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mercoledì 25 luglio 2012

Corte Costituzionale: in Sicilia il patto di stabilità non si applica

Ancora una volta, la Regione siciliana ottiene una pronuncia favorevole dalla Corte Costituzionale sul federalismo fiscale ed un riconoscimento delle prerogative dello Statuto Speciale.

Con la sentenza n. 178 depositata l'11 luglio scorso, la Corte ha riconosciuto l'illegittimita' costituzionale delle norme (art. 37, comma 1 secondo periodo e 29, comma 1 lett. k) del decreto legislativo n.
118 del 2011 relative alle disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili in attuazione della legge sul Federalismo fiscale (legge n. 42/2009).

In particolare, le norme impugnate prevedevano l'applicazione della normativa in questione alle Regioni a Statuto Speciale, decorsi sei mesi dall'entrata in vigore dello stesso Decreto legislativo, laddove non fossero stati tempestivamente definiti dalle Commissioni paritetiche delle Autonomie differenziate le norme di attuazione.

La Corte Costituzionale, accogliendo la tesi della Sicilia, della Valle d'Aosta, del Friuli Venezia Giulia e delle province autonome di Trento e Bolzano, ha ribadito l'orientamento gia' emerso dalle precedenti pronunce che incentra sul negoziato tra Stato e Regione la sede ineludibile per l'attuazione del Federalismo fiscale nelle Regioni speciali a tutela delle prerogative costituzionali riconosciute dagli Statuti.
Conseguentemente e' risultata incostituzionale una norma che prevedeva un'applicazione automatica di disposizioni "che si applicano agli Enti ad Autonomia differenziata non in via diretta ma solo se recepite tramite le speciali procedure previste per le norme di attuazione statutaria".

mercoledì 18 luglio 2012

Proroga del bando PO FESR SICILIA 2007/2013 - Mis. 3.2.2.4

Ricevo e pubblico la mail della direzione dell’Esves S.p.A (Ente per lo Sviluppo Economico e Sociale, con sede in Catania è una società formata da esperti altamente qualificati in ogni disciplina economica, finanziaria, tecnica e amministrativa, che si occupa delle problematiche che interessano le imprese, gli enti non profit e la pubblica amministrazione).

E' stata concessa una proroga alla data di scadenza del bando PO FESR SICILIA 2007/2013 - Obiettivo Operativo 3.2.2 "Rafforzare la rete ecologica siciliana, favorendo la messa a sistema e la promozione delle aree ad alta naturalità e conservando la biodiversità in un'ottica di sviluppo economico e sociale sostenibile e duraturo riguardante la "linea d'intervento 3.2.2.4 "Azioni congiunte di tutela, sviluppo sostenibile e promozione imprenditoriale del sistema della  ete Ecologica siciliana"; considerato che tale scadenza ricadeva giorno 20 luglio 2012 tale data è posticipata di 60 (sessanta) giorni; pertanto il nuovo termine utile entro il quale presentare le domande è fissato alle ore 12.00 di martedì 18 settembre 2012.

Si ricorda che sono finanziabili i seguenti interventi:
- Attività ricettive alberghiere ed extralberghiere
- Attività di ristorazione, che dovranno fare riferimento alla gastronomia
tradizionale e tipica regionale siciliana, ai prodotti naturalie tipici

Le attività ricettive, per le quali sono ammessi esclusivamente interventi di riconversione e riqualificazione edilizia del patrimonio immobiliare già esistente, sono quelle di seguito elencate:
- Alberghi 2/3/4 stelle
- Motels
- Campeggi 1/2/3 stelle
- Villaggi albergo 1/2/3 stelle
- Residenze turistico-alberghiere 2/3 stelle
- Affittacamere 1/2/3 stelle
- Case e appartamenti per vacanze
- Case per ferie
- Villaggi turistici 2/3 stelle
- Ostelli per la gioventù
- Rifugi alpini
- Aziende turistico-residenziali
- Turismo rurale

