lunedì 31 ottobre 2011

Comune di Menfi, bando per il servizio civico 2012

E’ stato pubblicato l’avviso per la presentazione delle istanze di inserimento lavorativo di soggetti in condizioni di bisogno economico in progetti obiettivo di servizi utili alla collettività. Il servizio civico è stato approvato a Menfi nel gennaio scorso: si tratta di un’assistenza economica agli indigenti finalizzata con progetti di utilità collettiva.

Il “Servizio civico comunale” è un servizio finalizzato a prevenire, superare o ridurre le condizioni di bisogno, di inadeguatezza del reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia economica, mediante l’utilizzo in servizi a carattere comunale. Il servizio sarà reso da soggetti che presenteranno istanza e verranno iscritti in apposita graduatoria per un periodo di tre mesi.

Il termine di scadenza è fissato al 30 novembre 2011.


AVVISO - Servizio Civico.pdf

Domanda Servizio Civico.pdf 

sabato 29 ottobre 2011

Si continuerà a guadagnare con il fotovoltaico? L'odissea delle rinnovabili

Sei mesi fa sembrava un discorso chiuso: taglio degli incentivi e addio investimenti nel fotovoltaico.

"Oggi*", invece, con l'entrata a regime del quarto conto energia, la produzione di energia elettrica con il sole torna a essere un'opzione interessante. Soprattutto per i moduli installati sulle abitazioni e i capannoni, dato che la limatura dei bonus è stata più contenuta per gli impianti di piccola taglia.

Il meccanismo, delineato dal Dm 5 maggio 2011, è semplice: il proprietario deve farsi carico della spesa iniziale (eventualmente con il supporto di un prestito) e, in cambio, riceve per 20 anni un incentivo in denaro versato dal Gse, il Gestore dei servizi energetici. Ad esempio, un impianto collocato su una villetta, con una potenza fino a 3 kW ed entrata in esercizio a dicembre di quest'anno, incassa 29,8 centesimi per chilowattora di energia prodotta: che vuol dire circa mille euro l'anno. Ma bisogna tenere conto anche del risparmio sulla bolletta energetica e della remunerazione dell'elettricità ceduta alla rete.

Tempi di rientro
Se il progetto è ben congegnato, i tempi di recupero dell'investimento sono inferiori ai dieci anni, come dimostrano gli esempi riportati in alto, elaborati da Cremonesi consulenze. Un impianto di taglia domestica su una villetta in provincia di Venezia, ad esempio, può ripagarsi in poco meno di sette anni, lasciando ‐ al termine del ventennio ‐ un saldo positivo di circa 16mila euro (compresi i costi di manutenzione e assicurazione). Si tratta, comunque, di cifre medie, che vanno declinate caso per caso: ad esempio, se l'installazione avviene su un tetto difficile da raggiungere, il costo dell'impianto chiavi in mano può aumentare da 10.500 a 16mila euro, allungando i tempi di rientro. Lo stesso vale per le condizioni di irraggiamento solare e per la qualità dei moduli installati, che influenzano la resa dell'impianto.

Il ricorso a un prestito bancario può allungare il rientro oltre i 15 anni, ma consente di ridurre o azzerare l'esborso iniziale. Sul mercato ci sono imprese specializzate che offrono pacchetti 'tutto compreso' facendosi carico, oltre che dalla parte tecnica e burocratica, anche del finanziamento. In questi casi, spesso gli incentivi erogati dal Gse vengono girati su un conto corrente dedicato, e vanno direttamente a rimborsare le rate. Di fatto, ottenere il finanziamento può essere più facile per una famiglia che per un'impresa, perché in questo caso la banca valuta sempre l'esposizione creditizia complessiva dell'azienda.
Approfondimento: La convenienza dell'investimento in tre casi concreti 

