martedì 25 gennaio 2011

La massoneria dietro Berlusconi

Bruno Rozera

«I 'grembiuli' sono schierati con il premier e contro Fini. Licio Gelli è finito, ma sopra di lui c'è sempre stato e c'è ancora un livello superiore di affari e di trame, con contatti nei servizi». A 92 anni, parla Bruno Rozera, enciclopedia vivente delle logge italiane. 

Tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, con chi sta la massoneria? Bruno Rozera, 92 anni, il massone più anziano d'Italia, ha la risposta pronta: "La massoneria è schierata con Berlusconi".

Per questo giornali storicamente amici del Grande Oriente come "l'Avanti", ora di Aldo Chiarle e Valter Lavitola, ci avrebbero dato dentro con l'inchiesta sul presidente della Camera e la famosa casa a Monte Carlo di suo cognato, Giancarlo Tulliani. Ma anche sui misteri che hanno accompagnato la prima e questa morente seconda Repubblica, non è ancora detta l'ultima parola. A cominciare dai capi occulti della P2: secondo Rozera, la storia non finisce con le indagini della commissione parlamentare di Tina Anselmi.

Prefetto in pensione e fratello di 33 grado in sonno per ragioni di età, Bruno Rozera può parlarne in prima persona. La sua testimonianza è un'enciclopedia. Vissuta in diretta. Dalle trincee in Libia come ufficiale di artiglieria alle cronache sul bunga-bunga nelle notti calde di Arcore, non si è perso nulla. Ha partecipato alla difesa di Roma dopo l'8 settembre. Ha combattuto con gli inglesi a Montecassino. È sopravvissuto allo sbarco ad Anzio. Ha operato come agente dell'Office of strategic services nella guerra di Liberazione. È diventato ispettore generale nel ministero dell'Interno dell'Italia repubblicana e sovrano ispettore del Grande Oriente d'Italia. Amico di Licio Gelli e degli italo-americani che per decenni hanno giocato al colpo di Stato sulla pelle degli italiani. Antifascista dichiarato, ha avuto il tempo di prenderne le distanze. Privilegio di chi, nato il 15 luglio 1918, mantiene la lucidità di un ragazzino.

Prefetto Rozera, alla fine chi ha beneficiato di trame e complotti?
"Servivano a stabilizzare la Dc. Il colpo di Stato credo che sia stato fatto in epoche successive. Con l'appoggio di certe persone. Anche con forze che vorrei dire mafiose, ma non certo statali".

Veniamo allora all'attualità. I massoni italiani stanno sostenendo Berlusconi?
"Posso rispondere che c'è massone e massone. Come c'è uomo e uomo".

E tra Berlusconi e Fini, la massoneria con chi si è schierata?
"La massoneria è con Berlusconi".

Per questo "l'Avanti" avrebbe indagato sul presidente della Camera?

"Non conosco personalmente Valter Lavitola. Ma Chiarle è un caro amico. Ha amicizie nella massoneria".

Perché sostenere Berlusconi?
"Perché Berlusconi qualche aiuto lo dà. Io non vedrei misteri dove non stanno".

Rozera e Berlusconi hanno almeno una cosa in comune: l'elenco della P2
.
"Zero porta a zero. Con me niente".

Il suo nome c'è, numero 76.

"Certo, l'elenco lo conosco. Ho chiesto a Giuseppe Telaro di togliere il mio nome immediatamente".

Chi?
"Telaro. Si occupava della segreteria dell'ordine massonico. Curava i fascicoli e così tanta gente si è trovata iscritta alla P2. Il professor Telaro era un dipendente del ministero della Pubblica istruzione. Aveva rapporti con la Sicilia. Grazie ai suoi contatti incontrai un giorno il boss Frank Tre dita Coppola, al confino in provincia di Roma. Costruiva palazzi. A quel pranzo c'era un sindaco di allora della capitale. Telaro aveva amicizie ben qualificate. Anche con Franco Restivo, ministro dell'Interno nel 1970".