Sono escluse le attività e gli alloggi agrituristici in quanto di competenza dell'Assessorato regionale dell'agricoltura.
Inoltre saranno finanziati i servizi che saranno destinati alla promozione del patrimonio naturale, alla sua tutela e conservazione e allo sviluppo sostenibile, quali:
- Servizi per l'organizzazione della fruizione delle aree: offerta di percorsi turistici e conoscitivi e/o di pacchetti integrati per la valorizzazione e fruizione della RES;
- Servizi per l'organizzazione dell'offerta di ricettività diffusa quali ad esempio reti di bed & breakfast, paesi hotel ecc;
- Servizi per lo sviluppo dell'offerta di pacchetti turistici, informazioni e prenotazionl nel territorio della RES anche mediante l'utilizzo di tecnologie informatiche coerenti con quelle previste per lo sviluppo della società dell'informazione.

Per qualsiasi informazione è possibile contattare il Dott. A. Lo Presti o inviare una mail a: segreteria@esves.it

La Direzione
95131 Catania - Via Monsignore Ventimiglia n. 117
Tel. 095.7470200 - 095.7477344 - 095.7477844
Fax 095.7477262 - E-mail: info@esves.it
Http: www.esves.it - www.esves.com

giovedì 7 giugno 2012

Green Economy Sicilia: un progetto pilota trasformerà i rifiuti in risorsa

Nascerà in Sicilia la prima piattaforma per la "simbiosi industriale" d'Italia. Una banca dati telematica per trasformare il rifiuto in risorsa e mettere in rete enti locali, aziende e ricercatori. Il progetto è dell'Enea che ci lavora già da un anno e che adesso, dopo la firma dell'accordo con Confindustria Sicilia, è pronta a partire (il sito, ancora in costruzione, sarà www.industrialsymbiosis.it).

"Quella che nascerà - ha detto Roberto Morabito, responsabile dell'Unità Tecnica Tecnologie Ambientali dell'Enea - è una piattaforma telematica con la georeferenziazione di domanda e offerta nell'ottica di uno sviluppo eco-compatibile del sistema industriale siciliano".

Il principio di base è semplicissimo: fare diventare risorsa, anche economica, quello che finora è stato solo un rifiuto.

Un esempio? "Le ceneri industriali - dice l'ingegnere Laura Cutaia che sta curando il progetto - sono ottime componenti per il cemento e possono essere utili a questo tipo di imprese. Altri materiali di scarto che arrivano dagli scavi per le opere pubbliche possono essere riutilizzati in edilizia e così via. Questo fa abbassare i costi per chi deve smaltire questi materiali e può diventare un vantaggio per altre aziende. Ma perché ciò accada serve avere un bilancio dei materiali". Il progetto prevede anche, a costo zero, il coinvolgimento degli Enti locali.  

"Fare rete - ha detto il vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro - significa creare le premesse per un vero sviluppo ecocompatibile. L'ottica è anche quella di determinare benefici di carattere ambientale derivanti dal mancato consumo di risorse primarie e mancato ricorso a sistemi di smaltimento rifiuti". L'accordo di ieri impegna le parti fino al 2014 e può essere rinnovato per altri tre anni. L'attenzione è rivolta, si legge nel documento sottoscritto ieri soprattutto: "al ciclo integrato dei rifiuti, al turismo sostenibile e la conservazione e valorizzazione dei beni culturali". Punti su cui l'Enea, col suo lavoro di ricerca è da anni all'avanguardia.

domenica 6 maggio 2012

"La scontatezza dell'ovvietà"

Forse non è stata una buona idea quella del governo di invitare i cittadini a denunciare gli sprechi. Già era azzardato chiamare Enrico Bondi, il risanatore di Parmalat, perché dei tecnici che chiamano a loro supporto un altro tecnico non potevano che suscitare critiche e sfottò.  

