggioranza al solo partito che raccoglie più voti. Un ritorno alle mani libere, o poco ci manca.
«Dall'attuale porcata alla vaccata», tuona Di Pietro, puntando il dito contro i partiti di maggioranza: «Si preparano a truffare per l'ennesima volta i cittadini con una legge fatta per permettergli di lasciare tutto il potere nelle mani della Casta». Sottoscrive il segretario di Sel, Vendola («la reazione sarà durissima soprattutto contro il Pd») mentre la Lega personalizza: «Vogliono farci fuori».
Ma questo 'Lodo Abc', è davvero l'unica alternativa al Porcellum?!
Menfi [Agrigento - Sicilia]. Vista l'estrema facilità con la quale è possibile pubblicare contenuti attraverso un blog, ho deciso di disporre di questo potente mezzo di comunicazione per interfacciarmi con tutti i cittadini. Grazie a questa piattaforma web farò conoscere le mie idee, le mie prospettive politiche e mi confronterò, in maniera costruttiva, con tutti gli elettori del Comune di Menfi.
venerdì 30 marzo 2012
mercoledì 28 marzo 2012
Le aliquote Imu dei capoluoghi di Provincia siciliani
La Confedilizia teme l'impatto dell'Imu (la vecchia Ici) sulle seconde case, non quelle al mare e in montagna usate per le vacanze, ma le case in affitto. Sarebbe un altro duro colpo al mercato delle locazioni.
Gli italiani sono molto sensibili al problema della "prima casa": l'80% delle famiglie, infatti, abitano una casa di loro proprietà. Ma c'è una moltitudine di persone, in primo luogo giovani celibi o nubili, coppie recenti, piccole famiglie (oltre agli anziani soli) che vivono nelle case in affitto e che saranno i destinatari della «stangata» Imu.
L'aggravio impositivo atteso potrà toccare il tremila per mille.
I conti sono stati fatti da Confedilizia su immobili di modeste dimensioni in quei Comuni (del Settentrione prima che del Meridione) che si sono affrettati a fare i conti e a scegliere le nuove aliquote.
Il mix infernale è la rivalutazione del catasto, cioè a dire degli estimi catastali, che sono stati adeguati ai valori del mercato. Su questi valori ben più alti di quelli attualmente in vigore, i Comuni applicano poi l'Imu.
Nelle grandi città il mercato dell'affitto ha rilievo, ma nei centri minori ci sono migliaia di case vuote, soprattutto nelle aree centrali (le più pregiate sulla carta). In realtà nessuno vuole andare ad abitare in aree pedonali, dove non si sa dove parcheggiare. Qui i proprietari di immobili pagheranno solo un valore "fantasma".
Sulla variazione dell’addizionale comunale, come già detto, devono decidere le singole amministrazioni comunali, e molte non l’hanno ancora fatto, dunque un eventuale aumento potrà arrivare successivamente. L’aliquota comunale massima può essere in ogni caso dello 0,8%.
Tra i capoluoghi di Provincia siciliani, Agrigento ha portato l’aliquota dallo 0,4 allo 0,6% (per redditi complessivi sopra i 7.500 euro) mentre per gli altri non risultano al momento variazioni: per loro dunque rimangono attualmente le aliquote precedenti (Catania fra lo 0,2 e lo 0,8% a seconda del reddito; Caltanissetta 0,6%; Enna 0,1%; Messina 0,8%; Palermo 0,4%; Ragusa 0,6% sopra gli 8.500 euro; Siracusa 0,8%; Trapani 0,5%).
Anche il Comune di Menfi non ha ancora divulgato le nuove tariffe Imu. La Giunta, infatti, sta valutando con molta attenzione le giuste percentuali da applicare. L'intenzione è di salvaguardare il più possibile le categorie sociali ed economiche più in difficoltà.
Per i contribuenti: il termine di pagamento della prima rata Imu è fissato al 16 giugno 2012.
Sulla variazione dell’addizionale comunale, come già detto, devono decidere le singole amministrazioni comunali, e molte non l’hanno ancora fatto, dunque un eventuale aumento potrà arrivare successivamente. L’aliquota comunale massima può essere in ogni caso dello 0,8%.
Tra i capoluoghi di Provincia siciliani, Agrigento ha portato l’aliquota dallo 0,4 allo 0,6% (per redditi complessivi sopra i 7.500 euro) mentre per gli altri non risultano al momento variazioni: per loro dunque rimangono attualmente le aliquote precedenti (Catania fra lo 0,2 e lo 0,8% a seconda del reddito; Caltanissetta 0,6%; Enna 0,1%; Messina 0,8%; Palermo 0,4%; Ragusa 0,6% sopra gli 8.500 euro; Siracusa 0,8%; Trapani 0,5%).
Anche il Comune di Menfi non ha ancora divulgato le nuove tariffe Imu. La Giunta, infatti, sta valutando con molta attenzione le giuste percentuali da applicare. L'intenzione è di salvaguardare il più possibile le categorie sociali ed economiche più in difficoltà.
Per i contribuenti: il termine di pagamento della prima rata Imu è fissato al 16 giugno 2012.
martedì 27 marzo 2012
Debito Pubblico Italiano: 34 milioni al giorno dal 1861
Negli ultimi dieci anni il debito pubblico italiano è cresciuto del 45,96% e non accenna a segnare il passo. E’ questo il risultato dello studio "Italia 2011: un anno di sofferenza", condotto dagli economisti di Mazziero Research, che registra dal 2000 un incremento di 600 miliardi, in base ad una tendenza consolidata nel tempo, ma accentuata dai governi della Seconda Repubblica.
E’ come se ogni giorno dalla nascita di Gesù Cristo fossero stati accumulati 2 milioni e 600 mila euro di debito; oppure 34 milioni e 500 mila euro di debito per ogni giorno a partire dalla nascita dello Stato Italiano, il 17 marzo 1861, spiega il documento per provare a esemplificare le dinamiche che hanno portato a un debito pubblico di 1.897,9 miliardi di euro, certificato nel dicembre 2011 dalla Banca d’Italia. Da allora la situazione non è certo migliorata, nonostante le ultime tre manovre correttive del 2011 (due del governo Berlusconi e una del governo Monti). Al momento, infatti il dato appare moderatamente più elevato, con una proiezione attuale a oltre 1.910 miliardi di euro. E questo significa, secondo un calcolo pro-capite che, ogni cittadino italiano (compresi i quasi cinque milioni di stranieri) ha sulle spalle un fardello di 31.190 euro. Cifra che potrebbe essere contenuta da un incremento del tasso di natalità, che però sembra ridursi sempre più. Il risultato dell’analisi è ancora più impietoso. Questi numeri mostrano una cruda realtà, non esiste alcuna possibilità di restituire in un tempo congruo (un quarto di secolo?) un simile ammontare di debito. Anche perché il fenomeno è in costante crescita.