In arrivo nuovi ritocchi al Quarto Conto Energia?
Fino ad "oggi*" il IV Conto Energia ha garantito ed incentivato gli investimenti su questo settore ma un'alone di incertezza incombe sul "domani". Già da qualche settimana infatti le pressioni sul governo da parte dei grandi gruppi energetici si fanno sentire, specie quelli che operano nei cicli combinati. E, tanto per cambiare, gli operatori del fotovoltaico non dormono sonni tranquilli. Peraltro le pressioni arrivano anche da altri comparti delle rinnovabili (soprattutto termiche) e dell’efficienza energetica che rischiano di vedere molto compresso lo spazio per le prossime misure incentivanti per i propri settori. E’ recente la notizia che è stata toccata la cifra di 6 miliardi di euro all’anno di prelievo in tariffa per l’incentivazione di tutte le fonti rinnovabili (erano circa 2,7 mld di € nel 2010), e il fotovoltaico ha ovviamente il peso più rilevante.

Le critiche sulla somma totale di incentivi erogati per il fotovoltaico faranno rimettere mano alle tariffe del quarto conto energia? Il quarto conto energia è a rischio? Si aprirà di nuovo, dunque, la querelle sugli incentivi al fotovoltaico?  

Una cosa è certa: al settore delle rinnovabili serve stabilità delle regole.

venerdì 28 ottobre 2011

Mafia, Salvatore Cuffaro ricorre alla Corte di Giustizia europea per violazione diritto a 'equo processo'

Il 22 gennaio scorso la sentenza della Cassazione conferma la condanna a sette anni a Salvatore Cuffaro per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e violazione del segreto istruttorio. Passano poche ore e per l’ex presidente della Regione Sicilia si aprono le porte del carcere di Rebibbia (leggi intervista). E oggi trascorsi oltre 9 mesi da quel giorno arrivano importanti novità.

Il perito che inchiodò Cuffaro confermando di aver udito la famosa frase “Ragiuni avia Toto’ Cuffaro" avrebbe dichiarato più volte davanti al giudice Raimondo Lo Forti, che presiedeva nel 2006 il processo Miceli, di non essere sicuro che questa frase fosse stata effettivamente pronunciata. Ma non basta. Incalzato più volte dal Presidente del Collegio e dai difensori dell’imputato Miceli avrebbe dichiarato anche di non essere un tecnico, di “non essere un esperto” (ascolta il file audio - Per ascoltare l'audio bisogna scaricare ed installare gratuitamente il lettore multimediale RealPlayer -).

La notizia, del ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per avere ''diritto a un equo processo'' (art.6 Convenzione europea dei diritti dell'uomo), ha riacceso i riflettori sul processo che ha portato alla condanna a sette anni di carcere per l’ex governatore della Regione Sicilia, Totò Cuffaro. Fra i vari punti oggetto di contestazione da parte dei legali di Cuffaro, ci sarebbe la superperizia su una intercettazione ambientale dove, secondo quanto dichiarato dal perito del Tribunale, Roberto Genovese, la moglie del boss Guttadauro, Gisella Greco, avrebbe pronunciato la frase “Ragiuni avia Toto’ Cuffaro”.

Da quanto trapelato, tale intercettazione secondo i legali avrebbe avuto un ruolo importante nella condanna. Prodotta infatti all’interno del processo Miceli è stata acquisita come prova nel processo Cuffaro. Ma è proprio sulla udibilità di questa frase nell’intercettazione che si addensano oggi i maggiori dubbi.

Sembrerebbe infatti, come si evince dalle dichiarazioni dello stesso Genovese davanti al presidente del collegio giudicante (file audio pubblicato da Radio Radicale) che l’udibilità di questa frase non fosse del tutto chiara neanche a lui. Il perito, d’altra parte, sempre in quella sede, si sarebbe professato non esperto. Durante il processo Miceli il Tribunale fece affiancare Genovese anche da Giampaolo Zambonini, un tecnico della Polizia scientifica di Roma. << E’ stato operato un ascolto –affermò Zambonini- un ascolto da parte di un gruppo di dieci persone, appartenenti al servizio della scientifica. Il file audio è stato fatto ascoltare circa 10 volte agli operatori, singolarmente e in tempi diversi. Nessuno degli operatori è stato in grado di individuare il nome “Totò Cuffaro” autonomamente. Solamente dopo aver selezionato la parte oggetto di indagine, gli operatori sono stati concordi sulla presenza auditiva delle sole vocali “O” ed “A”. >>

