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domenica 8 maggio 2011

2011. Crisi del capitalismo e l'impoverimento globale

Secondo il LEAP (Laboratorio Europeo d’Anticipazione Politica), gli Stati Uniti dimostreranno nei prossimi mesi di trascinare nuovamente l’economia e la finanza mondiale nel “cuore delle tenebre”, poiché non riescono a uscire da questa “grande depressione USA”.
Nella recente riunione delle banche centrali mondiali a Jackson Hole nel Wyoming, il Direttore della Fed, Ben Bernanke, in modo assai diplomatico, ha fatto comunque passare un messaggio chiaro: nonostante la politica di rilancio dell’economia americana sia fallita, il resto del mondo deve continuare a finanziare il suo deficit, sperando che questo serva per evitare il collasso del sistema globale, oppure gli Stati Uniti monetizzeranno il loro debito trasformando in carta straccia l’insieme dei dollari e dei Buoni del Tesoro americani sparsi nelle banche del mondo intero.

Jules Dufour che è tra l’altro ricercatore associato al CRM (Centre de recherche sur la Mondialisation) traccia uno scenario per i prossimi mesi nel quale egli prevede un aumento delle tensioni fra Stati, poiché più le economie occidentali scivoleranno nel baratro dei deficit di bilancio, più gli altri fattori di destabilizzazione agiranno sulla governance mondiale. Sottolinea che la prima metà del 2011 imporrà all’economia americana una cura d’austerità senza precedenti che provocherà nel pianeta un nuovo caos finanziario, monetario, economico e sociale.

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Jules Dufour, Ph.D., è presidente de l’Association canadienne pour les Nations Unies (ACNU) /Section Saguenay-Lac-Saint-Jean, professore emerito all’Università del Québec a Chicoutimi, membro del circolo universale degli Ambasciatori della Pace, membro cavaliere de l’Ordre national del Québec. E’ ricercatore associato al CRM (Centre de recherche sur la Mondialisation).

L’analisi di Jules Dufour
Il 2010 è  un anno in cui l’economia mondiale reale è stata gravemente colpita dalla crisi finanziaria. Le economie dei paesi ricchi sono state profondamente indebolite da elevati deficit di bilancio e pesanti debiti nazionali. Molti di essi si sono quindi trovati in una situazione che li ha obbligati a tagliare la spesa pubblica, mettendo in pericolo i programmi sociali. Nel febbraio 2010, un anno dopo l’analisi prospettica del Laboratorio europeo d’anticipazione politica (LEAP) sull’avvenire dell’economia mondiale, si è potuto costatare che “un tale processo è effettivamente in corso: Stati sul bordo della bancarotta, aumento inesorabile della disoccupazione, milioni di persone escluse dalla rete di protezione sociale, riduzione dei salari, soppressione di servizi pubblici, indebolimento del sistema di governance globale (fallimento del vertice di Copenaghen, crescenti contrasti Cina/Usa, ritorno del rischio di conflitto Iran/Israele/Usa, guerra monetaria globale, ecc.)” (LEAP, 2010). Secondo lo stesso rapporto, siamo tuttavia solo all’inizio di questa fase.
L’aggravarsi della crisi sistemica globale sarà caratterizzata da un’accelerazione e/o un inasprimento delle cinque fondamentali tendenze negative seguenti:
  • L’esplosione dei deficit pubblici e la conseguente insolvenza del debito degli Stati;
  • La collisione fatale del sistema bancario occidentale con l’aumento delle insolvenze e il muro dei debiti arrivati a scadenza;
  • L’ineluttabile aumento dei tassi d’interesse;
  • Il moltiplicarsi delle situazioni di tensione internazionale;
  • La crescente insicurezza sociale.
Nel Global Europe Anticipation Bulletin N°42, il LEAP ha scelto d’analizzare il “caso greco” perché è emblematico di ciò che ci ha riservato il 2010 e perché illustra perfettamente l’evoluzione dell’informazione sulla crisi mondiale, e cioè una “comunicazione di guerra” tra blocchi d’interesse sempre più conflittuali. Si tratta, infatti, di un “must” per riuscire a decifrare l’informazione mondiale dei mesi e degli anni che verranno, la quale sarà un vettore crescente d’operazioni manipolative. (LEAP, 2010).

I. Impoverimento generalizzato e aumento della fame
Questa situazione esercita ed eserciterà un impatto notevole sulle economie dei paesi poveri rendendoli ancora più vulnerabili ai flussi dei prezzi delle materie prime e alle manovre speculative del mercato mondiale. Secondo gli organismi delle Nazioni Unite aumenterà l’impoverimento di milioni di persone e quindi il numero degli affamati e dei senza-tetto. Secondo la FAO, nel 2010 925 milioni di persone sono vittime di fame cronica, di cui 15 milioni nei paesi ricchi. Secondo la Croce Rossa, più di 827,6 milioni sono costretti a vivere in bidonville senza le minime condizioni sanitarie. (AFP- Ginevra, 2010) Secondo la Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo (CNUCED) “negli ultimi quarant’anni il numero dei paesi molto poveri è raddoppiato passando da 25 nel 1971 a 49 nel 2010, e la stessa cosa è avvenuta per il numero delle persone al di sotto della soglia di povertà a partire dagli anni 80′”. (AFP- Ginevra, 2010) Nel rapporto 2010 sui 49 paesi meno sviluppati del (PMS), la CNUCED afferma che “il modello di sviluppo prevalso fino ad oggi per questi paesi è fallito e deve essere rivisto”. (AFP- Ginevra, 2010).