Il dato preoccupante è la progressione di questo debito e di come esso appaia cronico indipendentemente dalla compagine politica incaricata di governare, spiegano gli economisti, segnalando però che il 43,5% del debito si è formato nella Prima Repubblica, sino all’insediamento del primo governo Amato del 1992; il restante 56,5% è frutto della Seconda Repubblica.
Lo studio trova riscontro negli ultimi dati diffusi dall’Istat che, oltre a registrare un calo ulteriore della crescita del Pil (appena lo 0,4% sullo 0,6% atteso) ha fotografato un incremento del debito pubblico, arrivato a oltre il 120%, il massimo da 1996. Ma i dati poco rassicuranti elaborati da Mazziero Research chiamano in causa anche lo squilibrio fra entrate e uscite. Nel 2011, ad esempio, il disavanzo si è affacciato per ben otto mesi su 12, mentre per quattro mesi le spese hanno superato gli introiti di oltre 18 miliardi: quasi una finanziaria.
Clicca qui per leggere lo studio “Italia 2011: un anno di sofferenza”
E’ come se ogni giorno dalla nascita di Gesù Cristo fossero stati accumulati 2 milioni e 600 mila euro di debito; oppure 34 milioni e 500 mila euro di debito per ogni giorno a partire dalla nascita dello Stato Italiano, il 17 marzo 1861, spiega il documento per provare a esemplificare le dinamiche che hanno portato a un debito pubblico di 1.897,9 miliardi di euro, certificato nel dicembre 2011 dalla Banca d’Italia. Da allora la situazione non è certo migliorata, nonostante le ultime tre manovre correttive del 2011 (due del governo Berlusconi e una del governo Monti). Al momento, infatti il dato appare moderatamente più elevato, con una proiezione attuale a oltre 1.910 miliardi di euro. E questo significa, secondo un calcolo pro-capite che, ogni cittadino italiano (compresi i quasi cinque milioni di stranieri) ha sulle spalle un fardello di 31.190 euro. Cifra che potrebbe essere contenuta da un incremento del tasso di natalità, che però sembra ridursi sempre più. Il risultato dell’analisi è ancora più impietoso. Questi numeri mostrano una cruda realtà, non esiste alcuna possibilità di restituire in un tempo congruo (un quarto di secolo?) un simile ammontare di debito. Anche perché il fenomeno è in costante crescita.
Il dato preoccupante è la progressione di questo debito e di come esso appaia cronico indipendentemente dalla compagine politica incaricata di governare, spiegano gli economisti, segnalando però che il 43,5% del debito si è formato nella Prima Repubblica, sino all’insediamento del primo governo Amato del 1992; il restante 56,5% è frutto della Seconda Repubblica.
Lo studio trova riscontro negli ultimi dati diffusi dall’Istat che, oltre a registrare un calo ulteriore della crescita del Pil (appena lo 0,4% sullo 0,6% atteso) ha fotografato un incremento del debito pubblico, arrivato a oltre il 120%, il massimo da 1996. Ma i dati poco rassicuranti elaborati da Mazziero Research chiamano in causa anche lo squilibrio fra entrate e uscite. Nel 2011, ad esempio, il disavanzo si è affacciato per ben otto mesi su 12, mentre per quattro mesi le spese hanno superato gli introiti di oltre 18 miliardi: quasi una finanziaria.
Clicca qui per leggere lo studio “Italia 2011: un anno di sofferenza”
Comune di Menfi: Consiglio Comunale del 29/03/2012
Il Consiglio Comunale di Menfi è convocato in seduta ordinaria per il giorno 29/03/2012 – ore 20,00 presso il salone del bassorilievo Torre Federiciana Piazza V. Emanuele.
I punti all’ordine del giorno sono:
- Approvazione verbali sedute precedenti;
- Presa atto deliberazione della Corte dei Conti - Sezione Regionale di controllo per la Regione Siciliana - n. 166/PRSP - Rendiconto 2009 - Adozioni eventuali misure correttive;
- Riconoscimento debito fuori bilancio per pagamento parcella avv. Carmen Luisa Pendola ricorso al TAR-Sicilia Meli Giuseppe e Meli Orsola;
- Riconoscimento debito fuori bilancio per pagamento parcella avv. Gagliano Leonardo causa Bono Margherita c/Comune di Menfi;
- Riconoscimento debito fuori bilancio per pagamento parcella avv. prof. Salvatore Pensabene Lionti vertenza Edilcostruzioni S.p.A/Comune di Menfi;
- Riconoscimento debito fuori bilancio per pagamento parcella avv. prof. Salvatore Pensabene Lionti vertenza Mauceri Sutera Antonina, Mauceri Giuseppe Antonio Salvatore e Mauceri Giulia c/Comune di Menfi;
- Riconoscimento debito fuori bilancio per pagamento parcella avv. Barbera Michele ricorso al TAR Ferrantelli Crispino c/Comune di Menfi;
- Riconoscimento debito fuori bilancio per pagamento parcella avv. Gagliano Leonardo causa Comune di Menfi/fall. Edilcostruzioni S.p.A;
- Approvazione del Piano di lottizzazione (PDL) denominato “Gagliano Giuseppe & C.” delle aree ubicate nella località “Torrenova – Cipollazzo” /Art. 14 L.R. 71/78 ed art. 96 del REC);
- Approvazione piano programma e bilancio di previsione anno 2011 dell’Istituzione Culturale “Federico II”;
- Contrarietà alla realizzazione dell’ impianto per la termovalorizzazione di Biomasse nel Comune di Menfi – MOZIONE DI INDIRIZZO;
- Interrogazioni.
giovedì 22 marzo 2012
Il commento di Liberatore Giaccone: "va salvaguardato il turismo ambientale di Porto Palo di Menfi"
Ricevo e pubblico un messaggio del Dott. Liberatore Giaccone di Menfi.