Ma il Tribunale ha ritenuto attendibile soltanto la tesi di Genovese così come la Corte d’Appello, che ha aggravato la pena a Cuffaro con il riconoscimento dell’aggravante di aver voluto favorire la mafia. A concordare con il perito Genovese fu anche il consulente dell’accusa Baldassare Lo Cicero. La sentenza di condanna è comunque passata in giudicato e Cuffaro dovrà scontare sette anni di carcere.

Ai sensi dell’articolo 35 della Convenzione, la strada della Corte europea dei diritti dell’uomo, puo’ essere percorsa soltanto dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne ed entro sei mesi dalla data della decisione interna definitiva.

Il pool di esperti quindi sostengono che quella frase non sarebbe mai stata pronunciata da Totò Cuffaro. Una tesi che potrebbe certamente smontare il processo su cui è già stata scritta la parola fine.

giovedì 27 ottobre 2011

Baby pensionati, Fini attacca la moglie di Bossi

Da sinistra Manuela Marrone e Antonio Di Pietro
In Italia c'è una "casta" di oltre mezzo milione di persone che percepiscono l'assegno previdenziale con meno di vent'anni di contributi. Ma tra i nomi eccellenti c’è anche Di Pietro.

Insulti e schiaffoni. A Montecitorio finisce in rissa. I deputati leghisti non hanno gradito la sortita di Gianfranco Fini, che martedì sera, da Ballarò, ha rinfacciato a Umberto Bossi di avere una moglie “baby pensionata”. «Non tolleriamo i soprusi e le ingiustizie», strepita il capogruppo alla Camera (a termine), Marco Reguzzoni. «Il suo comportamento è inopportuno», gridano i parlamentari del Carroccio, che chiedono le dimissioni del presidente della Camera. Ma Fini è imperturbabile: « Non è questa la sede in cui il presidente della Camera può dare risposte politiche; se lo facessi, avallerei l’accusa di partigianeria nei miei confronti che ritengo insussistente. Saranno altre le sedi in cui, se lo riterrò, eserciterò il diritto di replica». Nel frattempo il leader della Lega s’è già avvalso della facoltà di mandare Fini a quel paese.

Manuela Marrone, in Bossi, è andata in pensione a 39 anni. Anche se continua a insegnare in una scuola privata, la sua, come ha ingenuamente ricordato il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. La signora appartiene a una fortunata generazione, che ha potuto beneficiare di straordinari (e dissennati) privilegi previdenziali. Non ha violato alcuna legge. Ha soltanto approfittato di un’opportunità. La normativa prevedeva un tempo che le impiegate pubbliche con figli potessero ottenere l’assegno di anzianità, con appena 14 anni, 6 mesi e un 1 giorno di contributi versati. Tetto che saliva a 19 anni e mezzo, per gli uomini. E a 25 per i dipendenti degli enti locali. In Italia i baby pensionati sono 535.752 e costano 9,45 miliardi di euro. Il 65% per cento è al Nord: 110.497 in Lombardia. Seguono, nella classifica delle regioni a più alta presenza di baby pensionati, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Piemonte. In soldoni, sei miliardi abbondanti finiscono in quella che Bossi chiamerebbe “Padania”. Non sarà un caso che il leader della Lega minacci fuoco e fiamme ogni qual volta si parli di interventi sulle pensioni d’anzianità. Ecco perché è difficile immaginare che il Carroccio possa accettare compromessi in materia previdenziale. Ed è così che Silvio Berlusconi si è presentato oggi a Bruxelles con una letterina di buoni propositi, invece che con una lista di provvedimenti varati.

