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lunedì 2 luglio 2012

Pubblica Amministrazione: "software libero e cloud per ridurre i costi digitali"

Flavia Marzano
L'adozione del Software libero, acquisti centralizzati di un unico programma valido per tutte le realtà, database condivisi sul 'cloud' e anche i server sulla nuvola. Sono poche, semplici, ricette tecnologiche che potrebbero servire a ridurre il 'digital divide' della pubblica amministrazione e a risparmiare in tempi di spending review. E che potrebbero magari trovare spazio nell'Agenda Digitale del nostro Paese, dove qualcosa si sta muovendo. Agli ultimi esami di maturità, solo per fare un esempio recente, le tracce dei temi sono state inviate per via telematica con un risparmio di 240 mila euro, certificato dal ministro dell'Istruzione Francesco Profumo.

"L'adozione del Software libero da parte della pubblica amministrazione e il riuso, porterebbero grandi vantaggi e risparmi anche se non immediati. Ma se non si inizia non succede mai", spiega all'ANSA Flavia Marzano, docente di tecnologia per l'amministrazione digitale all'Università La Sapienza di Roma e presidente degli Stati Generali dell'Innovazione.

"Si potrebbero ipotizzare acquisti centralizzati di un solo programma - aggiunge -. La carta d'identità, ad esempio, si fa nello stesso modo da Belluno a Catania, c'é davvero bisogno di decine di software diversi?
Basta che il ministero dell'Interno ne compri uno e ne permetta l'uso a tutti Comuni, magari online, sul 'cloud'. E' questo è solo un esempio. Se le Regioni gestissero i server della pubblica amministrazione, magari sempre sulla nuvola - sottolinea Flavia Marzano - ci sarebbe un risparmio in hardware, software, manutenzione e si guadagnerebbe in sicurezza". Nello specifico, il software libero è un programma pubblicato con una licenza - quindi non si può usare in maniera indiscriminata - che però permette modifiche e redistribuzione. Mentre la 'cloud' o 'nuvola' è la possibilità - già sfruttata da privati e aziende - di poter archiviare dati sul web. All'estero, le realtà che stanno migrando progressivamente tutte le proprie infrastrutture tecnologiche su software open source, ci sono e sono più sostenibili.

Il comune di Monaco di Baviera, ad esempio, ha totalizzato un risparmio di 900 milioni annui anche grazie all'utilizzo di LibreOffice o OpenOffice (esempi di software libero per uffici) e il primo cittadino Christian Ude ha spiegato che bisogna "rimanere aderenti all'uso di standard aperti". Altro esempio virtuoso è quello dell'amministrazione della Extremadura, regione autonoma della Spagna, che ha scelto l'open source per il proprio sistema amministrativo. Entro la fine dell'anno 40mila desktop di uffici faranno lo 'switch' ad un sistema operativo basato su Debian (una tipologia di software libero).

Il piano - partito dal Governo e a cascata interesserà tutti gli uffici pubblici - è una delle più grandi riconversioni europee all'open source. "In Italia ci sono già esempi di risparmio in questo senso nella pubblica amministrazione locale: 160 mila euro all'anno per il Comune di Bologna, 800 mila euro annui per il Comune di Modena", spiega Flavia Marzano che aggiunge: "Ai sensi del Codice dell'Amministrazione Digitale, le PA dovrebbero fare riuso di software ma quasi nessuna lo fa anche perché, pur volendo adottare soluzioni open dove trova il software?". "Servirebbe dunque un 'repository' - conclude - per cui chi ha soluzioni 'open' le pubblica e le rende scaricabili. A sua volta chi cerca un programma aperto può scaricarlo e magari trova allegata anche un po' di consulenza".

Fonte: ansa.it

sabato 19 novembre 2011

Pubblica amministrazione e imprese: dal 2013 scambio di informazioni e documenti solo con strumenti informatici

È quanto previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, datato 22 luglio 2011 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 novembre 2011, n. 267, con il quale viene data attuazione all’art. 5-bis del D.Lgs. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale).

Le amministrazioni centrali dovranno provvedere alla completa informatizzazione delle comunicazioni entro il 30 giugno 2013, poiché a decorrere dal 1° luglio 2013, la presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a fini statistici, tra le imprese e le amministrazioni pubbliche dovranno essere effettuate esclusivamente in via telematica. Tutte le comunicazioni potranno essere effettuate anche tramite la posta elettronica certificata.

Le pubbliche amministrazioni centrali, a tal fine, dovranno definire un programma di informatizzazione delle comunicazioni con le imprese fissando obiettivi intermedi quantitativamente omogenei a cadenza almeno semestrale. A ogni scadenza, verrà pubblicato sui siti istituzionali di ciascuna amministrazione l’elenco dei procedimenti amministrativi relativamente ai quali le comunicazioni sono svolte esclusivamente in via telematica, con l’indicazione della data di decorrenza, comunque non superiore a sessanta giorni. I programmi sono, poi, comunicati a DigitPA per la verifica dell’attuazione di quanto previsto dall’articolo 5-bis, comma 3, del Codice dell’amministrazione digitale e dal D.P.C.M. 22 luglio 2011. A decorrere dal 1° luglio 2013, inoltre, le pubbliche amministrazioni non possono accettare o effettuare in forma cartacea le predette comunicazioni e nelle ipotesi in cui non sia prevista una diversa modalità di comunicazione telematica, le comunicazioni devono avvenire mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata.