"Cari amici,
l'estate si avvicina e pure i problemi mai risolti. Nel Borgo di Porto Palo si pongono, ogni anno, tante problematiche, che l'Amministrazione sembra essere alquanto superficiale. E non parlo solo della musica si intende. Appare chiaro che i nostri Concittadini non pagano di buon grado la tassa sui rifuiti (TARSU) di persone ed animali che vengono sulla spiaggia da altri Paesi limitrofi e lontani, ogni giorno, solo per sporcare e bivaccare. Voglio pure puntualizzare i falò del 14 Agosto in cui la spiaggia di Porto Palo si riempie in modo disorganico, selvaggio ed affannoso di persone, tende, auto, trattori, furgoni, legna per cucinare e molte altre cose ancora lasciando all'indomani una enorme quantità di rifiuti, escrementi ed altro (per non dire di qualche siringa) causando inquinamento acustico, di fumo e di altro sulla nostra amata costa per diversi giorni, CON COSTI MOLTO GRAVOSI PER L'AMMINISTRAZIONE.
L'Amministrazione sembra non pensare alle conseguenze ambientali, economiche e dannosi per il nostro Turismo ed il nostro stare. Non penso che questo ammasso di persone ci ha portato benessere e turismo. Nelle più rinomate località certe vergogne sono vietate e contrastate rigorosamente. Le Persone vengono da tutte le parti della Sicilia il 14 notte, qui a Porto Palo, per poi non lasciare economia... solo rifiuti, sporcizia ed inquinamento e disagi per il turista.
Mi rivolgo, ancora, alle Nostre Autorità Amministrative di porre in primo piano il nostro Turismo e di salvare il nostro sistema che ancora regge dal punto di vista ambientale, con Ordinanze rigide circa l'orario della musica (regolamentarla anche negli orari di riposo pomeridiano) e l'udibilità della stessa, la circolazione, la soste delle giostre, il palco per le manifestazioni (che come è sistemato attualmente disturba gli abitanti del Borgo), il rispetto dell'ambiente ed il divieto assoluto di determinate manifestazioni di massa (non utili a nessuno), attuando controlli rigidi in tutte le ore per il loro contratto. Il Turista viene a Menfi perchè ancora sulle nostre coste (questo merito delle Amministrazioni passate) non esiste un sistema selvaggio di costruzioni, per il nostro mare pulito, per le nostre spiagge, sembra un paradido di relax e pulizia.... Ma in questi ultimi anni lo stesso Turista dopo essere venuto va subito via. Si trova in mezzo alle musiche ed ai rumori che non fanno riposare nè di giorno nè di notte, in mezzo alla confusione stradale, in mezzo alla sporcizia sulla spiaggia lasciata dalle persone (dei Paesi limitrofi) che vengono occasionalmente a bivacchiare per non parlare del disastro, come detto, dei falò del 14 Agosto (tre giorni di sporcizia, pericoli e fumi). Abbiamo avuto un calo dei Turisti di circa il 50% negli ultimi due anni e così continuando....
E, in ultimo, mi rivolgo sempre a Voi, cari Ragazzi, vorrei che capite il mio pensiero (che poi non è solo mio) e che tutti Voi in armonia vogliate salvaguardare il vostro ambiente ed i vostri divertimenti nel rispetto di reciproci interessi di cordialità, convivenza ed economia per il nostro Paese.
Vi giunga, a tutti Voi cari lettori, sempre, il mio più cordiale saluto di benessere ed affettuosità."
"Cari amici,
l'estate si avvicina e pure i problemi mai risolti. Nel Borgo di Porto Palo si pongono, ogni anno, tante problematiche, che l'Amministrazione sembra essere alquanto superficiale. E non parlo solo della musica si intende. Appare chiaro che i nostri Concittadini non pagano di buon grado la tassa sui rifuiti (TARSU) di persone ed animali che vengono sulla spiaggia da altri Paesi limitrofi e lontani, ogni giorno, solo per sporcare e bivaccare. Voglio pure puntualizzare i falò del 14 Agosto in cui la spiaggia di Porto Palo si riempie in modo disorganico, selvaggio ed affannoso di persone, tende, auto, trattori, furgoni, legna per cucinare e molte altre cose ancora lasciando all'indomani una enorme quantità di rifiuti, escrementi ed altro (per non dire di qualche siringa) causando inquinamento acustico, di fumo e di altro sulla nostra amata costa per diversi giorni, CON COSTI MOLTO GRAVOSI PER L'AMMINISTRAZIONE.
L'Amministrazione sembra non pensare alle conseguenze ambientali, economiche e dannosi per il nostro Turismo ed il nostro stare. Non penso che questo ammasso di persone ci ha portato benessere e turismo. Nelle più rinomate località certe vergogne sono vietate e contrastate rigorosamente. Le Persone vengono da tutte le parti della Sicilia il 14 notte, qui a Porto Palo, per poi non lasciare economia... solo rifiuti, sporcizia ed inquinamento e disagi per il turista.
Mi rivolgo, ancora, alle Nostre Autorità Amministrative di porre in primo piano il nostro Turismo e di salvare il nostro sistema che ancora regge dal punto di vista ambientale, con Ordinanze rigide circa l'orario della musica (regolamentarla anche negli orari di riposo pomeridiano) e l'udibilità della stessa, la circolazione, la soste delle giostre, il palco per le manifestazioni (che come è sistemato attualmente disturba gli abitanti del Borgo), il rispetto dell'ambiente ed il divieto assoluto di determinate manifestazioni di massa (non utili a nessuno), attuando controlli rigidi in tutte le ore per il loro contratto. Il Turista viene a Menfi perchè ancora sulle nostre coste (questo merito delle Amministrazioni passate) non esiste un sistema selvaggio di costruzioni, per il nostro mare pulito, per le nostre spiagge, sembra un paradido di relax e pulizia.... Ma in questi ultimi anni lo stesso Turista dopo essere venuto va subito via. Si trova in mezzo alle musiche ed ai rumori che non fanno riposare nè di giorno nè di notte, in mezzo alla confusione stradale, in mezzo alla sporcizia sulla spiaggia lasciata dalle persone (dei Paesi limitrofi) che vengono occasionalmente a bivacchiare per non parlare del disastro, come detto, dei falò del 14 Agosto (tre giorni di sporcizia, pericoli e fumi). Abbiamo avuto un calo dei Turisti di circa il 50% negli ultimi due anni e così continuando....
E, in ultimo, mi rivolgo sempre a Voi, cari Ragazzi, vorrei che capite il mio pensiero (che poi non è solo mio) e che tutti Voi in armonia vogliate salvaguardare il vostro ambiente ed i vostri divertimenti nel rispetto di reciproci interessi di cordialità, convivenza ed economia per il nostro Paese.