La professoressa Marrone è in pensione dal 1992. E ha già un saldo attivo tra contributi versati e assegni incassati. La coniuge Bossi è in ottima, abbondante e perfino insospettabile compagnia. Due “colleghe” sono addirittura concentrate nella stessa famiglia. Quella di Giulio Tremonti. Sono baby pensionate, infatti, sia Fausta Beltrametti, sia Angiola Tremonti, rispettivamente moglie e sorella del ministro dell’Economia. Colui che sarebbe istituzionalmente competente, sia detto per inciso, a intervenire sulla spinosa materia pensionistica. E il cerchio si chiude, anzi no.

Perché c’è un baby pensionato che desta ancor più scalpore. Si chiama Antonio Di Pietro. È il leader dell’Italia dei Valori. Basa il suo messaggio politico su robuste dosi di demagogia. Ma non ha avuto alcun problema ad andare in pensione a 45 anni, nel 1995.

Tra i “giovani pensionati”, lato senso, si trova un altro nome che non ti aspetti. Quello di Cesare Romiti. È vero che il manager ha lavorato tutta la vita. Ma è altrettanto vero che l’ex amministratore delegato della Fiat è andato in pensione a soli 54 anni, nel 1977. Accomunato ma non travolto da un identico destino è il suo rivale storico, Carlo De Benedetti. L’editore del gruppo L’Espresso riscuote una pensione anticipata Inpdai dal 1993, quando aveva soltanto 58 anni. E da quel dì incassa un assegno mensile di quattromila euro. In questo stravagante elenco si trova anche Adriano Celentano. Il Molleggiato dal sermone facile, appena cinquantenne, si guadagnò una pensioncina che oggi ammonta a circa mille euro al mese. Era il lontano 1988. Altri tempi, altre prediche.

Fonte: oggi.it

martedì 25 ottobre 2011

L'aut-aut di Italia Futura al Governo: «Decisioni o dimissioni»

ItaliaFutura, l’associazione di Luca Cordero di Montezemolo scandisce la durata del governo con un fondo pubblicato sul sito: “Decisioni o dimissioni”.

Se “l’ironia sprezzante di Sarkozy è inaccettabile e l’accostamento alla Grecia è operazione spregiudicata”, è pero innegabile che la “condotta del governo è oggettivamente irresponsabile e ci espone a una continua umiliazione internazionale. Da una manovra inconsistente, al triste spettacolo della nomina del governatore di Bankitalia, dal balletto sul decreto sviluppo, alla farsa dei tagli ai costi della politica e dei ministeri al nord, a un ministro dell’Economia che da mesi conduce una partita di potere personale per delegittimare il governo di cui fa parte: l’inerzia e la debolezza di questo esecutivo sono un pericolo mortale per l’Italia. O il governo mette in campo, nelle prossime ore, misure concrete e strutturali o l’unica via d’uscita saranno le dimissioni immediate del premier”.

Commenta il senatore PdL Gasparri: “La Fiat ha dovuto aspettare Marchionne per risollevarsi: quando la guidava Montezemolo non c’è stata la stessa capacità decisionale. Siamo pieni di consiglieri che poi in cattedra non hanno saputo dimostrare le loro capacità”.

Le esternazioni politiche del Presidente della Ferrari sono ormai puntuali e precise. Quando annuncerà la sua sua discesa in campo?!?

E' nato Riccardo







Con molta gioia dò il benvenuto in questo mondo al piccolo Riccardo Lanzarone.









sabato 22 ottobre 2011

Porto Palo di Menfi, si schiudono le uova di "Caretta caretta"


Le uova di tartaruga marina della specie "Caretta caretta", depositate più o meno due mesi fà sulla bellissima spiaggia di Porto Palo di Menfi (Agrigento), si stanno schiudendo.

