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mercoledì 4 gennaio 2012

Crisi economica: cosa succederà quando sarà passata la buriana?

Nel lessico politico-giornalistico la parola crisi è una delle più usate e abusate. Dopo tante crisi immaginarie eccone, purtroppo, una vera. Le crisi vere si riconoscno perchè gettano tutti nella confusione, perchè quando si manifestano nessun modello di comportamento collaudato ha più corso. Ci si accorge che le conoscenze disponibili non servono più per orientarsi, per capire cosa fare. Si brancola nel buoio, si cercano a tentoni delle soluzioni.
E' ciò che stanno facendo in questo momento quelli che, con involontaria ironia, chiamiamo di solito "i potenti della Terra".

Tra le certezze che questa crisi sta scuotendo c'è quella secondo cui l'integrazione europea sia irreversibile. Scopriamo invece che si tratta di un processo ad alto rischio. Si potrà discutere a lungo se con la moneta unica abbiamo fatto il passo più lungo della gamba, ma resta che se l'Unione monetaria si distinguesse verrebbe compromesso l'intero progetto europeista. Un'altra certezza era che la democrazia fosse, in Europa, una conquista ormai acquisita.  

Ma quali sarebbero i contraccolpi politici di una crisi che risultasse fuori controllo? La storia degli anni Trenta del secolo scorso ci ha forse reso più saggi?
No: è dimostrabile che nessuno impara mai nulla dalla storia passata. Se guardiamo al di là della congiuntura dobbiamo chiederci quale di due ipotesi sia la più realistica.
Per la prima ipotesi, quella che stiamo vivendo è una dolorosa transizione verso un assetto che sarà in futuro sempre meno occidentale, una sorta di passaggio del testimone, ancor più rapido di quello che un tempo si immaginava, dal mondo occidentale a quello extraoccidentale (asiatico in primo luogo), con la conseguenza di una pressochè inevitabile decadenza, economica e politica, dell'Europa.
Oppure (seconda ipotesi), quella che stiamo vivendo è solo una fase, per quanto dolorosa, di assestamento e di passaggio, un episodio, sia pure acuto, di quella "distruzione creatrice" nella quale sta l'essenza del capitalismo moderno. Se ciò fosse vero si potrebbe ipotizzare che dopo qualche aggiustamento, dopo esserci sbarazzati di comportamenti non più sostenibili, il nostro mondo sarebbe in grado di riacquistare la vitalità perduta.

Nonostante che la bussola e altri mezzi di orientamento siano in avaria a causa della crisi, dovremo fare il possibile e l'impossibile perchè risulti vera la seconda ipotesi.


giovedì 13 ottobre 2011

Appello per l'Europa

Pubblichiamo il testo di una lettera aperta firmata da 100 eminenti personalità europee, tra i quali ex presidenti, capi di Governo, ministri degli Esteri e dell'Economia, commissari Ue, imprenditori , economisti e intellettuali. Tra i firmatari George Soros, Joschka Fischer, Emma Bonino, Mario Baldassarri ed Emma Marcegaglia.

La crisi dell'euro richiede una soluzione, subito. Le attuali misure, insufficienti e tardive, condizionano negativamente la situazione finanziaria globale. L'euro non è certo perfetto, come ci ha mostrato questa crisi. Ma la soluzione consiste nel correggerlo piuttosto che nel permettergli di minacciare e forse distruggere il sistema finanziario globale.

Noi, preoccupati per il futuro della nostra Europa, facciamo appello ai governi dell'Eurozona affinché raggiungano un consenso sulla necessità di un accordo giuridicamente vincolante che:
  1. stabilisca una tesoreria unica che raccolga fondi per l'Eurozona nel suo complesso e garantisca che gli stati membri aderiscano alla disciplina fiscale; 
  2. rafforzi la supervisione e regolamentazione finanziaria comune e crei un sistema centralizzato di tutela dei depositi all'interno dell'Eurozona; 
  3. sviluppi una strategia che produca sia convergenza economica che crescita, dato che il problema del debito non si può risolvere senza crescita. 
Fino a quando non verrà negoziato e ratificato un accordo giuridicamente vincolante, i governi dell'Eurozona dovranno dare mandato al Fondo europeo per la stabilità finanziaria (EFSF) e alla Banca centrale europea (BCE) per cooperare al fine di riportare la crisi sotto controllo. Tali istituzioni potrebbero garantire ed, infine, ricapitalizzare il sistema bancario e permettere ai paesi in difficoltà di rifinanziare il proprio debito, entro limiti prestabiliti, emettendo buoni del tesoro che possono essere ceduti a risconto alla BCE, di fatto senza costi.

