"Quanto accaduto in occasione della Festa dei Gigli, organizzata nella sesta municipalità del Comune, è un episodio vergognoso che questa amministrazione non può che stigmatizzare. Come non possiamo che stigmatizzare quanti, rivestendo ruoli istituzionali laici o religiosi, prendono parte a simili occasioni, di fatto avallando il tentativo del crimine organizzato di controllare il tessuto sociale anche per mezzo di comportamenti 'simbolici' assolutamente inaccettabili".
Lo dice il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. Il riferimento è alla vicenda del corteo di auto d'epoca con a bordo alcuni boss del quartiere di Barra, a Napoli, della decisione di dedicare, da parte di alcuni esponenti della criminalità organizzata, un minuto di silenzio 'ai nostri morti' e alla benedizione finale da parte del parroco.
"Nonostante partecipi, in qualità di sindaco, alle feste popolari tradizionali della città, personalmente non ero a quella dei Gigli, ma sono restato indignato nel vedere il video pubblicato sul sito de L'Espresso che ritrae i boss del quartiere di Barra-San Giovanni mentre indisturbati circolano a bordo di una Rolls Royce bianca, accompagnati da applausi e palloncini svolazzanti, con quell'atteggiamento sfrontato di chi crede di essere padrone della città e vuole inviare un messaggio 'simbolico' di predominio sulle istituzioni".
Nel video:
Il boss Angelo Cuccaro,
scarcerato nel 2010 dopo dieci anni di reclusione. Camicia blu,
cappellino da baseball bianco sul capo.
Uno dei due "padrini del giglio", cioè colui che di fatto ha dato
il via alla festa, è suo padre Antonio Cuccaro, che al suo arrivo ha
dispensato baci sulle labbra ai "picciotti" davanti all'occhio
vigile del boss: un gesto che sta a indicare, secondo gli esperti,
il totale e indissolubile legame che c'è nella famiglia.
La festa diventa anche occasione per lanciare, attraverso il megafono, messaggi destinati ai rivali.
Il boss pretende per sé gli uomini più forti, i
musicisti migliori: la festa deve essere la manifestazione plastica
del suo dominio totale sul territorio. Perché è colui che può
dar lavoro e benessere, ma anche seminare morte. Può dosare gioie
e dolori, concedere o sottrarre la festa, come un imperatore. Tutti
lo sanno. Alla festa della camorra non si è sottratto nemmeno uno
dei parroci del quartiere, quando si è trattato di benedire
l'obelisco del clan con tanto di paramenti sacri nella piazza
principale del quartiere.
Menfi [Agrigento - Sicilia]. Vista l'estrema facilità con la quale è possibile pubblicare contenuti attraverso un blog, ho deciso di disporre di questo potente mezzo di comunicazione per interfacciarmi con tutti i cittadini. Grazie a questa piattaforma web farò conoscere le mie idee, le mie prospettive politiche e mi confronterò, in maniera costruttiva, con tutti gli elettori del Comune di Menfi.
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mercoledì 28 settembre 2011
sabato 23 ottobre 2010
Mafia: catturato Gerlandino Messina, il boss latitante di Agrigento.
Il superlatitante di mafia Gerlandino Messina, 38 anni, di Porto Empedocle, inserito nella lista dei trenta più ricercati d'Italia, è stato catturato dai carabinieri del Gis oggi pomeriggio alla periferia di Favara. Era ricercato dal 1999 per associazione mafiosa e vari omicidi. Il 2 febbraio 2001 erano state diramate le ricerche in capo internazionale.
Messina è accusato di essere il killer del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, assassinato a colpi di arma da fuoco il 4 aprile del 1992 mentre viaggiava su una Ritmo, lungo la statale di Agrigento, all’altezza di Menfi.
Nel covo di Gerlandino Messina i carabinieri hanno trovato tra i documenti che ora saranno analizzati dagli investigatori anche un libro sulla vita di Totò Riina e due pistole, una a tamburo e una semiautomatica con il colpo in canna. L'appartamento era difeso da una porta blindata.
