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lunedì 27 settembre 2010

Scarcerato Michele Aiello, l'imprenditore-amico di Bernardo Provenzano


Una notizia che sa di beffa! L’imprenditore Michele Aiello, ex titolare della clinica Santa Teresa di Bagheria e condannato a 15 anni e mezzo per mafia, esce dal carcere.
Il Tribunale del Riesame di Palermo ha infatti accolto la richiesta avanzata dai legali di Aiello, i quali ritengono che le sue condizioni di salute siano incompatibili con il regime carcerario.

L’ex manager è già libero da 1 mese, infatti ha lasciato il carcere di Opera dove scontava la sua detenzione e per lui ci sarà solo l’obbligo di firma tre volte a settimana presso il commissariato più il divieto di lasciare l’Italia.

In attesa della sentenza della Cassazione, sono così tutti liberi i protagonisti dell’inchiesta giudiziaria che aveva fatto luce su una rete di personaggi volta a passare informazioni, in merito ad indagini in corso, a boss mafiosi.
Tra essi ricordiamo i nomi di Salvatore Cuffaro, ex presidente della regione Sicilia ed oggi senatore, Giorgio Riolo dei Ros e Giuseppe Ciuro ex maresciallo della Dia.

Unica nota positiva è il fatto che lo Stato gli ha confiscato beni per 800 milioni di euro.
Il provvedimento, nato dagli accertamenti patrimoniali del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo, riguarda il polo oncologico di eccellenza ”Villa Santa Teresa”, a Bagheria (Pa); otto imprese edili: la Costruzioni s.r.l., la Edilcontrol s.r.l., la A.t.i. (Alte Tecnologie Ingegneristiche) group s.r.l., la S.el.da s.r.l., l’E.m.a.r s.r.l., la Edil costruzioni s.r.l., la Tuttedil s.r.l. e la Edil maf s.n.c. di Aiello Francesca & c.. Confiscate inoltre sei imprese del settore sanitario – la Radiosystems protection s.r.l.; la Villa Santa Teresa – diagnostica per immagini e radioterapia s.r.l.; l’Italsystems s.r.l.; il Centro di medicina nucleare S. Gaetano s.r.l.; l’A.t.m. (alte tecnologie medicali) s.r.l e Villa Santa Teresa group s.p.a.-; la societa’ che gestisce la squadra di calcio di Bagheria (Pa); la ”Servizi & Sistemi s.r.l.”, operante nel settore informatico; due stabilimenti industriali di circa 6.000 metri quadrati; un impianto di calcestruzzi; quattro edifici adibiti ad uffici; 14 appartamenti a Bagheria e tre ville ad Aspra, Santa Flavia e Ficarazzi (Pa).

E ancora il provvedimento riguarda 22 magazzini; 22 terreni edificabili, 24 auto; 22 veicoli industriali; 2 imbarcazioni da diporto; 145 “rapporti bancari”, cioè denaro contante, per 250 milioni di euro in contanti e due polizze vita.

giovedì 23 settembre 2010

Le 14 lettere di Matteo Messina Denaro


C’è un politico che Bernardo Provenzano ha “messo a disposizione” di Matteo Messina Denaro. C’è un prete che continua a mandare saluti a Matteo Messina Denaro e gli scrive: “Se hai bisogno della benedizione di Gesù Cristo sai dove e come trovarmi”. C’è un imprenditore che è pronto a intestarsi alcune quote di una società per fare grandi affari in provincia di Trapani. C’è un “amico”, che era devoto a Francesco Messina Denaro, e adesso è al servizio del figlio. C’è un tipografo che ha appena stampato un nuovo documento al nuovo leader carismatico di Cosa nostra, il trapanese Matteo Messina Denaro.