Nella notte (21 ottobre 2011) infatti 20 piccoli anfibi, una volta usciti dai loro gusci, si sono diretti verso il mare seguendo l'orizzonte e la luce della luna riflessa dall'acqua.
I pochi fortunati che hanno assistito a questo evento, in verità raro per le nostre zone, ne sono rimasti entusiasti. Altre schiuse si attendono nella notte quindi per coloro che si son persi il primo appuntamento, lo spettacolo continua.

L'evento, monitorato e curato dal WWF grazie al progetto 2011 "Segui le tracce", avviene sotto la cura di volontari che giorno e notte vegliano il nido per garantire che l'incubazione vada a buon fine e che i piccoli di tartaruga raggiungano il mare senza pericoli.

Normalmente le tartarughe tendono a ritornare ogni anno nella stessa spiaggia in cui sono nate, quindi a chi di loro ha già preso il largo auguriamo un "arrivederci ed al prossimo anno sulla spiaggia di Porto Palo di Menfi".

 

Le foto delle due tartarughe sono state scattate dal Dott. Ignazio Napoli.

venerdì 21 ottobre 2011

Federico Faggin, l'inventore del microprocessore

Qual'è quella cosa senza la quale tutta la tecnologia post-moderna non sarebbe esistita né esisterebbe? Il microprocessore. Chi lo ha inventato? un ITALIANO! 
 
Spesso ci prostriamo di fronte a scienziati ed inventori che arrivano dall’estero, dimenticandoci di alcuni italiani che hanno fatto la storia, in questo caso della tecnologia.
Federico Faggin, inventore del microprocessore, appartiene alla categoria dei "Jobsiani": uomini che inventano il futuro. Non me ne voglia il visionario fondatore di Apple se preferirei ricategorizzare l'area dei futuristi in "Fagginiani". Questo perchè credo che il mio connazionale è stato molto più decisivo di Jobs nel rivoluzionare i nostri modi di vivere. 
Vero è che un confronto forse risulterebbe inappropriato. Questo perchè Steve Jobs, a differenza di Faggin, è stato più il genio del business del computer piuttosto che della tecnologia. Gli si riconosce la capacità straordinaria di aver capito le tendenze con un senso forte del prodotto, riconoscendo ciò che attira l'utente. E' stato un bravo inventore e un industriale di grande talento ma nulla più. Questo è il mio personale punto di vista, ci mancherebbe, ma a chi sta già storcendo il naso chiedo: che mondo sarebbe senza microprocessori?! Non ci sarebbero nè PC, nè smartphone, nè facebook, nè google e forse nemmeno la apple di Jobs. Basta come risposta?!? Ma il mio obiettivo in verità non è quello di confrontarli, bensì vorrei solo omaggiare un uomo di cui poco o nulla si sà. Un uomo, italiano, che ha davvero creato le basi per un futuro diverso. 

Ma chi è Federico Faggin? Federico Faggin, classe 1941, ha cominciato a lavorare a 19 anni per l'Olivetti, nel 1961, per la progettazione e costruzione di un piccolo computer digitale. Passò poi alla SGS/Fairchild italiana (oggi ST-Microelectronics), sempre nel campo della progettazione, dove creerà un metodo per lo sviluppo e la produzione di componenti in tecnologia MOS (metal oxide semiconductor), la tecnologia silicon gate ed il primo circuito integrato (il 3708). Troverà tempo per studiare matematica e fisica, laureandosi in fisica summa cum laude nel 1965 a Padova. Nel febbraio 1968 venne mandato per uno stage di sei mesi in California: da lì non è più tornato.

Se Faggin fosse tornato in Italia dopo lo stage, cosa sarebbe successo? Avremmo computer prodotti dalla Olivetti con processori italiani? La Microsoft esisterebbe? Chi lo sà ....

