Elezioni Regionali Sicilia 2012: Collegio Agrigento Candidati ARS, Partiti, Liste.
In 122 in provincia di Agrigento in corsa per 7 posti all'Assemblea Regionale Siciliana. Nell'Agrigentino
sono 18 i simboli che saranno stampati sulla scheda elettorale.
Come
già previsto tutti gli otto uscenti ci ritentano: Nino Bosco (Pdl),
Michele Cimino (Grande Sud), Giacomo Di Benedetto, Vincenzo Marinello e
Giovanni Panepinto (nella lista del Pd), Roberto Di Mauro (Partito dei
siciliani - Mpa), Luigi Gentile (Fli) e Salvatore Cascio (Cantiere
Popolare).
Numerosi gli amministratori in campo. Tra questi il
sindaco di Porto Empedoce, Lillo Firetto, che come da previsione guiderà
la lista dell'Udc. Il Pdl affianca all'uscente Bosco alcuni big come il
deputato nazionale Vincenzo Fontana, l'europarlamentare Salvatore
Iacolino ma anche (questo quasi a sorpresa) l'ex deputato regionale
canicattinese, Giancarlo Granata.
Altro deputato nazionale in campo il pidiellino Giuseppe Pippo Scalia, candidato nella lista di Nello Musumeci presidente.
In
corsa anche la moglie del presidente della provincia Eugenio D'Orsi,
Patrizia Marino (dirigente scolastico), che si candida nella lista del
Partito dei Siciliani.
Oltre a Granata ci sono altri ex deputati
regionali che tentano il ritorno all'Ars: Maria Grazia Brandara con
Grande Sud, Lillo Miccichè con la lista di Claudio Fava Presidente (che
rimane così denominata nonostante il passo indietro di Fava) ma anche
Decio Terrana con Cantiere Popolare.
Non mancano i consiglieri
provinciali in corsa: Carmelo Avarello (Fava presidente), Calogero
Martello (ex Mpa ma candidato nella lista Crocetta presidente) e
Francesco La Porta (Fli).
Ci sono anche alcuni ex sindaci come il
saccense Mario Turturici (Grande Sud) e il favarese Domenico Russello
(Italiani liberi e forti). Più gli ex vicesindaco che hanno presentato
le dimissioni per l'occasione come i favaresi Giuseppe Arnone (Nello
Musumeci presidente) e Angelo Messinese (Crocetta presidente)
rispettivamente ex amministratori di Licata e Favara.
Si era dimesso
anche Mariano Ragusa da assessore provinciale, correrà nella lista di
Fli. Nell'Udc, invece, l'ex assessore provinciale Gaetano Cani.
Nella
lista di Italia dei Valori si candida l'ex consigliere comunale di
Agrgiento Nello Hamel affiancato anche da Giampiero Carta, candidato
sindaco alle elezioni comunali del capoluogo. In campo anche l'ex
pidiellino Giovanni Barbera che oggi corre con Grande Sud.
Escluso
dalla competizione elettorale invece l'ambientalista Giuseppe Arnone,
nonostante fino a poche ore prima affermasse di essere candidato nella
lista di Rosario Crocetta presidente.
Intanto sono due gli
agrigentini inseriti nei listini dei candidati alla presidenza. Il nome
di Nino Bosco compare settimo in quello di Nello Musumeci mentre Lillo
Firetto è stato inserito secondo nel listino di Rosario Crocetta. In
caso di elezione del loro presidente potrebbero far scorrere un posto
nella loro lista provinciale. La battaglia per un seggio all'Ars è
appena iniziata.
Menfi [Agrigento - Sicilia]. Vista l'estrema facilità con la quale è possibile pubblicare contenuti attraverso un blog, ho deciso di disporre di questo potente mezzo di comunicazione per interfacciarmi con tutti i cittadini. Grazie a questa piattaforma web farò conoscere le mie idee, le mie prospettive politiche e mi confronterò, in maniera costruttiva, con tutti gli elettori del Comune di Menfi.
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domenica 30 settembre 2012
sabato 25 febbraio 2012
E dopo Monti, che succederà?
Un tema di riflessione ovvero di valutazione sembra assorbire l'attenzione di osservatori e commentatori politici. Si dà, infatti, per conclamato lo sgretolamento dell'attuale sistema politico-elettorale che, dopo le elezioni del 2008 e le successive migrazioni in andata e ritorno, si articola attorno al Polo di centrodestra, oltre la Lega, al polo di centrosinistra del Pd e l'Idv, e del cosiddetto Terzo polo.