E se Bondi convocasse in suo aiuto altri tecnici? Ma è così difficile capire dove e cosa tagliare?

Basterebbe leggere i giornali. Ad esempio «Il Fatto quotidiano» scrive che ogni anno si spendono 2 miliardi in consulenze pubbliche «che Regioni, Province e Comuni utilizzano per incarichi assurdi (come il censimento dei piccioni, corsi per estetica e accoglienza o per corsi di ginnastica cinese), per pagare mastodontici uffici stampa o per riciclare ex politici che tornano mesti a casa.

Quando il ministero della Funzione pubblica ha diffuso i dati relativi al 2010 e 2011 il Fatto quotidiano - scrive il giornale - ha dedicato tre puntate al tema dello spreco. C'era il meteorologo del Comune di Benevento che emanava comunicati sul clima sannita; c'era un manager che suggeriva al Comune di Lecce come risparmiare energia: semplicemente utilizzando lampadine a risparmio, oppure spegnendo le spie degli elettrodomestici. A Vicenza per realizzare una pista ciclabile hanno chiesto una consulenza (non c'era un Ufficio tecnico?); a Parma hanno speso circa 400 mila euro per delle sedute dedicate al benessere (proprio); a Mazara del Vallo invece il sindaco ha un esperto in materia di rapporti con il mondo islamico al costo di 50 mila euro l’anno.
Non si fanno mancare niente anche le Province che buttano soldi per fare web-tv presto abbandonate o per servizi fotografici di rappresentanza (Rimini, 10 mila euro). Ovviamente anche le Regioni, anzi soprattutto le Regioni, attingono a piene mani: vince su tutti il consulente umbro sulla neve».

Da dove bisogna iniziare a ridurre la spesa?!? Beh, mi sembra più che lapalissiano.

Comuni Regione Sicilia - Elenco incarichi affidati a consulenti e collaboratori esterni nel 2011

lunedì 23 gennaio 2012

Liberalizzazioni: Le principali novità per la professione forense

Con il decreto sulle liberalizzazioni sono state abrogate le tariffe delle professioni regolamentate. L'Avvocato dovrà fornire al potenziale cliente tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili per l'espletamento dell'incarico fornendo un preventivo. Il compenso per le prestazioni professionali dovrà essere pattuito per iscritto.
I neo-laureati potranno svolgere il tirocinio o la pratica, finalizzati all'iscrizione negli albi professionali, nel corso dell'ultimo biennio di studi per il conseguimento del diploma di laurea specialistica o magistrale.

E' quanto prevede il decreto sulle liberalizzazioni approvato dal Consiglio dei ministri nella riunione del 20 gennaio 2012, il quale ha modificato le professioni regolamentate.

Di seguito il testo dell’Art.9 - Disposizioni sulle professioni regolamentate:
  1. Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico.
  2. Ferma restando l'abrogazione di cui al comma 1, nei caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso di professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante.
  3. Il Compenso per le prestazioni professionali è pattuito per iscritto al momento del conferimento dell'incarico professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attività professionale. In ogni caso la misura del compenso, previamente resa nota al cliente con preventivo scritto, deve essere adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita in modo onnicomprensivo. L'inottemperanza di quanto disposto nel presente comma costituisce illecito disciplinare del professionista.
  4. Sono abrogate le disposizioni vigenti che per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe dì cui al comma 1.
  5. La durata del tirocinio previsto per l'accesso alle professioni regolamentate non potrà essere superiore a diciotto mesi e per i primi sei mesi, potrà essere svolto, in presenza di un'apposita convenzione quadro stipulata tra i consigli nazionali degli ordini e il ministro dell'Istruzione, università e ricerca, in concomitanza col corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente.
  6. All'articolo 3, comma 5, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono apportate le seguenti modificazioni: a) alla lettera c), il secondo, terzo e quarto periodo sono soppressi; b) la lettera d) è soppressa.

mercoledì 4 gennaio 2012

Crisi economica: cosa succederà quando sarà passata la buriana?