Clicca qui per vedere l'ntervista a Ferico Faggin presso l'headquarter di Intel a Santa Clara. Il papà del microchip percorre la storia delle sua invezione ma parla anche dei possibili sviluppi futuri del computing e della tecnologia informatica.

giovedì 20 ottobre 2011

La raccolta delle olive: a Menfi va su Facebook

Inizia la campagna olearia della cooperativa La Goccia d'Oro di Menfi. E' un momento di olive, olio e paesaggi incantevoli tra Menfi in provincia di Agrigento e Castelvetrano in provincia di Trapani.
La Goccia d'Oro, durante il periodo di raccolta, documenterà i vari momenti in un "Diario della Campagna Olearia 2011" diffuso tramite facebook alla pagina http://www.facebook.com/lagocciadoro.

Dal primo all'ultimo giorno – dice una nota della coop - la raccolta sarà scandita dalla pubblicazione di almeno una foto, al giorno, che cercherà di mettere in luce i momenti, le tradizioni che ruotano attorno a ciò che può semplicemente definirsi una festa: "La raccolta delle olive".

Le foto verranno pubblicate su Facebook attraverso cui l'azienda ha deciso di comunicare in modo diretto ai suoi fans.

Fonte: cronachedigusto.it

mercoledì 19 ottobre 2011

L'Ue boccia il Ponte di Messina

Nessun sostegno finanziario al progetto del Ponte sullo stretto di Messina.

Fuori dalla lista dei progetti prioritari nelle grandi reti transeuropee tra il 2014 e il 2020, infatti, proprio la faraonica infrastruttura (mentre ne fanno parte i collegamenti ferroviari Napoli-Bari, Napoli-Reggio e Messina-Palermo).

Questa decisione ha naturalmente scatenato molte reazioni politiche, a cominciare da quella di Angelo Bonelli, presidente nazionale dei Verdi: “La bocciatura da parte dell’Europa del Ponte sullo Stretto di Messina chiude definitivamente la vicenda di un’opera inutile e dannosa per l’ambiente”.

Bonelli, inoltre, ha anticipato che “domani presenteremo un esposto alla Corte dei Conti sulle spese di progettazione, sulle consulenze e le iniziative di vario genere per quest’opera. Si tratta infatti di uno sperpero di denaro pubblico di cui il governo deve rispondere immediatamente e chi ha autorizzato queste spese ne dovrà rispondere in prima persona”.

Dopo l’esclusione del Ponte dai progetti prioritari nel quadro delle grandi reti transeuropee per il periodo 2014-2020 chiediamo che sia immediatamente sciolta la Ponte di Messina S.p.a. che, a questo punto,  è a tutti gli effetti un ente inutile -ha continuato il leader ecologista -. La vera priorità dell’Italia e del Sud sono altre come la messa in sicurezza del territorio e la lotta al dissesto in un Paese che frana, le ferrovie e gli acquedotti”.

Con gli 8,5 miliardi di euro del Ponte sullo Stretto – ha concluso Bonelli – si possono realizzare 90 km di metropolitana o 621 Km di rete tranviaria, acquistare 3.273 tram e 23.000 autobus ecologici rivoluzionando il trasporto pubblico nelle nostre città e affrontare finalmente il problema dei pendolari che vivono una situazione drammatica”.

Polemico anche Enrico Gasparra, deputato del Pd, e membro della Commissione Traporti della Camera: “Come previsto e più volte sottolineato dal Pd, la Commissione Europea ha bocciato ancora una volta Berlusconi e il progetto del Ponte sullo Stretto che non è una priorità e non è nel programma delle grandi reti 2014-2020. Un fallimento annunciato reso ancora più evidente dalla guerra tra il commissario Tajani, il ministro Matteoli e il vice Roberto Castelli”.
Inoltre, Gasbarra ha affermato che “archiviato il Ponte, con milioni di euro gettati in mare, il governo destini subito le risorse previste per la società Stretto di Messina che ha chiesto un miliardo di euro al ministero del Tesoro, alle Regioni per il trasporto pubblico locale. In questo modo si potrebbe ripristinare il fondo, letteralmente svuotato dal ministro Tremonti, ed evitare la paralisi del trasporto pubblico che avrebbe conseguenze drammatiche per milioni di italiani”.