Ad intervenire in termini di destrutturazione, come noto, è stata la formazione del governo tecnico di Mario Monti che ha obbligato le forze politiche di tutti gli schieramenti ad assumersi, anche malvolentieri, la responsabilità di sostenere le iniziative 'eccezionali' ma anche quelle incisive e di modificazione riformatrice - qualcuno ha parlato di un vero e proprio abbrivio di "riformismo" - che il governo di emergenza nazionale ha assunto e continuerà ad assumere.
Le forze politiche, innanzi alla oggettiva novità, reagiscono come sanno e come possono.
Berlusconi, dopo l'imbarazzo ed il silenzio iniziali, è arrivato, come nel suo stile, ad attribuire a se stesso il merito della nomina di Monti, quasi a tentare di mettere il cappello, come si dice. Noncurante, tuttavia, della contraddizione di dire, contestualmente, che il rapporto politico con la Lega continua e continuerà; così da essere smentito subito dal Calderoli, preposto alla difesa della integrità leghista.
Il Pd con Bersani ha opportunamente spiegato di non ritenere il governo Monti un governo amico - di sinistra o di centrosinistra - ma neppure un governo avversario di destra o di centrodestra; certamente un governo diverso rispetto al quale intrattenere dialogo e confronto nel merito dei provvedimenti specifici.
Per il terzo polo, in particolare l'Udc con Casini continua a sostenere la validità e le capacità del governo tecnico e a fare le fuse a Monti o a Passera ovvero ad altri componenti dello stesso in vista di futuri aggiustamenti e preposizioni. Chi, da non politico dichiarato tuttavia capace di dare risposte politiche e rispettose dei vincoli istituzionali, ha saputo usare parole di verità, ancora una volta, è stato Mario Monti. Ci ha ricordato che, al massimo fra un anno (primavera 2013), il governo dovrà cessare le funzioni in quanto si concluderà la Legislatura ed in un sistema democratico, seppur in un momento epocale e di difficoltà, si ricorre fisiologicamente alle urne per il rinnovo del Parlamento. Il nodo è tutto qui e non è da poco.
Come gli attuali schieramenti politici affronteranno l'appuntamento democratico? Il Pdl riuscirà a sopravvivere alla propria originaria formazione carismatica, strettamente collegata al leader unico ed indiscusso? I segnali di sfilacciamenti palesi ma anche sotterranei sono tanti: si pensi al delfino siciliano Miccichè che ha ripreso le sembianze di leader di un partito meridionalista e neoautonomista tanto da essere ripreso dalla tentazione di dialogo con Lombardo e Mpa. Per non dire dei colonnelli dell'ex An che sembrano volere dimostrare in ogni dichiarazione pubblica il loro ruolo imprescindibile, alla ricerca di una identità perduta. Dai sondaggi recenti, il primo partito italiano sarebbe il Pd che dovrà affrontare la temperie del rafforzamento della propria identità riformista e democratica per qualificare la progettualità governativa ma anche di dialogo e di confronto, soprattutto con la società reale, così da evitare la tentazione tipica del politichese di anteporre le scelte di alleanze all'elaborazione di progetti di governo definiti in sintonia con la società vera e i problemi che dalla stessa sono percepiti.
Il terzo polo che, legittimamente, aspira ad essere il primo fra i poli possibili, sembra preso dalla frenesia delle mani libere, che corrisponde specularmente alla logica delle alleanze a prescindere dai programmi. C'è un ulteriore scenario capace di complicare, se possibile, lo scenario: le prossime elezioni amministrative che, in questo clima di fibrillazioni, finiscono con l'assumere ancora di più valenza politica. Il Pdl senza l'alleanza con la Lega al Nord rischia un impatto disgregatore mentre la Lega attende il momento propizio, a fronte delle evidenti ed inevitabili spaccature interne, per qualificarsi quale partito capace di ergersi a tutela del territorio settentrionale e così superare il Pdl.