Questo il commento a caldo del Procuratore di Agrigento Renato Di Natale: "Ancora una volta, salvo qualche eccezione, viene dimostrato che i capimafia vivono nel territorio dove operano per non perdere la propria leadership. Un arresto che sancisce la fine dei grandi latitanti che c'erano in questo territorio".
La sua scalata al vertice della mafia agrigentina inizia nel 1986, dopo l'uccisione del padre. La carriera all’interno dei ranghi di Cosa Nostra, culminata nel 2003 con il comando su tutta la provincia di Agrigento, fu favorita anche dal beneplacito espresso verso la sua posizione da Bernardo Provenzano. Dal 2 febbraio 2001 erano state diramate le ricerche in capo internazionale. L'ascesa di Gerlandino Messina corrispose alla parallela caduta di Luigi Putrone, altro capomafia operativo in quella zona fino a quel momento, e costretto a lasciare Porto Empedocle nel 1998. Messina è diventato il numero uno di Cosa nostra ad Agrigento dopo l’arresto di Giuseppe Falsone, il 25 giugno scorso a Marsiglia, nel sud della Francia, di cui era fino a quel momento il "vice". E attualmente sarebbe il numero due di Cosa Nostra.
Con l'arresto del boss mafioso Gerlandino Messina si riducono a 16 i latitanti «di massima pericolosità» inseriti nel programma speciale di ricerca della direzione centrale della polizia criminale. L'elenco, che inizialmente conteneva 30 nomi, è stato via via 'spuntato' con i 28 arresti avvenuti dal 2008 ad oggi: ai criminali catturati sono nel frattempo subentrati altri inseriti nella lista dall'apposita commissione che periodicamente si riunisce.
Tra i latitanti presi spiccano Giovanni Nicchi (mafia), Giovanni Strangio ('ndrangheta), Salvatore Russo (camorra).
Tra quelli da catturare, il più noto è il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro.
Messina è accusato di essere il killer del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, assassinato a colpi di arma da fuoco il 4 aprile del 1992 mentre viaggiava su una Ritmo, lungo la statale di Agrigento, all’altezza di Menfi.
Nel covo di Gerlandino Messina i carabinieri hanno trovato tra i documenti che ora saranno analizzati dagli investigatori anche un libro sulla vita di Totò Riina e due pistole, una a tamburo e una semiautomatica con il colpo in canna. L'appartamento era difeso da una porta blindata.
Questo il commento a caldo del Procuratore di Agrigento Renato Di Natale: "Ancora una volta, salvo qualche eccezione, viene dimostrato che i capimafia vivono nel territorio dove operano per non perdere la propria leadership. Un arresto che sancisce la fine dei grandi latitanti che c'erano in questo territorio".
La sua scalata al vertice della mafia agrigentina inizia nel 1986, dopo l'uccisione del padre. La carriera all’interno dei ranghi di Cosa Nostra, culminata nel 2003 con il comando su tutta la provincia di Agrigento, fu favorita anche dal beneplacito espresso verso la sua posizione da Bernardo Provenzano. Dal 2 febbraio 2001 erano state diramate le ricerche in capo internazionale. L'ascesa di Gerlandino Messina corrispose alla parallela caduta di Luigi Putrone, altro capomafia operativo in quella zona fino a quel momento, e costretto a lasciare Porto Empedocle nel 1998. Messina è diventato il numero uno di Cosa nostra ad Agrigento dopo l’arresto di Giuseppe Falsone, il 25 giugno scorso a Marsiglia, nel sud della Francia, di cui era fino a quel momento il "vice". E attualmente sarebbe il numero due di Cosa Nostra.
Con l'arresto del boss mafioso Gerlandino Messina si riducono a 16 i latitanti «di massima pericolosità» inseriti nel programma speciale di ricerca della direzione centrale della polizia criminale. L'elenco, che inizialmente conteneva 30 nomi, è stato via via 'spuntato' con i 28 arresti avvenuti dal 2008 ad oggi: ai criminali catturati sono nel frattempo subentrati altri inseriti nella lista dall'apposita commissione che periodicamente si riunisce.
Tra i latitanti presi spiccano Giovanni Nicchi (mafia), Giovanni Strangio ('ndrangheta), Salvatore Russo (camorra).
Tra quelli da catturare, il più noto è il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro.
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