L’obbligo di utilizzare esclusivamente le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, si estende anche alla documentazione allegata alle medesime istanze e dichiarazioni.
L’inosservanza di quanto previsto costituisce ipotesi di responsabilità dirigenziale ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del D.Lgs. 165/2001; in ogni caso, l’attuazione e l’osservanza delle disposizioni suesposte rileva, ai fini della misurazione e valutazione della performance organizzativa e di quella individuale dei dirigenti.

mercoledì 17 agosto 2011

La manovra arriva in senato, solo 11 senatori presenti


Mercoledì 17 Agosto 2011. Si mostra così l'aula di palazzo Madama nel giorno in cui la manovra approda in Senato. Con appena undici (su 321) senatori presenti, così ripartiti: 4 del Pdl, 2 dell'Idv, 3 del Pd, 1 del Terzo polo, la seduta dura solamente sei minuti.

Eppure l'assemblea era stata convocata per incardinare la manovra economica da 45 miliardi di euro, un tema abbastanza delicato soprattutto in questi mesi dove non si parla più di sola recessione ma di una vera crisi economica mondiale.

Le dichiarazioni dei pochissimi parlamentari presenti: "Sono amareggiato", dice allargando le braccia Giacomo Santini del Pdl. "E' vero che si trattava di una seduta tecnica - aggiunge - ma mi aspettavo che in un momento del genere, mentre si chiedono sacrifici a tutti, la politica desse una risposta diversa. Io sono venuto da Trento, non capisco perché gli altri non siano potuti venire. In altri tempi questo non sarebbe successo. Quando vedo immagini così mi pento di essere entrato in politica", aggiunge.

Polemico anche Stefano Pedica, senatore dell'Idv secondo cui "era necessario che oggi fossimo in tanti, per dare un segnale. E credo che il presidente Schifani sarebbe dovuto essere qui a presiedere".

"Oggi c'era da approvare solo un atto formale - conclude Alberto Giorgetti, l'esponente del governo presente in aula - però forse sarebbe stato meglio vedere più senatori. Comunque ciascuno ha la sua sensibilità...".

I presenti in aula: Oltre al presidente di turno Chiti, erano in aula quattro esponenti pidiellini: Giacomo Santini, Paolo Barelli, Cinzia Bonfrisco e Raffaele Fantetti; tre del Pd, Mariangela Bastico, Lionello Cosentino e Carlo Pegorer; due dell’Idv, Stefano Pedica e Luigi Li Gotti, e una senatrice del Terzo Polo, Maria Ida Germontani.

martedì 19 ottobre 2010

La Corte dei Conti: "corruzione e dissipazione nella pubblica amministrazione"

Durante la sua cerimonia di insediamento, il presidente Luigi Giampaolino ha sottolineato da un lato la difficoltà di ridurre la pressione fiscale, dall'altro il perdurare del malaffare nella pubblica amministrazione.

Non le ha mandate a dire il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, nel corso della sua cerimonia di insediamento tenutasi a Roma di fronte al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "Fenomeni di corruzione e dissipazione", ha detto Giampaolino leggendo la sua relazione, sono ancora presenti nella pubblica amministrazione. "'Persistono e preoccupano i cittadini, ma anche le istituzioni - ha aggiunto - il cui prestigio ed affidabilità sono messi a dura prova da condotte individuali riprovevoli".

Il presidente dell'organismo di controllo della spesa pubblica ha poi puntato lo sguardo sugli effetti della crisi, che ha provocato una "perdita permanente" di risorse, rispetto alle previsioni, di 70 miliardi di euro di entrate e 130 mld di Pil. Ciò rende naturalmente ancora più necessaria una gestione attenta e oculata della finanza pubblica, ma - ha proseguito - non è facile tenere sotto controllo la spesa in momenti come l'attuale di prolungata bassa crescita economica. Esistono infatti "istanze non comprimibili di sostegno dei redditi più bassi e di garanzia delle prestazioni essenziali alla collettività" che rendono altresì difficoltoso "fissare obiettivi di riduzione della pressione fiscale aggregata".

Se dunque spendere di meno si può ma solo fino a un certo limite - pare questo il filo del ragionamento seguito dal presidente della Corte dei Conti - bisogna almeno "spendere validamente ed oculatamente così da favorire la crescita e lo sviluppo, non solo economico del Paese". La relazione di Giampaolino è stata conclusa dalla proposta di utilizzare il semestre di presidenza italiana della Ue per rafforzare il coordinamento "ex ante" delle politiche economiche, potenziando così la fase della prevenzione non solo degli illeciti puri e semplici ma anche di pratiche dannose per i bilanci degli Stati.

fonte. delleconomia.it