In Sicilia si assiste ad una confusa proposizione in campo delle forze politiche. Non basta dire che le elezioni per il sindaco di Palermo hanno una valenza amministrativa. Si tratta invero della stessa città capoluogo di una Regione che affronta, con tante contraddizioni e vistosi limiti, una esperienza di governo mossa dall'intento di spezzare la primazia del centrodestra (quello del 61 a zero) chiamando a raccolta attorno ad alcuni specifici temi riformatori le forze politiche risultate all'opposizione. È emblematico al riguardo che il terzo polo, in Sicilia, sia spezzato in più fronti e posizioni: il Fli governativo, l'Udc fuori dal governo: tattica? Sembra riesplodere il posizionamento di schieramenti piuttosto che la valutazione progettuale. Il Pd a Palermo ricorre alle primarie mettendo in campo posizioni diverse; alcune di esse sembrano piuttosto riprendere vistosamente posizioni che sono antecedenti al governo Monti e mirano a fotografare un momento diverso rispetto all'attuale. Non è, occorre rimarcare, lo stesso processo di Genova dove alla primarie non è prevalsa, giustamente, la proposta interna del Pd, incapace di sintonia con la società reale ed abbarbicato sugli equilibri interni, ed ha trionfato la voce della novità e della sintonia dinamica con la società. A Palermo non sembra registrarsi una novità in sintonia con la società reale non solo nel centrosinistra ma anche nei restanti schieramenti 'grandi': il terzo polo punta ad un candidato di qualità ma accreditato nell'opinione pubblica quale componente dell'area di Cascio che dovrebbe essere il 'vero' candidato del Pdl. Tattica anche questa?
Probabilmente, si tratta di prendere atto che la confusione è alta e la si affronta con gli strumenti di sempre del tatticismo e della forza dei numeri dei singoli componenti, in parallelo con la conta delle tessere e di quel che ne deriva. La società reale sembra assistere sgomenta o distratta.
Ad intervenire in termini di destrutturazione, come noto, è stata la formazione del governo tecnico di Mario Monti che ha obbligato le forze politiche di tutti gli schieramenti ad assumersi, anche malvolentieri, la responsabilità di sostenere le iniziative 'eccezionali' ma anche quelle incisive e di modificazione riformatrice - qualcuno ha parlato di un vero e proprio abbrivio di "riformismo" - che il governo di emergenza nazionale ha assunto e continuerà ad assumere.
Le forze politiche, innanzi alla oggettiva novità, reagiscono come sanno e come possono.
Berlusconi, dopo l'imbarazzo ed il silenzio iniziali, è arrivato, come nel suo stile, ad attribuire a se stesso il merito della nomina di Monti, quasi a tentare di mettere il cappello, come si dice. Noncurante, tuttavia, della contraddizione di dire, contestualmente, che il rapporto politico con la Lega continua e continuerà; così da essere smentito subito dal Calderoli, preposto alla difesa della integrità leghista.
Il Pd con Bersani ha opportunamente spiegato di non ritenere il governo Monti un governo amico - di sinistra o di centrosinistra - ma neppure un governo avversario di destra o di centrodestra; certamente un governo diverso rispetto al quale intrattenere dialogo e confronto nel merito dei provvedimenti specifici.
Per il terzo polo, in particolare l'Udc con Casini continua a sostenere la validità e le capacità del governo tecnico e a fare le fuse a Monti o a Passera ovvero ad altri componenti dello stesso in vista di futuri aggiustamenti e preposizioni. Chi, da non politico dichiarato tuttavia capace di dare risposte politiche e rispettose dei vincoli istituzionali, ha saputo usare parole di verità, ancora una volta, è stato Mario Monti. Ci ha ricordato che, al massimo fra un anno (primavera 2013), il governo dovrà cessare le funzioni in quanto si concluderà la Legislatura ed in un sistema democratico, seppur in un momento epocale e di difficoltà, si ricorre fisiologicamente alle urne per il rinnovo del Parlamento. Il nodo è tutto qui e non è da poco.
Come gli attuali schieramenti politici affronteranno l'appuntamento democratico? Il Pdl riuscirà a sopravvivere alla propria originaria formazione carismatica, strettamente collegata al leader unico ed indiscusso? I segnali di sfilacciamenti palesi ma anche sotterranei sono tanti: si pensi al delfino siciliano Miccichè che ha ripreso le sembianze di leader di un partito meridionalista e neoautonomista tanto da essere ripreso dalla tentazione di dialogo con Lombardo e Mpa. Per non dire dei colonnelli dell'ex An che sembrano volere dimostrare in ogni dichiarazione pubblica il loro ruolo imprescindibile, alla ricerca di una identità perduta. Dai sondaggi recenti, il primo partito italiano sarebbe il Pd che dovrà affrontare la temperie del rafforzamento della propria identità riformista e democratica per qualificare la progettualità governativa ma anche di dialogo e di confronto, soprattutto con la società reale, così da evitare la tentazione tipica del politichese di anteporre le scelte di alleanze all'elaborazione di progetti di governo definiti in sintonia con la società vera e i problemi che dalla stessa sono percepiti.