Nel lessico politico-giornalistico la parola crisi è una delle più usate e abusate. Dopo tante crisi immaginarie eccone, purtroppo, una vera. Le crisi vere si riconoscno perchè gettano tutti nella confusione, perchè quando si manifestano nessun modello di comportamento collaudato ha più corso. Ci si accorge che le conoscenze disponibili non servono più per orientarsi, per capire cosa fare. Si brancola nel buoio, si cercano a tentoni delle soluzioni.
E' ciò che stanno facendo in questo momento quelli che, con involontaria ironia, chiamiamo di solito "i potenti della Terra".

Tra le certezze che questa crisi sta scuotendo c'è quella secondo cui l'integrazione europea sia irreversibile. Scopriamo invece che si tratta di un processo ad alto rischio. Si potrà discutere a lungo se con la moneta unica abbiamo fatto il passo più lungo della gamba, ma resta che se l'Unione monetaria si distinguesse verrebbe compromesso l'intero progetto europeista. Un'altra certezza era che la democrazia fosse, in Europa, una conquista ormai acquisita.  

Ma quali sarebbero i contraccolpi politici di una crisi che risultasse fuori controllo? La storia degli anni Trenta del secolo scorso ci ha forse reso più saggi?
No: è dimostrabile che nessuno impara mai nulla dalla storia passata. Se guardiamo al di là della congiuntura dobbiamo chiederci quale di due ipotesi sia la più realistica.
Per la prima ipotesi, quella che stiamo vivendo è una dolorosa transizione verso un assetto che sarà in futuro sempre meno occidentale, una sorta di passaggio del testimone, ancor più rapido di quello che un tempo si immaginava, dal mondo occidentale a quello extraoccidentale (asiatico in primo luogo), con la conseguenza di una pressochè inevitabile decadenza, economica e politica, dell'Europa.
Oppure (seconda ipotesi), quella che stiamo vivendo è solo una fase, per quanto dolorosa, di assestamento e di passaggio, un episodio, sia pure acuto, di quella "distruzione creatrice" nella quale sta l'essenza del capitalismo moderno. Se ciò fosse vero si potrebbe ipotizzare che dopo qualche aggiustamento, dopo esserci sbarazzati di comportamenti non più sostenibili, il nostro mondo sarebbe in grado di riacquistare la vitalità perduta.

Nonostante che la bussola e altri mezzi di orientamento siano in avaria a causa della crisi, dovremo fare il possibile e l'impossibile perchè risulti vera la seconda ipotesi.


mercoledì 19 ottobre 2011

La generazione che paga per tutti

L'enorme debito pubblico che l'Italia ha accumulato tra il 1965 e il 1995 non è stato utilizzato a fini produttivi: i soldi che abbiamo preso in prestito sono andati in impiego pubblico e pensioni. Ne hanno beneficiato soprattutto i nati nel decennio 1940-1950. A pagare il conto saranno i loro figli. Con maggiori tasse, ma anche con minori servizi. I tagli alla spesa previsti dalle recenti manovre per istruzione, sanità e trasporti colpiscono infatti di più questa generazione. Anche perché in Parlamento i padri continuano a essere sovra-rappresentati.
Il debito pubblico italiano è esploso tra la metà degli anni Sessanta, quando si attestava intorno al 25 per cento del Pil, e la metà degli anni Novanta, quando raggiunse il 120 per cento del Pil. Un incremento di quasi cinque volte. 

PADRI, NONNI E FIGLI
Indebitarsi non è necessariamente un male. Le imprese private lo fanno tutti i giorni per realizzare investimenti che le renderanno più efficienti e produttive in futuro,
Data la bassa crescita economica dal nostro paese negli ultimi quindici anni, è difficile pensare che l'enorme debito pubblico accumulato tra il 1965 e il 1995 sia stato utilizzato a fini produttivi.