Ci sono cinque, e chissà quanti altri, insospettabili che da 16 anni proteggono la latitanza dell’ultimo depositario dei segreti di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Quei cinque sono citati, con grande rispetto, da Messina Denaro nelle sue lettere: senza nomi, naturalmente, ma con diversi particolari che dicono della immutata capacità di infiltrazione di Cosa nostra nella società legale (o presunta tale).
Bisogna leggerle con attenzione le lettere di Matteo Messina Denaro: quelle che sono state sequestrate nel corso degli ultimi anni sono 14.
- Sette, ritrovate dalla polizia nel covo di Bernardo Provenzano, a Corleone, l’11 aprile 2006.
- Due, sequestrate nel covo di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, a Giardinello, durante il blitz fatto dalla squadra mobile di Palermo il 5 novembre 2007.
- Cinque lettere sono state invece consegnate al Sisde, il servizio segreto civile, dall’ex sindaco di Castelvetrano, Antonino Vaccarino, pure lui in contatto epistolare col latitante, fra il 2004 e il 2005.

Eccole, di seguito, le 14 lettere scritte da Matteo Messina Denaro. Leggerle è importante per capire cosa è diventata oggi Cosa nostra. Il padrino che ha voluto le stragi di Firenze, Roma e Milano sostiene di essere investito di una “causa”: “Se io fossi nato due secoli fa, con lo stesso vissuto di oggi già gli avrei fatto una rivoluzione a questo stato italiano e l’avrei anche vinta”. Però, poi, le parole che seguono non sono proprio da Che Guevara: “In Italia da circa 15 anni c’è stato un golpe bianco tinto di rosso attuato da alcuni magistrati con pezzi della politica ed ancora oggi si vive su quest’onda”. Questa l’ho già sentita, e ho lo sensazione di sapere anche dove.

Le lettere di Messina Denaro, alias Alessio, a Bernardo Provenzano
1-10-2003
1-2-2004
25-5-2004
30-9-2004
6-2-2005
30-9-2005
21-1-2006

I due capimafia discutono soprattutto di una questione economica che vedeva contrapposti i clan di Trapani (legati a Messina Denaro) e quelli di Agrigento (legati la latitante Giuseppe Falsone). Le lettere fanno riferimento alla figura di un insospettabile imprenditore del settore della grande distribuzione, Giuseppe Grigoli. Per chi vuole approfondire l’argomento, ecco la memoria depositata dalla Procura di Palermo al tribunale che si è trovato a dover giudicare la posizione di Grigoli:
Memoria della Procura

Le lettere di Alessio a Vaccarino, alias Svetonio
1-10-2004
1-2-2005
22-5-2005
30-9-2005
28-6-2006

Le lettere di Alessio a
Salvatore Lo Piccolo
Sandro Lo Piccolo


Fonte: I pezzi mancanti

martedì 17 agosto 2010

Corleone inaugura la Bottega e il Laboratorio della Legalità

A Corleone l'ultimo bene confiscato alla mafia da oggi è a disposizione della collettività. Nel centro storico di Corleone nel Cortile Colletti in un immobile di due piani confiscati alla famiglia Provenzano, è stata inaugurata la Bottega della Legalità, dove saranno venduti i prodotti delle cooperative che lavorano nei terreni confiscati alla mafia e il Laboratorio della Legalità, dove si potranno vedere circa cinquanta opere pittoriche del maestro partinicese Gaetano Porcasi, che raccontano visivamente 100 anni di storia della mafia e dell'antimafia. Il Laboratorio è un'associazione di associazioni voluta dal Comune di Corleone.

La struttura è stata inaugurata alla presenza dei ministri dell'interno e della Giustizia Maroni, del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Letta e tra gli altri del capo della polizia, Manganelli, dei comandanti dei Carabinieri e della GDF, Gallitelli e Di Paolo. Presenti anche i sindaci del Consorzio Sviluppo e Legalità e per l'occasione è venuto anche Don Luigi Ciotti Presidente onorario di Libera.
Il Sindaco di Corleone Antonino Iannazzo ha detto che da oggi la casa di Provenzano è tornata allo Stato e ai corleonesi. Ha parlato anche del fatto che questa terra ha fatto passi avanti e che "non abbiamo paura di stare in questo immobile con voi e di restarci".