Vi giunga, a tutti Voi cari lettori, sempre, il mio più cordiale saluto di benessere ed affettuosità."
Liberatore Giaccone
martedì 20 marzo 2012
Cosa ne sarà del Terzo Polo?
Fini guarda già oltre l'accordo terzopolista ma i suoi temono che voglia sciogliere Fli.
Non si sa cosa abbia in mente di preciso Fini quando assicura che «Fli c'è e ci sarà». Non si sa come coniugherà la garanzia data ai suoi (parecchio riottosi) che «non c'è alcuna ipotesi di scioglimento» con l'invito a guardare alla luna e non al dito, a «rischiare» ancora, a mettersi di nuovo in marcia insieme a tanti altri (Montezemolo, per esempio) per la costituente di un nuovo polo nazionale.
Fini dice che Fli non si scioglierà, ma ogni parola e ogni ragionamento di colui che oggi ne è il capo porta a pensare l'esatto contrario e fa della convention che si è chiusa ieri a Pietrasanta la prima tappa di un altro viaggio oltre il Terzo polo, verso un rassemblement ancora più ampio dove staranno insieme pezzi di partiti, volontariato, società civile, professioni, mondo dell'impresa e (perché no?) anche esponenti del governo Monti. I fedelissimi restano spiazzati dall'ennesimo rialzo della posta. E si preparano a saltare un'asticella ancora più alta.
Ma Fini li rincuora: «Dobbiamo essere co-protagonisti assieme a tanti altri di un movimento per modernizzare la Repubblica, con quel patriottismo repubblicano che già sta guidando l'azione di Monti». Ed è «retorico» starsi a interrogare adesso su chi avrà la guida. «Chi ha più filo tesse», si mette in gioco di squadra Fini, mentre Casini dichiara di essere pienamente d'accordo sul commissariamento della Rai e sul sostegno incondizionato a Monti.
Fini spiega una volta di più che «limiterebbe la possibilità di dialogare con la società» una rigida organizzazione di partito. Perciò, sprona piuttosto Fli a muoversi da grande movimento aperto, «in un'azione plurale, senza sentirci i migliori né avere complessi. Fli c'è, ma non chiamiamolo partito. E' un progetto. Questa è la sua ragion d'essere: modernizzare l'Italia». Fini ha spiegato bene (anche a Casini) di volerlo fare «senza mai più tornare con il Pdl» e senza essere centrista, pur nell'aspirazione di stare al centro della politica. I compagni di strada in parte già ci sono (Casini, Rutelli) e in parte verranno.
Contatti sono in corso con Cordero di Montezemolo, «un personaggio molto corteggiato della politica, a volte contestato a priori, che ha detto di voler ragionare su un patto liberale per le riforme: un progetto non molto diverso da quello che ho illustrato. Ci confronteremo e ci vedremo».
Quanto ai temi, Fini lancia un paio di proposte sulla corruzione (non candidare chi abbia una condanna di primo grado per reati contro l'amministrazione pubblica ed escludervi chi abbia una condanna definitiva) e sprona Monti a fare la sua proposta sul lavoro nel nome dell'interesse generale e senza subordinarla all'intesa con le parti. «Come fece sulle pensioni dove, se la proposta fosse stata subordinata all'intesa, sarebbe stata rinviata di altri dieci anni». Cautela, invece, sul dopo Monti: «Il premier ha detto che al termine della sua esperienza chiuderà con la politica e io non sono abituato a tirarlo per la giacca. Ma la politica è concretezza; è affrontare i problemi e risolverli e sono convinto che sono sempre di più gli italiani che vogliono qualcosa di diverso dal consolidato confronto Pd-Pdl».
Intervista di Fini su La7
Non si sa cosa abbia in mente di preciso Fini quando assicura che «Fli c'è e ci sarà». Non si sa come coniugherà la garanzia data ai suoi (parecchio riottosi) che «non c'è alcuna ipotesi di scioglimento» con l'invito a guardare alla luna e non al dito, a «rischiare» ancora, a mettersi di nuovo in marcia insieme a tanti altri (Montezemolo, per esempio) per la costituente di un nuovo polo nazionale.
Fini dice che Fli non si scioglierà, ma ogni parola e ogni ragionamento di colui che oggi ne è il capo porta a pensare l'esatto contrario e fa della convention che si è chiusa ieri a Pietrasanta la prima tappa di un altro viaggio oltre il Terzo polo, verso un rassemblement ancora più ampio dove staranno insieme pezzi di partiti, volontariato, società civile, professioni, mondo dell'impresa e (perché no?) anche esponenti del governo Monti. I fedelissimi restano spiazzati dall'ennesimo rialzo della posta. E si preparano a saltare un'asticella ancora più alta.
Ma Fini li rincuora: «Dobbiamo essere co-protagonisti assieme a tanti altri di un movimento per modernizzare la Repubblica, con quel patriottismo repubblicano che già sta guidando l'azione di Monti». Ed è «retorico» starsi a interrogare adesso su chi avrà la guida. «Chi ha più filo tesse», si mette in gioco di squadra Fini, mentre Casini dichiara di essere pienamente d'accordo sul commissariamento della Rai e sul sostegno incondizionato a Monti.
Fini spiega una volta di più che «limiterebbe la possibilità di dialogare con la società» una rigida organizzazione di partito. Perciò, sprona piuttosto Fli a muoversi da grande movimento aperto, «in un'azione plurale, senza sentirci i migliori né avere complessi. Fli c'è, ma non chiamiamolo partito. E' un progetto. Questa è la sua ragion d'essere: modernizzare l'Italia». Fini ha spiegato bene (anche a Casini) di volerlo fare «senza mai più tornare con il Pdl» e senza essere centrista, pur nell'aspirazione di stare al centro della politica. I compagni di strada in parte già ci sono (Casini, Rutelli) e in parte verranno.
Contatti sono in corso con Cordero di Montezemolo, «un personaggio molto corteggiato della politica, a volte contestato a priori, che ha detto di voler ragionare su un patto liberale per le riforme: un progetto non molto diverso da quello che ho illustrato. Ci confronteremo e ci vedremo».