Il terzo polo che, legittimamente, aspira ad essere il primo fra i poli possibili, sembra preso dalla frenesia delle mani libere, che corrisponde specularmente alla logica delle alleanze a prescindere dai programmi. C'è un ulteriore scenario capace di complicare, se possibile, lo scenario: le prossime elezioni amministrative che, in questo clima di fibrillazioni, finiscono con l'assumere ancora di più valenza politica. Il Pdl senza l'alleanza con la Lega al Nord rischia un impatto disgregatore mentre la Lega attende il momento propizio, a fronte delle evidenti ed inevitabili spaccature interne, per qualificarsi quale partito capace di ergersi a tutela del territorio settentrionale e così superare il Pdl.
In Sicilia si assiste ad una confusa proposizione in campo delle forze politiche. Non basta dire che le elezioni per il sindaco di Palermo hanno una valenza amministrativa. Si tratta invero della stessa città capoluogo di una Regione che affronta, con tante contraddizioni e vistosi limiti, una esperienza di governo mossa dall'intento di spezzare la primazia del centrodestra (quello del 61 a zero) chiamando a raccolta attorno ad alcuni specifici temi riformatori le forze politiche risultate all'opposizione. È emblematico al riguardo che il terzo polo, in Sicilia, sia spezzato in più fronti e posizioni: il Fli governativo, l'Udc fuori dal governo: tattica? Sembra riesplodere il posizionamento di schieramenti piuttosto che la valutazione progettuale. Il Pd a Palermo ricorre alle primarie mettendo in campo posizioni diverse; alcune di esse sembrano piuttosto riprendere vistosamente posizioni che sono antecedenti al governo Monti e mirano a fotografare un momento diverso rispetto all'attuale. Non è, occorre rimarcare, lo stesso processo di Genova dove alla primarie non è prevalsa, giustamente, la proposta interna del Pd, incapace di sintonia con la società reale ed abbarbicato sugli equilibri interni, ed ha trionfato la voce della novità e della sintonia dinamica con la società. A Palermo non sembra registrarsi una novità in sintonia con la società reale non solo nel centrosinistra ma anche nei restanti schieramenti 'grandi': il terzo polo punta ad un candidato di qualità ma accreditato nell'opinione pubblica quale componente dell'area di Cascio che dovrebbe essere il 'vero' candidato del Pdl. Tattica anche questa?
Probabilmente, si tratta di prendere atto che la confusione è alta e la si affronta con gli strumenti di sempre del tatticismo e della forza dei numeri dei singoli componenti, in parallelo con la conta delle tessere e di quel che ne deriva. La società reale sembra assistere sgomenta o distratta.
martedì 11 ottobre 2011
Il Parlamento degli inquisiti
Un database dettagliato con tutti i nomi dei parlamentari nei 'guai' con la giustizia. Tra Montecitorio e Palazzo Madama siedono deputati e
senatori con sentenze di condanna sulle spalle, in attesa di processo
oppure rinviati a giudizio.
In totale sono 85 i parlamentari che hanno pendenze con la giustizia: 54 alla Camera e 31 al Senato. Tra questi, 29 hanno ricevuto una sentenza di condanna, 9 hanno beneficiato di una prescrizione e 5 sono stati condannati dalla Corte dei conti. Il Popolo delle libertà batte tutti, segue il Pd e la Lega.
In questa triste classifica primeggio il nostro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha ben sei processi in corso: frode fiscale (Mediaset), corruzione in atti giudiziari (Mills), frode fiscale e appropriazione indebita (Mediatrade), prostituzione minorile e concussione aggravata (Ruby), diffamazione aggravata dall’uso del mezzo televisivo, abuso d’ufficio (Trani).
In Sicilia il record. Uno su tre è indagato, sotto processo oppure è già stato condannato per reati che vanno dal peculato alla truffa, passando per associazione mafiosa e abusi d'ufficio vari. Un record, quello dell'Assemblea regionale siciliana, che vede 28 deputati su 90 nella poco onorevole lista di persone che hanno avuto o hanno ancora a che fare con la giustizia.
L'ultimo in ordine di tempo a essere finito agli arresti domiciliari è stato il deputato autonomista di Sicilia Vera, Cateno De Luca: i pm lo hanno arrestato per "tentata concussione" nella compravendita di un terreno nel suo Comune, Fiumedinisi, del quale è anche sindaco.
A precedere De Luca, il Pid Fausto Fagone, finito in carcere per concorso in associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta Iblis: la stessa inchiesta che vede indagato il presidente della Regione Raffaele Lombardo e il deputato Giovanni Cristaudo.
