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mercoledì 22 febbraio 2012

Lo scandalo tesseramento porterà a delle liste civiche senza simbolo pdl?

Berlusconi corre ai ripari e convoca lo stato maggiore del Pdl per tappare le falle che si stanno aprendo nel partito. Anche a costo di far scomparire il simbolo alle amministrative di maggio, sotto le mentite spoglie delle liste civiche.

La riunione con dirigenti, coordinatori regionali e nazionali, si è tenuta l'altra sera non ad Arcore, come di consueto, ma a Lesmo, in Brianza, nella residenza di villa Gernetto, una cui ala dovrebbe diventare sede di un'università.

Là il Cavaliere ha manifestato tutta la sua irritazione per gli scandali delle tessere false e del tira e molla sui congressi che, al di là dei tentativi di minimizzare, sta mettendo a rischio gli equilibri interni. La tensione tra «falchi» e «colombe» è altissima nell'imminenza di una tornata elettorale che, secondo i sondaggi in circolazione, potrebbe provocare al Pdl una sonora sconfitta in mancanza di alleanze che al momento sono tutt'altro che consolidate.

Con la Lega, nelle città del Nord, i rapporti sono ai minimi termini e difficilmente si riuscirà a strappare un'intesa, se non nei centri minori. La speranza di molti, a cominciare da Berlusconi, è di riuscire almeno ad accorciare le distanze con l'Udc, in nome della comune appartenenza al Ppe, ma per adesso le trattative languono. Anzi, sembrano destinate a fallire per fare spazio ad altri scenari.
I vertici del Terzo polo, Fini (Fli), Casini (Udc) e Rutelli (Api) hanno discusso per circa due ore di come accelerare il progetto di varare un contenitore politico (potrebbe chiamarsi partito della nazione) in grado di attrarre i moderati di tutti i fronti. L'obiettivo è di lanciare l'operazione in coincidenza con le amministrative - Fli parte a marzo; l'Udc a maggio - nel tentativo di cominciare a sparigliare le carte (le logiche del bipolarismo) in vista delle prossime politiche. «Con Fini siamo in perfetta sintonia - ha precisato Casini - anche sul contenitore».

Ce n'è abbastanza, dunque, per tenere in allerta Pd e Pdl. Anche se in questi giorni è il partito di Berlusconi a temere il peggio, gravato com'è dal danno d'immagine causato dal tesseramento e dall'indice di gradimento popolare che i sondaggi danno in alcune regioni sceso addirittura al 10 per cento. Per questo, si sta facendo largo l'idea di congelare il simbolo in favore di liste civiche che avrebbero un doppio vantaggio: avvicinare gli elettori moderati non necessariamente in competizione con il Terzo polo (alcuni candidati potrebbero essere scelti di comune accordo, soprattutto nei centri più importanti: Palermo, Genova, Verona, L'Aquila, Lecce) ed evitare il confronto dei risultati elettorali con le precedenti elezioni.
Berlusconi ha smentito l'ipotesi: «Sono voci senza senso». Ma Formigoni ha chiarito: «Le liste civiche non devono nascere necessariamente in sostituzione del Pdl, ma per affiancarlo».
 Si tratta, però, di una soluzione tutt'altro che gradita alla componente ex-An che rischierebbe di sparire. «Chi crede che scomparirà il simbolo del Pdl si sbaglia di grosso», mette in chiaro uno dei tre coordinatori, La Russa, in linea con l'ex-ministro Matteoli: «Solamente una mente malata potrebbe concepire l'idea di rinunciare a un simbolo che ha ottenuto qualcosa come il 35-36 per cento dei consensi». Molto più possibilista è il capogruppo alla Camera, Cicchitto, che non esclude «affatto la presentazione di liste civiche, da sole o insieme con quelle del Pdl: quello che va escluso è la generalizzazione». Ma c'è anche chi, come l'ex-ministro Galan, propone la via del ritorno al passato: «Meglio una lista Forza Italia senza Pdl. Facciamo una prova e vediamo cosa succede».

mercoledì 28 dicembre 2011

Sicilia, Udc esce dalla Giunta Lombardo

Il governo regionale siciliano, guidato da Raffaele Lombardo, perde il supporto dell'Udc dopo l'annuncio delle dimissioni da parte del professore Andrea Piraino dalla carica di assessore regionale per le Politiche familiari e sociali. "L'Udc siciliano - ha deliberato all'unanimità il coordinamento regionale del partito di Casini -, ritiene conclusa la collaborazione con questo governo regionale la cui maggioranza politica appare debole e poco coesa per affrontare con efficacia le dure prove che nel 2012 il Paese e la Regione saranno chiamate ad sostenere. Vi è bisogno di una fase politica nuova per affrontare le emergenze dettate dalla crisi economica e sociale che sta scuotendo il Paese, il Sud e la Sicilia".