Quanto ai temi, Fini lancia un paio di proposte sulla corruzione (non candidare chi abbia una condanna di primo grado per reati contro l'amministrazione pubblica ed escludervi chi abbia una condanna definitiva) e sprona Monti a fare la sua proposta sul lavoro nel nome dell'interesse generale e senza subordinarla all'intesa con le parti. «Come fece sulle pensioni dove, se la proposta fosse stata subordinata all'intesa, sarebbe stata rinviata di altri dieci anni». Cautela, invece, sul dopo Monti: «Il premier ha detto che al termine della sua esperienza chiuderà con la politica e io non sono abituato a tirarlo per la giacca. Ma la politica è concretezza; è affrontare i problemi e risolverli e sono convinto che sono sempre di più gli italiani che vogliono qualcosa di diverso dal consolidato confronto Pd-Pdl».
Intervista di Fini su La7
Milena Di Mauro
sabato 17 marzo 2012
Si è sempre "onorevoli" anche se indagati per mazzette
Sta accadendo un fatto inspiegabile. In Sicilia se un politico viene
preso con la mazzetta in mano per favorire un appalto lo arrestano o lo
mandano ai domiciliari (vedi il caso Vitrano), in Lombardia il politico
viene inquisito, ma resta al suo posto e non si dimette nemmeno se gli
sparano.
E' accaduto troppe volte: Filippo Penati, ex braccio destro di Bersani, è accusato di corruzione ed è rimasto tranquillamente nel Consiglio regionale pur essendosi dimesso da vicepresidente. Il leghista Davide Boni avrebbe intascato un milione che pare abbia passato al partito, ma dice di essere innocente ed è rimasto al suo posto pur essendo passato al gruppo misto refugium peccatorum. E ha avuto la solidarietà pelosa di Bossi, che ha detto: «Me ne frego dei giudici».
L'ultimo caso riguarda il consigliere regionale del Pdl, Angelo Giammario, anche lui indagato per corruzione. In sostanza questi signori dicono: ci riteniamo innocenti, vale la presunzione di innocenza e lasciamo che la magistratura faccia il suo lavoro. Ma siccome tutti sappiamo che tra inchiesta, primo grado, appello e Cassazione passano almeno dieci anni il risultato è che siamo costretti a tenerci questi amministratori accusati di pesanti reati per un tempo infinito. Ai tempi del procuratore Borrelli e del team di Mani pulite queste cose non accadevano, anzi a volte si eccedeva.
In un'azienda privata se un cassiere ruba il suo principale lo licenzia subito, nella pubblica amministrazione il servitore (presunto) infedele dello Stato resta al suo posto con la possibilità che in attesa della sentenza definitiva continui a rubare.
Il governo Monti punta alla moralizzazione, alla correttezza dei comportamenti degli appartenenti alle Istituzioni, ma se le cose proseguono in questo modo non c'è speranza: i ladri continueranno a fare i ladri per sé o per il proprio partito.
Ci sarebbe un modo per sistemare le cose, e cioè fare una legge in base alla quale il politico che è indagato si deve sospendere dalla carica che occupa fino a che una sentenza stabilisca che è innocente e quindi può tornare al suo posto, altrimenti va in galera. E siccome i politici obietteranno che sospendersi in attesa del giudizio finale significa uscire dal giro per un decennio, si possono prevedere appositi tribunali speciali per questo tipo di reati che prenda decisioni rapide in tutti i tre gradi di giudizio. Il Parlamento sarà contrario a votare una tale legge, ma così non si emenderà mai.
E' accaduto troppe volte: Filippo Penati, ex braccio destro di Bersani, è accusato di corruzione ed è rimasto tranquillamente nel Consiglio regionale pur essendosi dimesso da vicepresidente. Il leghista Davide Boni avrebbe intascato un milione che pare abbia passato al partito, ma dice di essere innocente ed è rimasto al suo posto pur essendo passato al gruppo misto refugium peccatorum. E ha avuto la solidarietà pelosa di Bossi, che ha detto: «Me ne frego dei giudici».
L'ultimo caso riguarda il consigliere regionale del Pdl, Angelo Giammario, anche lui indagato per corruzione. In sostanza questi signori dicono: ci riteniamo innocenti, vale la presunzione di innocenza e lasciamo che la magistratura faccia il suo lavoro. Ma siccome tutti sappiamo che tra inchiesta, primo grado, appello e Cassazione passano almeno dieci anni il risultato è che siamo costretti a tenerci questi amministratori accusati di pesanti reati per un tempo infinito. Ai tempi del procuratore Borrelli e del team di Mani pulite queste cose non accadevano, anzi a volte si eccedeva.
In un'azienda privata se un cassiere ruba il suo principale lo licenzia subito, nella pubblica amministrazione il servitore (presunto) infedele dello Stato resta al suo posto con la possibilità che in attesa della sentenza definitiva continui a rubare.
Il governo Monti punta alla moralizzazione, alla correttezza dei comportamenti degli appartenenti alle Istituzioni, ma se le cose proseguono in questo modo non c'è speranza: i ladri continueranno a fare i ladri per sé o per il proprio partito.
Ci sarebbe un modo per sistemare le cose, e cioè fare una legge in base alla quale il politico che è indagato si deve sospendere dalla carica che occupa fino a che una sentenza stabilisca che è innocente e quindi può tornare al suo posto, altrimenti va in galera. E siccome i politici obietteranno che sospendersi in attesa del giudizio finale significa uscire dal giro per un decennio, si possono prevedere appositi tribunali speciali per questo tipo di reati che prenda decisioni rapide in tutti i tre gradi di giudizio. Il Parlamento sarà contrario a votare una tale legge, ma così non si emenderà mai.
venerdì 16 marzo 2012
No alla soppressione del Tribunale nel territorio di Messina Denaro
Stiamo assistendo al sistematico sacco del territorio! Sotto forma di emergenza energetica, emergenza politica, necessità di tagliare costi,
etc. Pertanto dopo l’assalto dal mare da parte dei petrolieri,
l’attacco dal cielo da parte degli impianti industriali per la
produzione di energia eolica, adesso l’attacco al nostro territorio
avviene con il tentativo di soppressione del tribunale di Sciacca…!
Non è un accostamento azzardato, poiché il tribunale, che proprio quest’anno compie 150 anni di vita, è per Sciacca l’avamposto per il controllo del nostro territorio dall’assalto della speculazione edilizia, dell’abusivismo, dallo scempio delle coste, dal sacco della mafia.
La soppressione del tribunale, benché rientri nell’obbiettivo di riduzioni dei costi e delle spese per lo stato, in verità, porterebbe ad unrisparmio davvero esiguo, in quanto, buona parte degli attuali costi sono sobbarcati dal comune di Sciacca.