Grafico 1: Debito pubblico e crescita economica.
 
Fonte: Penn World Tables (dati sul Pil) e Banca d’Italia (dati sul debito pubblico).

Che cosa abbiamo fatto, allora, con tutti i soldi che abbiamo preso in prestito? Principalmente, impiego pubblico e pensioni. C'è una generazione, quella che ha trascorso la maggior parte della propria vita lavorativa nel periodo di euforica espansione del debito, che ha beneficiato di quel denaro trasferendone i costi alla generazione successiva, ai loro figli.
Potremmo approssimativamente identificare questa generazione con i nati tra il 1940 e il 1950, Applicando la convenzione che definisce in venticinque anni l'intervallo di tempo che separa una generazione dalla successiva, i figli di quella generazione nascono tra il 1965 e il 1975 mentre i loro padri - “i nonni” - sono nati tra il 1915 e il 1920.
 

Utilizzando le indagini sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d'Italia possiamo confrontare l'incidenza dell'impiego pubblico tra nonni e padri nella fascia di età tra i 50 e i 60 anni. (2) In tale fascia di età, gli occupati nel settore pubblico erano il 27 per cento tra i nonni e il 40 per cento tra i padri. Utilizzando gli stessi dati, riusciamo a vedere padri e figli nella stessa fascia di età solo tra i 30 e i 40 anni (3) e, di nuovo, l'occupazione pubblica è più elevata tra i primi (39 per cento) che tra i secondi (35 per cento) (vedi grafico 2, figura di sinistra).
Allo stesso modo, possiamo confrontare il tasso di occupazione tra la generazione dei nonni e dei padri nella fascia di età 50-60 (vedi grafico 2, figura di destra) e scopriamo che solo il 36 per cento dei padri in quel gruppo di età era occupato contro il 56 per cento dei nonni. In altre parole, le baby pensioni sono un fenomeno che riguarda soprattutto i padri e non tanto i nonni. I figli non hanno ancora raggiunto la fascia di età 50-60, ma è ben chiaro che a loro non sarà certamente concesso di ottenere la pensione prima dei 65 anni. Anzi, i figli avranno pensioni molto più misere e le otterranno più tardi.

Grafico 2: Dipendenti pubblici e tassi di occupazione tra generazioni.
 
Fonte: Archivio storico dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane, 1977-2008 – Banca d'Italia

In altre parole, i figli non hanno beneficiato, se non indirettamente attraverso trasferimenti intra-familiari, del debito pubblico accumulato nel corso della vita lavorativa dei padri. Ciononostante, saranno principalmente i figli a pagare il debito. Gli eventi degli ultimi mesi hanno messo in chiaro che non ci sarà concesso di continuare a indebitarci alle stesse condizioni del passato e, di conseguenza, non sarà concesso ai figli di trasferire costi collettivi ai loro figli (i nipoti).

CHI PAGA IL DEBITO. E COME
E come pagheranno i figli per il debito dei padri? Principalmente pagando le tasse nei prossimi anni, quando i padri non le pagheranno più, per ovvi motivi demografici. Ma non solo. Infatti, molti degli interventi di contenimento della spesa e di incremento delle entrate previsti dalla recente manovra e dalle molte che l’hanno preceduta ricadranno principalmente sulla generazione dei figli.

giovedì 22 settembre 2011

La rivoluzione islandese

«Mi chiamo Hordur Torfason, sono un artista indipendente islandese. Penso che parte del mio lavoro di artista sia anche combattere il cattivo uso del potere». A 66 anni, Hordur Torfason è diventato il leader della rivoluzione silenziosa contro la finanza globale. E’ successo in Islanda: 320.000 abitanti su una superficie grande un terzo dell’Italia.