Dal canto suo Raffaele Lombardo ha definito "stimolante" la posizione assunta deall'Udc "perchè - ha detto il governatore - costringe ad avviare una fase nuova, di cui forse non si era colta l'importanza e l'urgenza". Carmelo Briguglio, coordinatore regionale di Fli in Sicilia, si mostra invece ottimista e non dichiara affatto conclusa l'alleanza con l'MpA.

L'Udc siciliano ha mollato il governo Lombardo perchè vuole sostituire gli assessori tecnici con assessori politici oppure vi è, forse, il tentativo di rifare l’alleanza col Pdl?
Mi dilungo un pò sull'ultima perplessità.
Un'accordo simile, nelle prossime amministrative di Palermo, garantirebbe buone chance di successo visto che il principale avversario - il centrosinistra - si continua a mostrare profondamente diviso.


A livello nazionale, invece, la mia ipotesi trova fondatezza nelle stesse parole di Berlusconi che, in una sua dichiarazione, si dice possibilista sull'ipotesi di una nuova intesa: "Noi abbiamo prospettivamente a cuore un accordo con l'Udc, che ha elettori moderati, cattolici e che sta con noi nei Popolari europei ed è in quella direzione che concentreremo i nostri sforzi per trovare un accordo".

La storia, del resto, ci insegna che in politica tutto è possibile.

domenica 13 novembre 2011

Berlusconi si dimette. Nasce il governo Monti

Ieri, sabato 12 novembre 2011.

Berlusconi si dimette, il comunicato
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto al Palazzo del Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, il quale essendosi concluso l'iter parlamentare di esame e di approvazione della legge di stabilità e del bilancio di previsione dello Stato ha rassegnato le dimissioni del Governo da lui presieduto. Il Presidente della Repubblica nel ringraziarlo per la collaborazione, si è riservato di decidere ed ha invitato il Governo dimissionario a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti. Le consultazioni del Capo dello Stato si svolgeranno nella giornata di domani, domenica 13 novembre.


Oggi, domenica 13 novembre 2011

Nasce il governo Monti
La domenica della politica è già iniziata. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha già iniziato infatti le consultazioni con il presidente del Senato, Renato Schifani, e della Camera, Gianfranco Fini, a seguito delle dimissioni rassegnate ieri da Silvio Berlusconi. Per Napolitano quindi è prevista una giornata ricca di incontri e colloqui con l'obiettivo di incaricare il nuovo governo entro lunedì 14 novembre.

Il Nuovo Governo
Si va verso un Governo di tecnici. Dopo due giorni di trattative,con un Pdl che chiedeva posti nella squadra, sembra che Mario Monti sia arrivato a un punto fermo: la lista che sarà sottoposta al capo dello stato sarà composta di professori ed esperti nei vari settori dell'amministrazione dello Stato. Resta però uno spazio ancora aperto per l'ingresso di alcune figure politiche ma di certo i margini sembrano assai ridotti.

I nomi dei possibili nuovi Ministri
  • Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri. 
  • Guido Tabellini, rettore della Bocconi, all'Economia ma non è escluso che sia lo stesso Mario Monti premier a tenere per sè la delega. Ma il vero nome a sorpresa potrebbe essere quello di una donna Anna Maria Tarantola, videdirettore generale di Bankitalia, ha una particolare esperienza sul mondo bancario. Restano in pista anche i nomi di Lorenzo Bini Smaghi (che si è dimesso dalla Bce) e Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro.
  • Carlo Secchi, anche lui professore bocconiano, è invece candidato allo Sviluppo Economico.
  • Lorenzo Ornaghi, rettore della Cattolica di Milano, è candidato all'Istruzione.
  • Carlo Dell'Aringa al Welfare.
  • Lanfranco Senn, anche lui della Bocconi, è candidato al ministero delle Infastrutture.
  • Enzo Moavero, ex capo di gabinetto di Monti quando era Commissario Ue a Bruxelles, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
  • La Giustizia?!? Questa è la vera poltrona che scotta. L'ultimo nome è quello di Cesare Mirabelli, ex presidente della Consulta e attuale componente del consiglio superiore della Banca d'Italia.
  • Si sussurra il nome di Umberto Veronesi alla Salute anche se viene dato in discesa.
  • Giuliano Amato o Giampiero Massolo agli Esteri
  • Agli Interni invece si parla di Beppe Pisanu o di Giuliano Amato qualora non ricopra ancora nessuna carica. 
Sarà credibile un esecutivo targato, quasi tutto, Bocconi? Vedremo. Vedremo se effettivamente i probabili candidati appena elencati saranno successivamente confermati. Per adesso sono e restano soltanto delle voci. Quello che si dà per certo, e che già assegna una stellina di merito per la sola intenzione, è che il nuovo premier sembra voler dimezzare i ministri e i sottosegretari. Una mossa da sottolineare visto che Berlusconi nell'ultimo esecutivo, per ricompensare i folgorati sulla via di Damasco, ha dato vita ad una sfilza di sottosegretariati inventati alla bisogna. Quello che ci auguriamo adesso, invece, e che si faccia in fretta, molto in fretta, un governo che ci tiri fuori dai guai.
 