Torniamo a Gelli.
"Gelli mi ha stimato. E gli devo chiedere scusa perché un giorno, interrogato da un magistrato, risposi che era un arteriosclerotico. Gelli voleva affidarmi la Lega italiana. E forse ho fatto male a non prenderla, con le mie modeste capacità sarebbe diventato un partito".


La Lega italiana, il 1991, i misteri tra la prima e la seconda Repubblica e anche un'indagine, poi archiviata, della Procura di Palermo. Chi ne era l'ispiratore?
"L'ispiratore è stato Gelli".

Qual era lo scopo della Lega italiana?
"Quello che avrei scelto io. Antitesi alla Lega Nord, un partito patriottico. Con gente che capisse di economia politica. Con gente per bene. Gelli mi disse: arriveranno pure i finanziamenti. Me ne sono andato perché mi sono scocciato. L'ambiente era un po' ridicolo. E poi c'era un senatore socialista che era stato condannato. Stare con lui non mi piaceva. Gelli era rimasto dispiaciuto".

Nata Forza Italia, della Lega italiana non se ne fece più nulla. Che rapporti aveva con Gelli?
"Per la verità non l'ho mai frequentato assiduamente. Gelli è finito quando l'ambasciata americana l'ha mollato. Punto e basta. Un giorno eravamo io e lui e un esponente dell'Ordine dei giornalisti in via Veneto. E Gelli, indicando l'ambasciata, dice: "M'hanno mollato". Era a Roma per fare la tessera da pubblicista".

Non è mai stato informato di essere iscritto alla P2. Dicono tutti così, no?
"Della mia iscrizione sono venuto a saperlo dai documenti delle indagini".

Dunque Telaro avrebbe passato gli elenchi anagrafici della massoneria a Gelli.
"È logico. A quell'epoca c'era molta gente della massoneria che, per avere un incarico, passava da Gelli".

Perché la massoneria comincia a frequentare i servizi segreti?
"Erano i servizi segreti a frequentare la massoneria. Chiamavano al telefono il dottor Firenze, il gran maestro Lino Salvini. Cercavano informazioni per fare carriera, avere raccomandazioni e compagnia bella. I militari si iscrivevano alla P2 per fare carriera".

Gelli negli anni dello scandalo parlò di una loggia P2 composta da 2.400 persone. L'elenco scoperto però si ferma a meno di mille. Esiste un elenco segreto della massoneria?

"No".

Ma c'è qualcuno, iscritto alla P2, più potente di Gelli?
"Ovvio che al di sopra di Gelli ci fossero altri livelli. I livelli si trovavano sia nel partito politico, la Dc, sia nei servizi segreti. Tanti personaggi che ora stanno per andarsene al Creatore queste cose le sanno. L'opera monumentale della commissione Anselmi serve come prefazione. Ma bisogna studiare i personaggi uno per uno".

Quindi esiste un livello superiore?
"C'è sempre stato un livello superiore a Gelli".

Lei indica un grand commis degli affari, ex democristiano ed ex piduista, intervenuto anche nell'inchiesta su Guido Bertolaso e i grandi appalti, promettendo protezione ad Angelo Balducci, il presidente del Consiglio dei lavori pubblici prima del suo arresto. Fa parte del Grande Oriente d'Italia?
"Nella maniera più categorica, no".

Senza documenti di prova non ne pubblicheremo il nome.
"Basta chiedere in giro. Si può sapere chi è più potente di questi? Gelli certo no. Anzi Gelli lo temeva".

Lei è stato viceprefetto a Frosinone, il collegio elettorale di Giulio Andreotti...
"Per i ciociari Andreotti era tutto. Facevo una bella figura pure io quando arrivava lui. Era una cosa... altro che Mussolini".