Il Ministro Maroni ha parlato dei risultati del Governo nel contrasto alle mafie e in particolare dell'importanza dell'Agenzia dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Ha ringraziato le forze dell'ordine e la magistratura per il lavoro svolto quotidianamente ma anche i sindaci che sono in prima fila. Parlando della giornata ha detto che "oggi è un momento commovente ed emozionante, un atto simbolico molto importante che evidenzia lo sforzo fatto per sequestrare i beni ai mafiosi e metterli a disposizione della comunità". A concluso dicendo che Corleone era il simbolo della mafia e oggi è il simbolo dell'antimafia.

Dopo la visita degli ospiti, la struttura è stata aperta al pubblico e l'immobile è stato riempito dai volontari del progetto Liberarci dalle Spine, che lavorano nei terreni confiscati. In modo festoso e cantando i "cento passi" per riappropriarsi di quel bene che per alcune ore è stato blindato per accogliere i rappresentanti dello Stato italiano.

martedì 27 luglio 2010

PENTITO: MESSINA DENARO ALLO STADIO PER PALERMO-SAMP

Il boss latitante Matteo Messina Denaro avrebbe assistito il 9 maggio scorso, sugli spalti dello stadio Renzo Barbera, all'incontro di calcio tra il Palermo e la Sampdoria, decisivo per l'accesso alla Champions League. La presenza dell'erede di Riina e Provenzano, con tanto di maglia rosa nero, era legata a un summit di mafia che si sarebbe svolto proprio quel giorno per pianificare le strategie di Cosa Nostra.

A raccontare il retroscena che ha dell'incredibile ai carabinieri del Ros, secondo quanto riporta oggi il quotidiano La Repubblica, sarebbe stata la stessa fonte che ha lanciato l'allarme circa il pericolo di nuovi attentati alla squadra mobile e al palazzo di giustizia di Palermo. Le indicazioni raccolte in carcere dai carabinieri sono adesso al vaglio dei magistrati della direzione distrettuale antimafia Marcello Viola, Lia Sava e Francesco Del Bene, nonché del procuratore aggiunto Antonio Ingroia, che dovranno valutare l'attendibilità della fonte e cercare riscontri al suo racconto.

Secondo questa ricostruzione Messina Denaro era contrario al ritorno alla strategia delle bombe. Ma i boss palermitani insistevano, e del nuovo corso mafioso si sarebbe dovuto discutere in un'altra riunione. Ai "no" di Messina Denaro, i fautori della linea dura avrebbero risposto rilanciando: "Dovremmo fare due attentati in ogni provincia".

fonte: ansa.it

lunedì 5 luglio 2010

Grigoli: le trame tra mafia e politica

'Francesco Regina (di Alcamo, poi eletto deputato all'Ars nelle file dell'Udc. ndr) alle elezioni regionali del 2006 venne nel mio ufficio e chiese voti'.

Lo ha detto oggi Giuseppe Grigoli (gestore del marchio Despar per Palermo, Trapani ed Agrigento e per questo soprannominato il “re dei supermercati), imputato di associazione mafiosa, assieme al superlatitante Matteo Messina Denaro (di cui sarebbe il braccio destro economico-finanziario) dinanzi ai giudici del tribunale di Marsala. «Regina venne a trovarmi in compagnia di un fratello di Totò Cuffaro», ha aggiunto Grigoli, che non ha saputo indicare il nome del congiunto dell'ex governatore. «Era un tipo chinotto (tarchiato ndr)».
Grigoli ha riferito al collegio giudicante di aver risposto a Regina e al fratello del presidente Cuffaro di essersi già «impegnato a sostenere la candidatura di Vincenzo Lo Re». Parlando sempre di rapporti con esponenti politici l'imputato ha detto di aver incontrato una volta a Palermo il governatore Cuffaro e di aver ricevuto da questi la proposta «di inserire nel mio gruppo (commerciale, ndr) prodotti vinicoli della sua famiglia».