II. Catastrofi d’origine naturale e umana di grande ampiezza
A questa situazione inquietante, sia al Nord che al Sud, si sono aggiunte una serie di catastrofi d’origine naturale e umana di grande ampiezza. Secondo il gruppo assicurativo Swiss RE, le catastrofi hanno inciso pesantemente sull’economia mondiale nel 2010, per un ammontare di 222 miliardi di dollari, cioè il triplo rispetto al 2009. (AFP-Ginevra, 2010) Queste catastrofi sono state devastatrici per l’ambiente e per gli insediamenti umani: il terremoto ad Haiti in gennaio ha causato la morte di 225.000 persone e danneggiato una grande zona del territorio nazionale; il passaggio della tempesta Cinzia in febbraio ha devastato l’Europa dell’Est; nello stesso periodo un violento terremoto di magnitudo 8,8 ha colpito il Cile; l’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon nel golfo del Messico nel mese dell’ aprile scorso ha causato la più grande marea nera nella storia degli Stati Uniti; in luglio delle inondazioni senza precedenti hanno sommerso territori immensi in Pakistan e in Cina. (AFP-Ginevra, 2010).

III. Spese militari in continuo aumento
Mentre il grido d’allarme delle organizzazioni internazionali denuncia senza sosta la povertà, la fame e la miseria, i paesi ricchi consacrano somme enormi per l’acquisto d’armamenti e per la preparazione della guerra. E’ possibile affermare che la crisi economica non ha toccato il settore della difesa. Le spese militari, infatti, non hanno smesso d’aumentare e le cifre mostrano che alle voci difesa e sicurezza sono previste somme aggiuntive per il 2011 rispetto al 2010. Nel bilancio americano la voce difesa mostra degli aumenti sostanziali. Nel bilancio nazionale americano la somma stanziata per la difesa era di 661 miliardi di dollari nel 2009 e quella prevista per il 2011 dovrebbe raggiungere i 749, 5 miliardi. Nel 2010, le spese americane per le operazioni militari sono state di 719,2 miliardi di dollari, di 125,9 miliardi per l’assistenza ai Veterani, di 9,9 miliardi per l’aiuto militare all’estero e di 41,2 miliardi per l’aiuto economico.  (http://www.usgovernmentspending.com/defense_budget_2010_3.html)
I contratti d’acquisto di nuovi equipaggiamenti da combattimento sono saliti alle stelle. Degli accordi d’acquisto d’aerei da caccia sono stati firmati con le principali industrie militari e, in particolare, con la compagnia Lockeed Martin per la costruzione dell’aereo da caccia F-35. Secondo la banca dati del SIPRI, nel 2009 le spese militari mondiali hanno raggiunto i 1531 miliardi di dollari, di cui più della metà effettuate dagli Stati Uniti (figure 1, 2 e 3). Secondo i dati di un rapporto SIPRI, ripreso da I. Gedilaghine, nel 2009 le spese militari mondiali hanno raggiunto dei nuovi record senza subire l’effetto della crisi, grazie soprattutto agli Stati Uniti, il cui cambio d’amministrazione non ha comunque modificato la tendenza. Nell’anno passato, il mondo ha stanziato 1531 miliardi di dollari (1244 miliardi d’euro) per il settore militare, cioè un aumento del 5,9% rispetto al 2008 e del 49% rispetto al 2000, scrive l’Istituto internazionale di ricerca per la pace di Stoccolma (SIPRI). E’ possibile costatare che nulla viene trascurato per l’organizzazione della guerra, la sicurezza e la sorveglianza delle riserve di risorse strategiche e delle infrastrutture produttive: da ciò dipende la prosperità dei potenti del pianeta.

mercoledì 26 gennaio 2011

La Cina farà la fine dell’Urss

Salutato con 21 salve di cannone, il presidente cinese Hu Jintao si è presentato negli Stati Uniti come il leader di una grande potenza in continua ascesa. Contemporaneamente al suo primo giorno di visita, Pechino diffondeva i dati ufficiali dell’ultimo trimestre: una crescita del 10,3% del Pil, superiore alle migliori previsioni. La Cina ha ufficialmente superato il Giappone come seconda economia del mondo, superata solo dagli Usa.


Il Dragone si sente forte e il suo presidente tratta da una posizione dominante. E Newsweek, alla testa di una buona parte dei media, si affretta a ribattezzare il nostro come il Secolo della Cina.

Ma la Cina è veramente così potente?

Tornando indietro nel tempo, negli anni ’60, leggiamo cose molto simili sull’Unione Sovietica di Krushev e Brezhnev. Anche allora si dava per scontato che l’Urss avrebbe superato gli Usa. Finché il modello sovietico non è imploso.

La Cina inizia ad esercitare lo stesso fascino dell’Urss negli anni ’60. E farà la stessa fine? Forse sì. I segnali ci sono già tutti. Su 1 miliardo e 300 milioni di abitanti, la nuova ricchezza riguarda solo questi ultimi. Il restante miliardo è ancora sulla (o sotto) la soglia della sussistenza. I contadini, che non sono proprietari, bensì solo affittuari delle terre (ancora pubbliche), possono subire sequestri in ogni momento. La maggioranza dei cinesi accetta sempre meno questo sistema. Nel 2005 si erano registrate 50mila rivolte di contadini e operai. Nel 2008 sono salite a 84mila. L’ultima delle quali è scoppiata il 17 gennaio, a pochi giorni dall’inizio della visita di Hu Jintao negli Usa: centinaia di operai di una fabbrica di Wuhan (Hubei) si sono scontrati con la polizia. Il loro datore di lavoro non aveva mai pagato i salari arretrati dal 2007 e le forze dell’ordine stavano proteggendo la sua fuga.