Nell’ottobre del 2008, falliscono le tre maggiori banche del paese: travolte dalla crisi dei subprime, non riescono a ripagare i creditori stranieri e vengono nazionalizzate dal governo del conservatore Geir Harde. Come da prassi, il governo in bancarotta accetta gli aiuti del Fondo Monetario Internazionale e dell’Unione Europea per far fronte ai debiti: 3,5 miliardi di euro che intende chiedere agli islandesi con una manovra fiscale da 100 euro al mese a famiglia per 15 anni. Ma alla socializzazione del debito, l’Islanda risponde di no.
Quattordici settimane di manifestazioni portano alle dimissioni del governo, a nuove elezioni e a un referendum. Con il 93% dei voti, l’Islanda decide di Hordur Torfasonnon pagare i debiti contratti da banche private nei confronti di altri privati. «Quando è iniziata la crisi – racconta Torfason – sono andato davanti al Parlamento e ho detto alla gente che sarei stato lì tutti i giorni, a mezzogiorno. Credo che fosse il 17 ottobre del 2008. Chiedevamo al governo di dimettersi, ai vertici della Banca Nazionale di dimettersi, e ai vertici delle autorità di supervisione monetaria di dimettersi. Queste erano le nostre tre richieste: “Ci avete mentito, ci avete ingannato, noi non abbiamo più fiducia in voi”. Ecco perché è successo. Molta gente dice che è solo perché siamo un paese piccolo, ma io non credo: penso che sia una questione di strategia. Se inizi, vai avanti e non ti arrendi».

Lei, Torfason, è un esperto di economia o finanza? «No. Sono una persona molto semplice, su queste questioni. Ma non c’è bisogno di studiare economia per capire quando ti stanno fregando. Stavo vivendo in uno dei paesi più ricchi del mondo, ma dove stava questa ricchezza? Tutti stavano chiedendo denaro in prestito: questa non è ricchezza, è una catena».

La gente comune può occuparsi di finanza e di economia pur non avendone le competenze? «Non dobbiamo capire l’economia, siamo la società: noi assumiamo delle persone, li chiamiamo politici, li assumiamo perché abbiano a che fare con la gente della finanza, ma non per diventare i loro migliori amici, volare insieme su jet privati, far festa in quei bunga-bunga o Torfason in piazza come si chiamano». «Qui in Islanda siamo una miniatura, siamo solo 300.000: è molto facile vedere attraverso le cose. Secondo me – continua Torfason – quello che è successo è che ci sono poche persone che governano, che possiedono tutto, che hanno preso tutte le aziende; costruito, comprato, costruito. Ed è tutto sparito: loro hanno sistematicamente rapinato il paese. Cosa è rimasto? Noi, i cittadini islandesi, che dovremmo pagare i loro debiti. E’ come un ladro che ruba tutto e poi i manda pure il conto. Ma noi diciamo “no”. Molto semplice. “Voi, pagate. I ladri, devono pagare. E assumersi le loro responsabilità”. Il più delle volte sapevano di fare dei pessimi contratti: rischiavano con i nostri soldi, con le nostre vite. Correggetevi, gente della finanza. Perché c’è qualcosa di molto sbagliato. Tornate a studiare, guardate che cosa avete sbagliato, e correggetelo».

Clicca qui per vedere l'intervista all'artista islandese Hordur Torfason, leader della rivoluzione silenziosa contro la finanza globale.

mercoledì 14 settembre 2011

Il debito italiano in mano alla Cina?

11/09/2001 - dieci anni dopo.
Si dice che il tempo guarisca ogni ferita ed in effetti gli americani sembrano emotivamente più sollevati, motivati, sicuri. Hanno reagito come solo un gran Paese sà fare: alzando la china mettendo alle spalle il passato e vivendo il presente.  
Cosa è successo nel frattempo? L'economia si sà, non ha cuore e sentimenti, si lascia solo affascinare dai mercati e dall'andamento delle borse forti e solide e si demoralizza al solo accenno di recessione economica. Che dire dell'economia americana? Nell’anno del decimo anniversario dell’11 settembre, l'America ha perso per la prima volta il rating di tripla A da parte dell’agenzia americana Standard & Poor’s. Il declassamento del rating americano ha significato per gli Stati Uniti e per i mercati glocali una sorta di svolta epocale.