Ma le cronache siciliane ormai settimanalmente raccontano di politici regionali coinvolti in inchieste giudiziarie: agli arresti domiciliari è finito pure Riccardo Minardo, esponente dell'Mpa accusato di truffa ai danni dello Stato e dell'Unione europea. In manette anche Gaspare Vitrano, parlamentare del Partito democratico arrestato mentre intascava una presunta tangente per il fotovoltaico.
Tra gli scranni dell'Assemblea regionale non mancano poi i condannati con sentenza definitiva e quelli che per evitare lunghi processi hanno patteggiato la pena. In questo secondo elenco c'è a esempio il deputato e sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca, che nel suo palmares vanta una non onorevole condanna definitiva per peculato: utilizzò l'autoblu fino in Puglia per partire in crociera con la moglie.
Mentre Salvino Caputo, collega del Pdl che presiede la commissione Attività produttive, è stato condannato a due anni (pena sospesa) per abuso d'ufficio e falso ideologico in atto pubblico: secondo il Tribunale di Palermo, l'ex sindaco di Monreale nel 2004 avrebbe dispensato dal pagamento di multe automobilistiche un assessore e l'autista del vescovo.
In totale sono 85 i parlamentari che hanno pendenze con la giustizia: 54 alla Camera e 31 al Senato. Tra questi, 29 hanno ricevuto una sentenza di condanna, 9 hanno beneficiato di una prescrizione e 5 sono stati condannati dalla Corte dei conti. Il Popolo delle libertà batte tutti, segue il Pd e la Lega.
In questa triste classifica primeggio il nostro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha ben sei processi in corso: frode fiscale (Mediaset), corruzione in atti giudiziari (Mills), frode fiscale e appropriazione indebita (Mediatrade), prostituzione minorile e concussione aggravata (Ruby), diffamazione aggravata dall’uso del mezzo televisivo, abuso d’ufficio (Trani).
Nella tabella la top ten dei partiti
PARTITO | TOTALE | CAMERA | SENATO |
---|---|---|---|
PDL | 51 | 31 | 20 |
PD | 11 | 7 | 4 |
LEGA | 6 | 4 | 2 |
UDC | 5 | 4 | 1 |
RESPONSABILI | 4 | 4 | 0 |
API | 1 | 0 | 1 |
IDV | 1 | 1 | 0 |
MISTO | 6 | 3 | 3 |
In Sicilia il record. Uno su tre è indagato, sotto processo oppure è già stato condannato per reati che vanno dal peculato alla truffa, passando per associazione mafiosa e abusi d'ufficio vari. Un record, quello dell'Assemblea regionale siciliana, che vede 28 deputati su 90 nella poco onorevole lista di persone che hanno avuto o hanno ancora a che fare con la giustizia.
L'ultimo in ordine di tempo a essere finito agli arresti domiciliari è stato il deputato autonomista di Sicilia Vera, Cateno De Luca: i pm lo hanno arrestato per "tentata concussione" nella compravendita di un terreno nel suo Comune, Fiumedinisi, del quale è anche sindaco.
A precedere De Luca, il Pid Fausto Fagone, finito in carcere per concorso in associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta Iblis: la stessa inchiesta che vede indagato il presidente della Regione Raffaele Lombardo e il deputato Giovanni Cristaudo.
Ma le cronache siciliane ormai settimanalmente raccontano di politici regionali coinvolti in inchieste giudiziarie: agli arresti domiciliari è finito pure Riccardo Minardo, esponente dell'Mpa accusato di truffa ai danni dello Stato e dell'Unione europea. In manette anche Gaspare Vitrano, parlamentare del Partito democratico arrestato mentre intascava una presunta tangente per il fotovoltaico.
Tra gli scranni dell'Assemblea regionale non mancano poi i condannati con sentenza definitiva e quelli che per evitare lunghi processi hanno patteggiato la pena. In questo secondo elenco c'è a esempio il deputato e sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca, che nel suo palmares vanta una non onorevole condanna definitiva per peculato: utilizzò l'autoblu fino in Puglia per partire in crociera con la moglie.
Mentre Salvino Caputo, collega del Pdl che presiede la commissione Attività produttive, è stato condannato a due anni (pena sospesa) per abuso d'ufficio e falso ideologico in atto pubblico: secondo il Tribunale di Palermo, l'ex sindaco di Monreale nel 2004 avrebbe dispensato dal pagamento di multe automobilistiche un assessore e l'autista del vescovo.
Fonte: inchieste.repubblica.it/
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