La soppressione del tribunale di Sciacca costituirebbe una vera catastrofe poiché vedrebbe la chiusura di molti altri servizi connessi come: l’agenzia delle entrate, l’ufficio INPS, l’Ufficio Registro, il declassamento di molti presidi attualmente presenti come la Guardia di Finanza, la Polizia ed i Carabinieri, la chiusura della casa circondariale, etc..
Servizi essenziali non solo per la città, ma per l’intero comprensorio dei comuni limitrofi. Il risparmio esiguo verrà pagato con un alto costo per i cittadini che si troveranno costretti ad affrontarelunghi e pericolosi viaggi giornalieri, ad avere maggiori oneri per i costi di una causa o di qualunque servizio legato ai suddetti uffici.
La soppressione del tribunale di Sciacca allargherebbe certamente le maglie alle ingerenze mafiose, che senza un controllo potrebbero meglio mettere le proprie grinfie, facendo sacco del territorio.
In una economia in recessione, come attualmente stiamo vivendo, la soppressione del tribunale è l’ennesima tegola sulla testa dei cittadini che si trovano a pagare a caro prezzo gli altrui sbagli e sprechi.
- Per consentire che gli attuali processi per Mafia non subiscano rallentamenti
- Per un territorio più sicuro
- Per non fare in modo che Sciacca e il suo comprensiorio venga declassata (meno uffici, meno famiglie, meno abitanti, meno lavoro)
- Per garantire un futuro ai tuoi figli
- Per non fare rischiare la vita a circa 400 persone che dovranno percorrere la SS115 giornalmente
Per tutto evitare ciò Sabato 17 marzo alle 10:00 in Piazza Matteotti rechiamoci alla protesta indossando un indumento GIALLO e stendiamo sui nostri balconi un lenzuolo o una bandiera o semplicemente un fazzoletto GIALLO per dire NO ALLA CHIUSURA DEL TRIBUNALE !!!
COMITATO CIVICO NO ALLA CHIUSURA DEL TRIBUNALE DI SCIACCA
Non è un accostamento azzardato, poiché il tribunale, che proprio quest’anno compie 150 anni di vita, è per Sciacca l’avamposto per il controllo del nostro territorio dall’assalto della speculazione edilizia, dell’abusivismo, dallo scempio delle coste, dal sacco della mafia.
La soppressione del tribunale, benché rientri nell’obbiettivo di riduzioni dei costi e delle spese per lo stato, in verità, porterebbe ad unrisparmio davvero esiguo, in quanto, buona parte degli attuali costi sono sobbarcati dal comune di Sciacca.
La soppressione del tribunale di Sciacca costituirebbe una vera catastrofe poiché vedrebbe la chiusura di molti altri servizi connessi come: l’agenzia delle entrate, l’ufficio INPS, l’Ufficio Registro, il declassamento di molti presidi attualmente presenti come la Guardia di Finanza, la Polizia ed i Carabinieri, la chiusura della casa circondariale, etc..
Servizi essenziali non solo per la città, ma per l’intero comprensorio dei comuni limitrofi. Il risparmio esiguo verrà pagato con un alto costo per i cittadini che si troveranno costretti ad affrontarelunghi e pericolosi viaggi giornalieri, ad avere maggiori oneri per i costi di una causa o di qualunque servizio legato ai suddetti uffici.
La soppressione del tribunale di Sciacca allargherebbe certamente le maglie alle ingerenze mafiose, che senza un controllo potrebbero meglio mettere le proprie grinfie, facendo sacco del territorio.
In una economia in recessione, come attualmente stiamo vivendo, la soppressione del tribunale è l’ennesima tegola sulla testa dei cittadini che si trovano a pagare a caro prezzo gli altrui sbagli e sprechi.
- Per consentire che gli attuali processi per Mafia non subiscano rallentamenti
- Per un territorio più sicuro
- Per non fare in modo che Sciacca e il suo comprensiorio venga declassata (meno uffici, meno famiglie, meno abitanti, meno lavoro)
- Per garantire un futuro ai tuoi figli
- Per non fare rischiare la vita a circa 400 persone che dovranno percorrere la SS115 giornalmente
Per tutto evitare ciò Sabato 17 marzo alle 10:00 in Piazza Matteotti rechiamoci alla protesta indossando un indumento GIALLO e stendiamo sui nostri balconi un lenzuolo o una bandiera o semplicemente un fazzoletto GIALLO per dire NO ALLA CHIUSURA DEL TRIBUNALE !!!
COMITATO CIVICO NO ALLA CHIUSURA DEL TRIBUNALE DI SCIACCA
giovedì 15 marzo 2012
Digitale Terrestre: Regione Sicilia chiede un rinvio di tre mesi
La Regione propone un rinvio di tre mesi per l'ingresso del digitale terrestre in Sicilia. L'Ars ha infatti approvato con 53 voti favorevoli, nessun contrario e 3 astenuti, il ddl su «Norme urgenti per il passaggio al digitale terrestre. Modifiche in materia di composizione del Comitato regionale per le comunicazioni».
In ogni caso, non avendo poteri esclusivi ma concorrenziali in materia di comunicazioni, nelle linee generali la Regione si dovrà attenere alla legislazione dello Stato. Il governo ha accettato come raccomandazione due ordini del giorno sulla stessa materia.
Il primo, a firma di Paolo Colianni (Mpa), presidente della commissione speciale per l'innovazione tecnologica del settore informazione, è stato recepito dal governo come raccomandazione un ordine del giorno di Paolo Colianni (Mpa), propone una proroga di tre mesi per lo switch off* delle tv per il passaggio al digitale.
Con il secondo ordine del giorno il governo regionale accetta come raccomandazione l'impegno ad adottare tutte le iniziative a sostegno delle emittenti siciliane.
Intanto, due importanti appuntamenti attendono la Commissione presieduta da Colianni la prossima settimana: giovedì è in programma l'audizione sulla realizzazione della prima piattaforma digitale televisiva dedicata al sociale; venerdì sarà a Enna per affrontare il tema dello switch off ed il passaggio al digitale, incontro al quale le emittenti siciliane saranno chiamate a fornire il loro contributo sui cambiamenti in atto nel sistema radiotelevisivo regionale.
*Il termine "switch-off", mutuato dalla lingua inglese, è un'abbreviazione a indicare la fase terminale della transizione alla televisione digitale in cui avviene lo spegnimento della tv analogica. Chi possiede un televisore analogico non è costretto tuttavia a comprare un nuovo apparecchio, ma - con una spesa più modesta - può utilizzare un decoder per continuare a vedere le trasmissioni televisive. L'utilizzo del digitale consentirà un ventaglio più ampio dell'offerta televisiva, con più canali ed emittenti, e un vantaggio molto importante dal punto di vista della resa audio e video, Inoltre consentirà l'utilizzo di diversi livelli di interattività.