Per un Paese che "piange", l'America, ci sta un Paese che "ride", la Cina. In seguito agli attacchi terroristici subiti dieci anni fa dagli Stati Uniti la crescita della Cina è stata inarrestabile. L'america "distratta" dalla guerra al terrorismo ha regalato a Pechino dieci anni di crescita senza ostacoli. Sull'Espresso.it si legge che nel 2001 il Pil cinese era di 1.16 miliardi di dollari, a stento il 12 percento del Pil americano. Ma nel 2010 ha raggiunto i 6.04 miliardi di dollari, circa il 40 percento del Pil Usa. Nella stessa decade, il commercio estero cinese è cresciuto da 500 milioni a 3 miliardi di dollari. Nel 2001 la Cina aveva 120 milioni di dollari di titoli del tesoro e titoli garantiti da mutuo ipotecario. Oggi Pechino, il maggior creditore di Washington, possiede 2 miliardi di simili assicurazioni.

Cosa succede In Italia ed i rapporti con la Cina. La storia passata e recente ci insegna che l'Italia, in tema di politica estera e di alleanze strategiche, ha preso spesso delle scelte che hanno fatto discutere e diviso il Paese. E' stata disastrosa la scelta di Mussolini di allearsi con Hitler, discutibili sono stati gli amici di Berlusconi (vedi Gheddafi) però forse oggi risulterebbe una furbata accaparrarsi l'amicizia della Cina. Stiamo parlando dello stesso Paese che in tempi migliori per noi ne disprezzavamo i modi e ne criticavamo il non rispetto dei diritti dei lavoratori, dei diritti umani, dell'ambiente, del protocollo di Kyōto e quindi dalla concorrenza sleale che ciò ne scaturirebbe. Eppure oggi la nostra immediata ancora di salvezza sembra ricadere sulla Cina. L'ha capito Tremonti che, attirato dalla grande liquidità, spera in un aiuto proveniente da Pechino. Grazie a loro forse potremmo risollevarci dalla crisi finanziaria e far convogliare in società strategiche italiane liquidità necessarie per creare la tanto agognata ripresa economica. Secondo alcune stime la Cina avrebbe già acquistato circa il 4% del debito pubblico italiano e potrebbe nelle prossime settimane e mesi salire. Il governo italiano sta inoltre considerando la possibile vendita di partecipazioni startegiche in Enel e Eni.

La Cina in Sicilia. la delegazione cinese ha visitato mesi fà alcune installazioni siciliane delle energie alternative, esprimendo interesse per future collaborazioni imprenditoriali. Sarebbero già in arrivo 90 milioni di euro per ampliare i porti di Augusta e di Pozzallo, strategici per le rotte mediterranee, e renderli così capaci di accogliere le enormi navi container provenienti da Oriente. La Regione siciliana ha inoltre prospettato alla delegazione cinese possibili collaborazioni di ingegneria finanziaria in alcuni progetti strategici, quali la rete metropolitana di Catania e Palermo ed il Centro direzionale di Palermo. Vi è inoltre un forte interesse di China Investment Corporation per il Ponte sullo Stretto di Messina.

La presenza della Cina accanto all'Italia in questo momento terribile ha un valore strategico estremamente importante per il nostro Paese. La Cina con i suoi miliardi di riserve rappresenta già da sola una barriera quantomeno psicologica contro i timori speculativi verso il debito pubblico italiano.

La Cina salverà il debito italiano o è solo un’esca per i mercati? Ma se così fosse, cosa succederà all'Italia dopo questa boccata di ossigeno cinese? Sapremo agire rapidamente e prendere la palla al balzo?