L’ex deputato regionale Francesco Regina venne eletto nel 2006 all’Ars con la lista ‘Aquilone’ del governatore Cuffaro. Nel settembre del 2008, non rieletto, fu chiamato dall’assessore Pippo Gianni a ricoprire l’incarico di capo della segretaria tecnica dell’assessorato regionale all’Industria. Sempre nel 2008 è stato nominato – incarico che mantiene tutt’oggi – assessore al Territorio della Provincia regionale di Trapani. A nominarlo fu il presidente Mimmo Turano, pure lui ex deputato regionale dell’Udc.

martedì 22 giugno 2010

Figlio mio, ti spiego Cosa Nostra



In un film indipendente i familiari delle vittime raccontano chi erano le persone uccise per il loro impegno contro la mafia. Diretto da Ruggero Gabbai, il lungometraggio è stato realizzato per la Fondazione Progetto Legalità in memoria di Paolo Borsellino e di tutte le altre vittime della criminalità organizzata. La narrazione di Io ricordo (questo il titolo) prende il via dal 23 maggio del 2002, decimo anniversario della morte di Giovanni Falcone con un padre, (Gianfranco Jannuzzo) che spiega al figlio che quel giorno compie 10 anni, chi era il giudice antimafia. Il film (prodotto da Indiana production) è stato realizzato anche con il sostegno economico dei cittadini che condividono i progetti della Fondazione ed è stato proiettato all'Onu a New York in occasione del decennale della Convenzione di Palermo e dei Protocolli aggiuntivi sulla lotta al crimine organizzato del 2000.

Il Ministero dei Beni Culturali ha assegnato a "Io Ricordo" un riconoscimento come «Progetto speciale».

giovedì 3 giugno 2010

Un milione e mezzo a chi dà notizie sul boss Messina Denaro


Gli 007 offrono un milione e mezzo a chi dà notizie sul boss. Ma i magistrati puntano sulla rete che consente al padrino affari milionari e una latitanza sicura.

ll nome di Matteo Messina Denaro crea aggregazione nel trapanese. Compatta politici, mafiosi e imprenditori che si stringono attorno a questo boss di 48 anni. Lo proteggono in latitanza creando una barriera difficile da violare. Le forze dell'ordine lo ricercano dal 2 giugno 1993 perché accusato delle stragi di Roma e Firenze ma anche di centinaia di omicidi commessi fra gli anni Ottanta e Novanta in Sicilia. Oggi, in base alle inchieste che lo hanno coinvolto, si può dire con certezza che Messina Denaro è a capo di una delle più grosse holding europee: imprese e aziende che fatturano complessivamente centinaia di miliardi di euro e che sono intestate a prestanome, magari incensurati.
Ma i ricavi finiscono in tasca allo stragista che si è trasformato in uomo d'affari con la passione per la letteratura e la filosofia. Soldi che servono a creare anche consenso sociale, offrendo posti di lavoro in un territorio in cui la disoccupazione la fa da padrona.

In Cosa nostra è uno degli ultimi padrini di una certa caratura mafiosa rimasto ancora in libertà, un nome pesante che potrebbe sedere al vertice dell'organizzazione criminale e per questo sulla sua cattura si sono concentrati negli ultimi anni gli sforzi della magistratura e delle forze dell'ordine.
Quello che "L'espresso" può rivelare è che sulla testa del latitante il governo ha messo una taglia: una grossa ricompensa per chi lo farà arrestare. A svelarlo è un imprenditore siciliano di cui vogliamo tenere nascosta l'identità, il quale afferma di avere ricevuto nelle scorse settimane la visita di uomini dei servizi segreti che gli hanno offerto un milione e mezzo di euro in cambio di informazioni che possano portare alla cattura di Matteo Messina Denaro. Questo imprenditore che ha accettato di raccontare il retroscena coperto dal segreto di Stato (e di cui "L'espresso" ha trovato conferme da fonti qualificate) in passato è finito in manette perché ritenuto uno dei favoreggiatori del boss trapanese, oltre che un suo prestanome, ma adesso che ha scontato la pena ed è tornato libero, sostiene di non avere più alcun contatto con il ricercato. Di non poter essere d'aiuto.

Gli 007 hanno portato in giro un milione e mezzo in banconote dentro una valigetta e avrebbero bussato anche ad altre porte fra il Trapanese e l'Agrigentino, quasi tutte ad abitazioni di uomini che in qualche modo sono riconducibili alla rete di fiancheggiatori.