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domenica 6 febbraio 2011

Tutti cercano (e vedono) Messina Denaro ma "Sappi che io ti vedo".


“Caro Matteo, tu che vivi nel caldo tepore dei focolari domestici mazaresi sappi che io ti vedo. Ti vedo fare la spola tra Torretta e la Tunisia con il tuo gommone a forma di pane. Ti vedo in quella farmacia di Mazara lavare via i tuoi malanni. Li vedo poi quei pizzini tuoi, volare, liberi come gabbiani, al Porto Nuovo. E vedo ancora il tuo sguardo preoccupato leggere queste parole. SAPPI CHE IO TI VEDO".

 

E' la parte finale di una lettera molto strana, firmata UNO, NESSUNO e CENTOMILA, e inviate alle principali redazioni locali poco prima di Natale. Il Matteo citato è Messina Denaro,  naturalmente. La lettera contiene riferimenti precisi e circostanziati a piccoli e grandi misfatti della politica mazarese e belicina, e ha già fatto litigare sia in consiglio comunale a Mazara che in consiglio provinciale. Ma  è sicuramente più interessante quest'ultima parte, dove l'anonimo da del tu al boss di Cosa nostra, dando alcuni misteriosi indizi su dove possa essere. Al di là della cripticità di un'espressione come "gommone a forma di pane" la lettera, che dimostra una buona conoscenza della realtà locale, conferma ancora una volta che la latitanza di Matteo Messina Denaro è tutta qui nel territorio, in particolare a Mazara del Vallo, dove Messina Denaro avrebbe il suo covo.

La lettera inoltre conferma un altro sospetto degli investigatori: Messina Denaro non è in buone condizioni di salute (probabilmente soffre di insulina) e ha bisogno di cure periodiche. Ciò non impedisce comunqua al capo della mafia siciliana di fare affari grazie al sistema dei pizzini che hanno - a quanto racconta l'anonimo - al porto nuovo di Mazara una delle centrali di smistamento.

La prima parte della lettera è dedicata a tutti gli affari dei grandi nomi della politica mazarese. A loro, secondo l'anonimo, Matteo Messina Denaro farebbe da garante. Al di là dei singoli episodi, tutto ciò lascia intuire ancora una volta quanto pesante sia il condizionamento della mafia nel nostro territorio.

giovedì 3 giugno 2010

Un milione e mezzo a chi dà notizie sul boss Messina Denaro


Gli 007 offrono un milione e mezzo a chi dà notizie sul boss. Ma i magistrati puntano sulla rete che consente al padrino affari milionari e una latitanza sicura.

ll nome di Matteo Messina Denaro crea aggregazione nel trapanese. Compatta politici, mafiosi e imprenditori che si stringono attorno a questo boss di 48 anni. Lo proteggono in latitanza creando una barriera difficile da violare. Le forze dell'ordine lo ricercano dal 2 giugno 1993 perché accusato delle stragi di Roma e Firenze ma anche di centinaia di omicidi commessi fra gli anni Ottanta e Novanta in Sicilia. Oggi, in base alle inchieste che lo hanno coinvolto, si può dire con certezza che Messina Denaro è a capo di una delle più grosse holding europee: imprese e aziende che fatturano complessivamente centinaia di miliardi di euro e che sono intestate a prestanome, magari incensurati.
Ma i ricavi finiscono in tasca allo stragista che si è trasformato in uomo d'affari con la passione per la letteratura e la filosofia. Soldi che servono a creare anche consenso sociale, offrendo posti di lavoro in un territorio in cui la disoccupazione la fa da padrona.

In Cosa nostra è uno degli ultimi padrini di una certa caratura mafiosa rimasto ancora in libertà, un nome pesante che potrebbe sedere al vertice dell'organizzazione criminale e per questo sulla sua cattura si sono concentrati negli ultimi anni gli sforzi della magistratura e delle forze dell'ordine.
Quello che "L'espresso" può rivelare è che sulla testa del latitante il governo ha messo una taglia: una grossa ricompensa per chi lo farà arrestare. A svelarlo è un imprenditore siciliano di cui vogliamo tenere nascosta l'identità, il quale afferma di avere ricevuto nelle scorse settimane la visita di uomini dei servizi segreti che gli hanno offerto un milione e mezzo di euro in cambio di informazioni che possano portare alla cattura di Matteo Messina Denaro. Questo imprenditore che ha accettato di raccontare il retroscena coperto dal segreto di Stato (e di cui "L'espresso" ha trovato conferme da fonti qualificate) in passato è finito in manette perché ritenuto uno dei favoreggiatori del boss trapanese, oltre che un suo prestanome, ma adesso che ha scontato la pena ed è tornato libero, sostiene di non avere più alcun contatto con il ricercato. Di non poter essere d'aiuto.

Gli 007 hanno portato in giro un milione e mezzo in banconote dentro una valigetta e avrebbero bussato anche ad altre porte fra il Trapanese e l'Agrigentino, quasi tutte ad abitazioni di uomini che in qualche modo sono riconducibili alla rete di fiancheggiatori.