Infine, la nota del Wwf: “Per l’Europa il ponte non è una priorità nel sistema dei trasporti europeo, fatto questo che esclude qualsiasi ipotetico finanziamento da parte della Commissione Europea o, ad esempio, della Banca Europea degli Investimenti. Vorremo capire a questo punto come il Governo italiano possa ancora giustificare la strategicità di un’opera, dall’elevatissimo impatto ambientale, da costruire in una delle aree a più elevato rischio sismico del Mediterraneo. L’opera, inoltre, ha un costo insostenibile, in crescita incontrollata: 8,5 miliardi di euro, pari a mezzo punto di Pil con un abnorme e ingiustificato aumento dei costi in un anno di oltre il 34%”.

Secondo l’organizzazione ambientalista il Governo dovrebbe invece sbloccare “le risorse destinate al ponte per investire sulle vere priorità per quest’area del Paese: adeguare la linea tirrenica e potenziare la linea ferroviaria ionica in Calabria e le linee ferroviarie siciliane che collegano Catania, Messina e Palermo; intervenire per chiudere finalmente i cantieri della A3 Salerno-Reggio Calabria, ammodernare e rendere sicura la SS106 Ionica; garantire un servizio efficiente di metropolitana del mare per i pendolari dell’area dello Stretto e rafforzare gli attuali servizi di traghettamento pubblici; destinare ingenti risorse alla rinaturalizzazione dei versanti e al consolidamento del suolo e al riassetto del territorio ad alto rischio idrogeologico e sismico”.

Fonte: blogsicilia.it

La generazione che paga per tutti

L'enorme debito pubblico che l'Italia ha accumulato tra il 1965 e il 1995 non è stato utilizzato a fini produttivi: i soldi che abbiamo preso in prestito sono andati in impiego pubblico e pensioni. Ne hanno beneficiato soprattutto i nati nel decennio 1940-1950. A pagare il conto saranno i loro figli. Con maggiori tasse, ma anche con minori servizi. I tagli alla spesa previsti dalle recenti manovre per istruzione, sanità e trasporti colpiscono infatti di più questa generazione. Anche perché in Parlamento i padri continuano a essere sovra-rappresentati.
Il debito pubblico italiano è esploso tra la metà degli anni Sessanta, quando si attestava intorno al 25 per cento del Pil, e la metà degli anni Novanta, quando raggiunse il 120 per cento del Pil. Un incremento di quasi cinque volte. 

PADRI, NONNI E FIGLI
Indebitarsi non è necessariamente un male. Le imprese private lo fanno tutti i giorni per realizzare investimenti che le renderanno più efficienti e produttive in futuro,
Data la bassa crescita economica dal nostro paese negli ultimi quindici anni, è difficile pensare che l'enorme debito pubblico accumulato tra il 1965 e il 1995 sia stato utilizzato a fini produttivi.

Grafico 1: Debito pubblico e crescita economica.
 
Fonte: Penn World Tables (dati sul Pil) e Banca d’Italia (dati sul debito pubblico).

Che cosa abbiamo fatto, allora, con tutti i soldi che abbiamo preso in prestito? Principalmente, impiego pubblico e pensioni. C'è una generazione, quella che ha trascorso la maggior parte della propria vita lavorativa nel periodo di euforica espansione del debito, che ha beneficiato di quel denaro trasferendone i costi alla generazione successiva, ai loro figli.
Potremmo approssimativamente identificare questa generazione con i nati tra il 1940 e il 1950, Applicando la convenzione che definisce in venticinque anni l'intervallo di tempo che separa una generazione dalla successiva, i figli di quella generazione nascono tra il 1965 e il 1975 mentre i loro padri - “i nonni” - sono nati tra il 1915 e il 1920.
 