News -> Digitale Terrestre: In Sicilia lo switch off dall'11 al 30 giugno 2012
In ogni caso, non avendo poteri esclusivi ma concorrenziali in materia di comunicazioni, nelle linee generali la Regione si dovrà attenere alla legislazione dello Stato. Il governo ha accettato come raccomandazione due ordini del giorno sulla stessa materia.
Il primo, a firma di Paolo Colianni (Mpa), presidente della commissione speciale per l'innovazione tecnologica del settore informazione, è stato recepito dal governo come raccomandazione un ordine del giorno di Paolo Colianni (Mpa), propone una proroga di tre mesi per lo switch off* delle tv per il passaggio al digitale.
Con il secondo ordine del giorno il governo regionale accetta come raccomandazione l'impegno ad adottare tutte le iniziative a sostegno delle emittenti siciliane.
Intanto, due importanti appuntamenti attendono la Commissione presieduta da Colianni la prossima settimana: giovedì è in programma l'audizione sulla realizzazione della prima piattaforma digitale televisiva dedicata al sociale; venerdì sarà a Enna per affrontare il tema dello switch off ed il passaggio al digitale, incontro al quale le emittenti siciliane saranno chiamate a fornire il loro contributo sui cambiamenti in atto nel sistema radiotelevisivo regionale.
*Il termine "switch-off", mutuato dalla lingua inglese, è un'abbreviazione a indicare la fase terminale della transizione alla televisione digitale in cui avviene lo spegnimento della tv analogica. Chi possiede un televisore analogico non è costretto tuttavia a comprare un nuovo apparecchio, ma - con una spesa più modesta - può utilizzare un decoder per continuare a vedere le trasmissioni televisive. L'utilizzo del digitale consentirà un ventaglio più ampio dell'offerta televisiva, con più canali ed emittenti, e un vantaggio molto importante dal punto di vista della resa audio e video, Inoltre consentirà l'utilizzo di diversi livelli di interattività.
News -> Digitale Terrestre: In Sicilia lo switch off dall'11 al 30 giugno 2012
martedì 13 marzo 2012
Sicilia: stabilimenti balneari, strutture da smontare
I concessionari degli stabilimenti balneari dovranno smontare le attrezzature e sgomberare gli spazi a loro affidati entro la fine del mese. Il via libera per rimontare, invece, decorrerebbe già a partire dalla seconda settimana di aprile. E' arrivata come un fulmine a ciel sereno la notifica inviata dal dipartimento regionale del Territorio e ambiente, ai circa 1300 lidi distribuiti in tutta l'Isola.
E a meno di due mesi dall'inizio della stagione balnerare, fioccano le proteste dei gestori. Il presidente regionale dell'Associazione gestori lidi Antonio Firullo, intanto, annuncia una protesta se non si troverà un escamotage per aggirare l'ostacolo. "Chiedo alla Regione di intervenire - annuncia - ma se non ci sarà nessun cambiamento, proporrò ai gestori degli stabilimenti di non pagare più le tasse della concessione demaniale".
Dall'assessorato, intanto, lanciano un ultimatum: se le attrezzature non saranno smontate entro i termini previsti, non sarà più rinnovata la licenza. Parola di Giovanni Arnone, dirigente del dipartimento. "Chi rispetta regole sarà premiato - promette - chi le trasgredisce, invece, sarà severamente punito".
E a meno di due mesi dall'inizio della stagione balnerare, fioccano le proteste dei gestori. Il presidente regionale dell'Associazione gestori lidi Antonio Firullo, intanto, annuncia una protesta se non si troverà un escamotage per aggirare l'ostacolo. "Chiedo alla Regione di intervenire - annuncia - ma se non ci sarà nessun cambiamento, proporrò ai gestori degli stabilimenti di non pagare più le tasse della concessione demaniale".
Dall'assessorato, intanto, lanciano un ultimatum: se le attrezzature non saranno smontate entro i termini previsti, non sarà più rinnovata la licenza. Parola di Giovanni Arnone, dirigente del dipartimento. "Chi rispetta regole sarà premiato - promette - chi le trasgredisce, invece, sarà severamente punito".
domenica 11 marzo 2012
Funerali di Stato per Placido Rizzotto
La storia di Placido Rizzotto
Le ossa che erano state ritrovate nel settembre 2008 nelle foibe della Rocca Busambra sono quelle del sindacalista di Corleone Placido Rizzotto, che, secondo le prime indagini, venne ucciso il 10 marzo 1948 da Luciano Liggio e da due suoi complici, Pasquale Criscione e Vincenzo Collura (che inizialmente confessarono, poi ritrattarono e furono prosciolti per insufficienza di prove). Che le ossa siano di Rizzotto lo ha stabilito la polizia scientifica di Palermo comparando il Dna di quelle ossa con quelle di suo padre, il cui corpo è stato riesumato e risulta compatibile al 76%. Questo riapre la fosca pagina della mafia di Corleone che poi divenne «dominus» di Cosa Nostra siciliana. Subito dopo la guerra il paese era controllato dalla mafia, che aveva come capo il medico Michele Navarra, notabile democristiano, come suo vice Governale e come picciotti Luciano Liggio, «Cocciu di focu», Totò Riina e Bernardo Provenzano. Liggio aveva la sua abitazione davanti alla caserma dei carabinieri dove c'era allora il capitano Carlo Alberto Dalla Chiesa, tutti personaggi dalle storie intrecciate che ritroveremo cinquant'anni dopo a Palermo.
Liggio cominciò a 17 anni uccidendo il primario dell'ospedale dei Bianchi, dottor Nicolosi, per dare modo al medico boss Michele Navarra di prendere il suo posto. Dopo qualche anno chiese a Navarra che sarebbe stato il caso di sbarazzarsi anche di Placido Rizzotto, 34 anni, segretario della Camera del lavoro, che teneva comizi in piazza incitando i contadini ad occupare le terre («Quello mette strane idee in testa alla gente»).