C'è un altro nome che in quegli anni si è mosso tra massoneria e trame italiane: Elvio Sciubba, l'ha conosciuto?
"È morto purtroppo. Sono stato molto amico di Sciubba. Fino a che non c'è stata una rottura, per il suo punto di vista ideologico. Sciubba era amico del generale dei carabinieri Giuseppe Pièche che credo l'abbia istigato. Pièche andava dal ministro Scelba ogni mattina a rompergli i medesimi: parlava sempre di colpi di Stato, degli jugoslavi che avrebbero occupato l'Italia. E Scelba l'ha chiamato come direttore generale dell'antincendi dove lavoravo io. Arrivato Pièche sono dovuto uscire. Mi mandarono a dirigere il fondo per il culto. Distribuivo il dovuto a vescovi e prelati".

Niente male per un massone. E Sciubba?

"Aveva i suoi amici fascisti. Gli americani più deleteri, non quelli che hanno combattuto la guerra. Li ha portati Sciubba a Roma. Qualche generale gli fece credere al colpo di Stato. Gli fece anche credere che in caso di vittoria sarebbe stato nominato ministro del Tesoro. Penso che Andreotti conoscesse tutto. Ma questa cosa qui non l'ha fatta passare. L'amico Sciubba, che era un funzionario del ministero del Tesoro, venne trasferito a Parigi. Ma su Sciubba c'è un fatto molto più importante".

Quale?
"Ha portato Frank Gigliotti in Italia".

Un altro massone, italo-americano, reverendo metodista, membro di una rete di italo-americani fascisti e anticomunisti, artefice delle reti clandestine che porteranno alla struttura di Gladio...
"Proprio lui. Credo sia venuto a Roma a spese del generale Pièche, o di Sciubba o della massoneria stessa. E Gigliotti ha preso contatto con Malfatti, Francesco Malfatti, consigliere diplomatico del presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat". 

I massoni non badano mai alla reputazione dei confratelli?
"Qua le porcherie più grosse sono state fatte contro il comunismo. Questa è stata una specie di scudo per fare le più grandi porcherie in Italia".

Da quando è nella massoneria?
"5 dicembre 1944, loggia Cola di Rienzo, Roma. Avevo 26 anni. Sono stato anche nella Colosseum. Mio padre, avvocato e antifascista, era massone".

La pagina più bella nella guerra di Liberazione?

"Lo sbarco ad Anzio. Veramente mi ha fatto tremare i polsi. Combattevo tra il fiume Garigliano e Montecassino con gli inglesi della 56ma divisione. Una notte ci hanno caricati su un autocarro, non sapevamo dove andavamo. Verso le undici di sera siamo arrivati a Pozzuoli. Ci hanno imbarcato e il giorno dopo, poco dopo l'alba, siamo sbarcati ad Anzio. Ci siamo incamminati. Da lì è cominciata una gragnuola di colpi. Questo obice sparava continuamente e siamo rimasti inchiodati in piccole fosse per un mese, un mese e mezzo. I tedeschi stavano in alto e sparavano a noi che stavamo in basso".

Come ha raggiunto gli inglesi, dopo l'8 settembre?

"L'8 ottobre del 1943 ho ascoltato l'inno reale su radio Bari e mi sono sentito un verme. Il giorno dopo ho salutato mia sorella a Roma, ho attraversato le linee tedesche. Le ho passate a Garigliano. C'era una piccola zattera, una signora la mattina mi ha fatto passare. Ci ha portato un fiasco di vino a me e a un soldato tedesco in servizio. Quella sera con questo soldato mi sono ubriacato. Abbiamo cantato l'Internazionale".

Questi sono anni di revisionismo storico. Che effetto le fa?

"Voglio cominciare dalla nomina di Ignazio La Russa a ministro della Difesa: con la sua storia personale, secondo me è la più grave offesa che si potesse fare ai caduti della guerra di Liberazione e soprattutto al personale in servizio nell'esercito. L'Italia l'abbiamo liberata noi, non so se è chiaro? Il più grande amico mio, uno dei più grandi italiani, Giuliano Vassalli, diceva che non ci può essere un parallelismo fra quelli di Salò e quelli che non stavano a Salò".

Il sindaco della sua città, Gianni Alemanno, la sera della sua elezione è stato accolto da saluti fascisti. Che cosa ha provato?
"Schifo". 



Fonte: espresso.it

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