Utilizzando le indagini sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d'Italia possiamo confrontare l'incidenza dell'impiego pubblico tra nonni e padri nella fascia di età tra i 50 e i 60 anni. (2) In tale fascia di età, gli occupati nel settore pubblico erano il 27 per cento tra i nonni e il 40 per cento tra i padri. Utilizzando gli stessi dati, riusciamo a vedere padri e figli nella stessa fascia di età solo tra i 30 e i 40 anni (3) e, di nuovo, l'occupazione pubblica è più elevata tra i primi (39 per cento) che tra i secondi (35 per cento) (vedi grafico 2, figura di sinistra).
Allo stesso modo, possiamo confrontare il tasso di occupazione tra la generazione dei nonni e dei padri nella fascia di età 50-60 (vedi grafico 2, figura di destra) e scopriamo che solo il 36 per cento dei padri in quel gruppo di età era occupato contro il 56 per cento dei nonni. In altre parole, le baby pensioni sono un fenomeno che riguarda soprattutto i padri e non tanto i nonni. I figli non hanno ancora raggiunto la fascia di età 50-60, ma è ben chiaro che a loro non sarà certamente concesso di ottenere la pensione prima dei 65 anni. Anzi, i figli avranno pensioni molto più misere e le otterranno più tardi.

Grafico 2: Dipendenti pubblici e tassi di occupazione tra generazioni.
 
Fonte: Archivio storico dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane, 1977-2008 – Banca d'Italia

In altre parole, i figli non hanno beneficiato, se non indirettamente attraverso trasferimenti intra-familiari, del debito pubblico accumulato nel corso della vita lavorativa dei padri. Ciononostante, saranno principalmente i figli a pagare il debito. Gli eventi degli ultimi mesi hanno messo in chiaro che non ci sarà concesso di continuare a indebitarci alle stesse condizioni del passato e, di conseguenza, non sarà concesso ai figli di trasferire costi collettivi ai loro figli (i nipoti).

CHI PAGA IL DEBITO. E COME
E come pagheranno i figli per il debito dei padri? Principalmente pagando le tasse nei prossimi anni, quando i padri non le pagheranno più, per ovvi motivi demografici. Ma non solo. Infatti, molti degli interventi di contenimento della spesa e di incremento delle entrate previsti dalla recente manovra e dalle molte che l’hanno preceduta ricadranno principalmente sulla generazione dei figli.

martedì 18 ottobre 2011

Abolizione delle province, giunta Lombardo approva il ddl

La Sicilia si avvia verso l'abolizione delle province. La giunta regionale guidata da Raffaele Lombardo ha approvato un disegno di legge che prevede il passaggio dalle province ai cosiddetti Liberi consorzi di comuni. A darne l'annuncio e' stato lo stesso presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo durante un incontro con la stampa. La finalita' del ddl che entro il 31 maggio 2013 prevede l'abolizione di tutte le province siciliane e' quella della "attuazione dei principi di sussidiarieta', semplificazione, legalita', autonomia, decentramento con conseguente miglioramento della qualita' dei servizi pubblici e del contenimento dei costi per il cittadino", come spiega Lombardo.

Il passaggio dalle province ai Liberi consorzi di comuni avverra', sempre secondo il ddl che dovra' essere discusso all'Assemblea regionale siciliana, "con maggiore responsabilizzazione e autonomia dei comuni e con conseguente e sensibile snellimento dell'apparato burocratico-anmministrativo finora previsto per gli enti locali in Siciulia". Il decentramento avverra' con il trasferimento di funzioni dalla regione ai comuni e Liberi Consorzi di comuni. Questi ultimi verranno costituiti mediante delibera da uno o piu' comuni. I requisiti sono: la continuita' territoriale e una popolazione residente di almeno 2.500 abitanti.

A firmare il ddl e' stato l'assessore regionale per le politiche sociali della Sicilia Caterina Chinnici "se il ddl dovesse diventare legge cambierebbe la struttura della regione", ha spiegato Raffaele Lombardo. E l'assessore Chinnici ha ricordato che il ddl e' arrivato "dopo diversi colloqui con le istituzioni e dopo 8 mesi di confronti". La Regione si dice pronta a "recepire ogni modifica che rientri in questa strategia".

Fonte. siciliainformazioni.com