Buon lavoro.

giovedì 10 novembre 2011

In politica non esistono traditori

Ci risiamo coi traditori. Dopo quelli storici del 25 luglio, ecco i traditori dell'8 novembre. Cioè quei deputati, così definiti immediatamente da Berlusconi, che l'altro giorno, alla Camera, hanno disertato le file della maggioranza. L'epiteto di «traditore» adoperato dal premier è la spia linguistica appropriata dei tanti nodi che sono venuti al pettine martedì a Montecitorio. In un certo senso, anzi, racchiude il senso complessivo di quanto quel pomeriggio è realmente accaduto: e cioè la vittoria della politica su tutto ciò che nella politica può anche esserci ma che non ne rappresenta l'essenza vera.

Attenzione: non sto dicendo la vittoria del bene sul male. Ma semplicemente la vittoria della politica. E alla fine, proprio il non capire che cosa questa sia, in che cosa la politica consista, ha portato Berlusconi alla sconfitta.

Il termine "traditore" rispecchia  alla perfezione il solo, vero tipo di legame che in tutti questi anni il presidente del Consiglio è stato capace di immaginare tra se stesso e chi gli stava accanto nel partito o al governo. Un rapporto di fedeltà personale, una sorta d'investitura da signore a vassallo, cementata anche in questo caso dalla concessione di feudi e benefici vari (anche assai poco appropriati, come sanno tutti: case, contratti di collaborazione fasulli, elargizioni). La stessa designazione/nomina alla carica di parlamentare, addirittura ministro, è stata spesso intesa da Berlusconi come una ricompensaa per meriti del tutto estranei alla politica. Non già dunque la condivisione di un progetto comune alimentato da valori comuni, l'elaborazione collettiva delle cose da fare e del come farle (sia pure, evidentemente, con una diversa incidenza decisionale e con un diverso grado di responsabilità). No. Al posto di tutto questo, invece - al posto della politica - la persona, la sua persona di capo e benefattore: e dunque la fedeltà, la devozione e, perchè no?, magari pure la simpatia e l'affetto. Ma comunque e innanzitutto il comando e l'obbedienza. E dunque la categoria del "tradimento". Chi non lo segue più non può che essere un "traditore".

Il voto di martedì ha rappresentato la rivincita della politica rispetto a tutto questo. Lontanissima da me (a differenza della sinistra, la quale ama presentare sempre come un eroe della libertà chi abbandonda la destra e viceversa come un vero gaglioffo chi verso la destra emigra) l'idea di pensare che colore che non hanno votato con la maggioranza lo abbiano fatto per chissà quali ragioni ideali. Qualcuno certo ce ne sarà, ma probabilmente pochi. Il punto è che però tutti lo hanno fatto per ragioni che sono eminentemente politiche. A cominciare da quella di assicurare a se stessi un avvenire politico: avvenire che evidentemente essi hanno avuto motivo di credere non più garantito dal Pdl e dalle probabili fortune elettorali sue, del governo e dello stesso Berlusconi. Insomma, perchè hanno giudicato quest'ultimo arrivato politicamente al capolinea.

La politica, dunque, alla fine fine si è mostrata più forte di qualunque legame personale fondato apparentemente su qualcosa di simile all'amicizia ma in realtà, assai più spesso, sui favori e sul denaro travestiti da "amicizia". Per Berlusconi è una lezione inaspettata e amara, ma proprio non aver capito questo dato capitale è all'origine della stupefacente catena di errori e di incapacità che lo stanno portanto oggi a una fine ingloriosa.

Ernesto Galli Della Loggia - Corriere.it

martedì 8 novembre 2011

Silvio Berlusconi si dimette dopo la legge di stabilità

La nota del Quirinale

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto questa sera in Quirinale il Presidente del Consiglio, on. Silvio Berlusconi, accompagnato dal Sottosegretario dott. Gianni Letta. All'incontro ha partecipato il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Consigliere Donato Marra.