In realtà Liggio aveva un altro scopo: si era invaghito di Leoluchina Sorisi, fidanzata di Rizzotto. Tanto insistette che Navarra gli diede il consenso ad uccidere il sindacalista. Dicono le prime indagini che Rizzotto venne sequestrato all'uscita da un bar del paese da Liggio, Criscione e Collura e condotto per le campagne fino alla Rocca Busambra dove lo gettarono in una «ciaccazza» profonda cinquanta metri. Durante questa camminata per le campagne il gruppo era stato visto da un pastorello di 13 anni, Giuseppe Letizia. Impressionato da quella visione il ragazzino era stato colto da febbre e portato in ospedale. E lì il primario Navarra gli fece una iniezione letale. Il medico boss tuttavia aveva capito che Luciano Liggio gli aveva chiesto di uccidere Rizzotto per suoi motivi personali, e cominciarono i primi contrasti, per cui Navarra aveva mandato un suo commando a sparare a Liggio che nel frattempo si era rifugiato in campagna assieme a Riina e Provenzano che «aveva un cervello di gallina, ma sparava come un dio». Avvenne un conflitto a fuoco in cui Liggio rimase ferito. Lo scontro avrebbe potuto proseguire se non fosse intervenuta la potente mafia di Altofonte che indusse Navarra a perdonare Liggio, che in fondo aveva agito per amore. Il medico boss perdonò, ma fece male i suoi conti perché «Cocciu di focu» lo attese al ritorno da una visita a Palermo e crivellò la sua auto a raffiche di mitra uccidendo il suo boss e un medico che lo accompagnava, Domenico Russo.
Sbarazzatosi di Placido Rizzotto e del suo boss, Luciano Liggio era diventato l'incontrastato capomafia di Corleone. Ai funerali di Rizzotto, la sua fidanzata Leolochina Sorisi gridò: «A chi ti ha ucciso mangerò il cuore». Invece accadde il contrario: ospitò a casa «Lucianuzzu». Fece arrivare una squadra di muratori e aggiustò la sua abitazione dicendo che stava per ricevere un parente dall'America. Invece in casa c'era Luciano Liggio, che venne ritrovato dietro una finta parete dagli uomini del questore Mangano (o pare del colonnello dei carabinieri Milillo: la questione non è mai stata chiarita).
Ma Liggio ebbe modo di cavarsela ai processi. Per l'uccisione di Rizzotto fu assolto con formula dubitativa - all'epoca il procuratore di Palermo era Pietro Scaglione - perché il cadavere della vittima non era stato ancora trovato, ci volevano troppi soldi per scandagliare le foibe della Rocca Busambra, e solo nel 2008 si poterono estrarre le ossa. A quel tempo la giustizia palermitana funzionava così. Per tutti gli altri delitti, al processo fatto a Bari per legittima suspicione fu assolto per insufficienza di prove perché ai componenti della Corte d'assisse alla vigilia del verdetto arrivò questa lettera: «Liggio e gli altri corleonesi sono innocenti. Il loro sangue ricadrà sulle vostre famiglie». E così Liggio tornò libero e scese dalle montagne a Palermo con Riina e Provenzano trovando rispetto e ammirazione tra i mafiosi di città. Cominciò a fare soldi con i flipper, poi crescendo in potenza entrò nella Cupola di Cosa Nostra e fece uccidere tutti i capi della mafia palermitana, dal «principe di Villagrazia» Stefano Bontade a Totuccio Inzerillo e a tutti gli altri. La faida degli anni 80 la vinsero i corleonesi perché non erano conosciuti dai mafiosi palermitani, mentre loro sapevano benissimo quali erano i bersagli da colpire. Fu così che partendo dall'uccisione di Placido Rizzotto nel 1948 la mafia corleonese divenne padrona fino agli anni 90, quando Liggio, catturato a Milano, era stato già sostituito da Riina e Provenzano.
Dopo 64 anni, finalmente, sono stati ritrovati i resti scheletrici del sindacalista sequestrato e ucciso dalla mafia nel 1948. Mi unisco a quanti chiedono ormai a gran voce e giustamente (David Sassoli, Walter Veltroni, Vincenzo Vita, Giuseppe Giulietti) i "Funerali di Stato per Placido Rizzotto".
Per dire che lo Stato non dimentica.. Per dire che la Mafia non vince.. Per ricordare ai più giovani che un uomo è stato ucciso perchè ha lottato per la giustizia e la libertà.
sabato 10 marzo 2012
Nasce il comitato civico “No alla chiusura del tribunale”
Sciacca - L'8 marzo 2012 decine di associazioni si sono riunite presso il Pub Vittorio Emanuele per discutere circa la paventata chiusura del Tribunale di Sciacca. La partecipazione è stata sentita e forte. Moltissimi interventi hanno delineato il quadro fosco che si verrebbe a creare se il nostro Tribunale venisse chiuso: dalla perdita di un essenziale presidio di legalità per un comprensorio vasto e delicato, ai terribili disagi che comporterebbero gli spostamenti verso il Tribunale di Agrigento data la disastrata viabilità di questa parte di Sicilia, ai terribili contraccolpi economici che scaturirebbero dall’eliminazione del larghissimo indotto che ruota attorno al Tribunale.
Le associazioni e i sindacati presenti hanno quindi deciso di costituire il Comitato Civico NO ALLA CHIUSURA DEL TRIBUNALE, che affiancherà e sarà sinergico al già esistente Comitato Istituzionale che in questi mesi sta effettuando una strenua lotta per la salvaguardia di questo essenziale presidio di legalità.
E’ emersa da parte di tutti la necessità di lanciare un segnale forte di partecipazione popolare per dare supporto alla lotta per la salvaguardia del nostro comprensorio, quindi il Comitato indirà una manifestazione per sabato 17 marzo 2012 ore 10.00 che coinvolgerà i Cittadini, Le Associazioni, i Sindacati, i Movimenti e le Istituzioni di tutto il territorio per ribadire con forza che il Tribunale di Sciacca non va assolutamente chiuso.
Le associazioni e i sindacati presenti hanno quindi deciso di costituire il Comitato Civico NO ALLA CHIUSURA DEL TRIBUNALE, che affiancherà e sarà sinergico al già esistente Comitato Istituzionale che in questi mesi sta effettuando una strenua lotta per la salvaguardia di questo essenziale presidio di legalità.
E’ emersa da parte di tutti la necessità di lanciare un segnale forte di partecipazione popolare per dare supporto alla lotta per la salvaguardia del nostro comprensorio, quindi il Comitato indirà una manifestazione per sabato 17 marzo 2012 ore 10.00 che coinvolgerà i Cittadini, Le Associazioni, i Sindacati, i Movimenti e le Istituzioni di tutto il territorio per ribadire con forza che il Tribunale di Sciacca non va assolutamente chiuso.
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