Il Presidente del Consiglio ha manifestato al Capo dello Stato la sua consapevolezza delle implicazioni del risultato del voto odierno alla Camera ; egli ha nello stesso tempo espresso viva preoccupazione per l'urgente necessità di dare puntuali risposte alle attese dei partner europei con l'approvazione della Legge di Stabilità, opportunamente emendata alla luce del più recente contributo di osservazioni e proposte della Commissione europea.

Una volta compiuto tale adempimento, il Presidente del Consiglio rimetterà il suo mandato al Capo dello Stato, che procederà alle consultazioni di rito dando la massima attenzione alle posizioni e proposte di ogni forza politica, di quelle della maggioranza risultata dalle elezioni del 2008 come di quelle di opposizione.


Fonte: quirinale.it

lunedì 10 ottobre 2011

I frondisti all'attacco del Premier

Le lancette dell'orologio sembrano tornate indietro quasi ad un anno fà. Oggi come allora si tenta l'agguato a Berlusconi.
Il 14 dicembre 2010 ci provarono Fini e Casini ma il tentantivo non riuscì. Oggi sembrerebbero volerci provare i "frondisti" capeggiati da Scaiola e Pisano.

Un colpo di mano che potrebbe avvenire in occasione dei passaggi parlamentari della legge sulle intercettazioni, in aula mercoledì 12 ottobre 2011, e del decreto sviluppo previsto il prossimo 20 ottobre 2011.



Ma chi sono i "Frondisti" ?!
L' area dei frondisti nel Pdl dovrebbe esser circoscritta ad una quarantina tra deputati e senatori che si riconoscono nelle posizioni dell' ex ministro Claudio Scaiola o del presidente della commissione Antimafia Beppe Pisanu: un nucleo accusato di ribellismò o di tradimentò dai berluscones più fedeli, e guardati con diffidenza e apprensione dai vertici del Partito, a cui vanno aggiunti alcuni parlamentari della maggioranza che fanno parte di Forza Sud, del gruppo misto o dei responsabili. In tutto si tratterebbe di almeno una quarantina: 30 deputati e 10 senatori che si incontrano con discrezione e intendono dar vita ad un documento articolato da sottoporre al presidente del Consiglio in cui si chiede» un cambio di passo una scossa come ha detto ieri Scajola a Sant Vincent.

Ma non è escluso l'invito al passo indietro del Cavaliere come apertamente chiede da tempo Pisanu. Stilare la lista dei dissidenti è quasi impossibile, un pò perchè c'è un clima da caccia al nemico interno e un pò perchè questo malpancismo sotto traccia non si è ancora enucleato in qualcosa di scritto o in una corrente alla luce del sole.

Comunque i nomi che più circolano riguardano 13 deputati del Pdl con Scajola tra cui sembra ci siano Ignazio Abrignani, Roberto Antonione, Massimo Berruti, Roberto Cassinelli, Salvatore Cicu, Fabio Gava, Gaetano Pecorella, Michele Scandroglio, e 10 senatori.
Tra i nomi che sono circolati ci sarebbero i senatori Franco Orsi, Raffaele Lauro, Giuseppe Saro ma anche a Palazzo madama sono piovute smentite. Tra i "congiurati", sulla stampa sono finiti anche i nomi del presidente della commissione Esteri Lamberto Dini e l'ex presidente del Senato Marcello Pera. Entrambi hanno smentito ipotesi di congiura o atteggiamenti carbonari.

Al di là della cerchia dei parlamentari del Pdl, andrebbero ad ingrossare le file dei frondisti quattro deputati del gruppo misto fuoriusciti dal partito di Berlusconi, tra cui Mario Baccini e Santo Versace, sei deputati di Forza Sud: oltre a Gianfranco Miccichè ci sarebbero Giuseppe Fallica e Gianfranco Grimaldi.

Anche tra i responsabili di Scilipoti, che sono venuti in soccorso di Berlusconi dopo lo strappo dei finiani ci sarebbero almeno tre frondisti. A Palazzo Madama, oltre alla cerchia del Pdl ci sarebbero, tra i frondisti, i senatori di Forza Sud Adriana Poli Bortone, Roberto Centaro e Salvo Flores. Fuori dal Parlamento non mancano le voci di chi come il sindaco di Roma Gianni Alemanno, la presidente del Lazio Renata Polverini e della Lombardia Roberto Formigoni, non hanno fatto mancare le loro critiche all'esecutivo.