Facciamo appello ai Parlamenti dei paesi dell'Eurozona affinché riconoscano che l'euro richiede una soluzione europea. La ricerca di soluzioni a livello nazionale può solo portare alla dissoluzione.

Tra i cento firmatari di questa lettera aperta ci sono: Martti Ahtisaari (Finlandia), Emma Bonino, Bertrand Collomb (Francia), Jean-Luc Dehaene (Belgio), Hans Eichel (Germania), Joschka Fischer (Germania), Alfred Gusenbauer (Austria), Bernard Kouchner (Francia), Emma Marcegaglia (Italia), Tadeusz Mazowiecki (Polonia), Ana Palacio (Spagna), Javier Solana (Spagna), Pedro Solbes (Spagna), Guy Verhofstadt (Belgio), Vaira Vike-Freiberga (Lettonia), Antonio Vitorino (Portogallo).
Tra i firmatari ci sono anche gli altri italiani Mario Baldassarri, Massimo D'Alema, Gianfranco Dell'Alba, Fiorella Kostoris, Giuseppe Scognamiglio.

Leggi anche: Soros: «Una vera riforma per il Trattato Ue»

Fonte: ilsole24ore.com

domenica 8 maggio 2011

2011. Crisi del capitalismo e l'impoverimento globale

Secondo il LEAP (Laboratorio Europeo d’Anticipazione Politica), gli Stati Uniti dimostreranno nei prossimi mesi di trascinare nuovamente l’economia e la finanza mondiale nel “cuore delle tenebre”, poiché non riescono a uscire da questa “grande depressione USA”.
Nella recente riunione delle banche centrali mondiali a Jackson Hole nel Wyoming, il Direttore della Fed, Ben Bernanke, in modo assai diplomatico, ha fatto comunque passare un messaggio chiaro: nonostante la politica di rilancio dell’economia americana sia fallita, il resto del mondo deve continuare a finanziare il suo deficit, sperando che questo serva per evitare il collasso del sistema globale, oppure gli Stati Uniti monetizzeranno il loro debito trasformando in carta straccia l’insieme dei dollari e dei Buoni del Tesoro americani sparsi nelle banche del mondo intero.

Jules Dufour che è tra l’altro ricercatore associato al CRM (Centre de recherche sur la Mondialisation) traccia uno scenario per i prossimi mesi nel quale egli prevede un aumento delle tensioni fra Stati, poiché più le economie occidentali scivoleranno nel baratro dei deficit di bilancio, più gli altri fattori di destabilizzazione agiranno sulla governance mondiale. Sottolinea che la prima metà del 2011 imporrà all’economia americana una cura d’austerità senza precedenti che provocherà nel pianeta un nuovo caos finanziario, monetario, economico e sociale.

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Jules Dufour, Ph.D., è presidente de l’Association canadienne pour les Nations Unies (ACNU) /Section Saguenay-Lac-Saint-Jean, professore emerito all’Università del Québec a Chicoutimi, membro del circolo universale degli Ambasciatori della Pace, membro cavaliere de l’Ordre national del Québec. E’ ricercatore associato al CRM (Centre de recherche sur la Mondialisation).

L’analisi di Jules Dufour
Il 2010 è  un anno in cui l’economia mondiale reale è stata gravemente colpita dalla crisi finanziaria. Le economie dei paesi ricchi sono state profondamente indebolite da elevati deficit di bilancio e pesanti debiti nazionali. Molti di essi si sono quindi trovati in una situazione che li ha obbligati a tagliare la spesa pubblica, mettendo in pericolo i programmi sociali. Nel febbraio 2010, un anno dopo l’analisi prospettica del Laboratorio europeo d’anticipazione politica (LEAP) sull’avvenire dell’economia mondiale, si è potuto costatare che “un tale processo è effettivamente in corso: Stati sul bordo della bancarotta, aumento inesorabile della disoccupazione, milioni di persone escluse dalla rete di protezione sociale, riduzione dei salari, soppressione di servizi pubblici, indebolimento del sistema di governance globale (fallimento del vertice di Copenaghen, crescenti contrasti Cina/Usa, ritorno del rischio di conflitto Iran/Israele/Usa, guerra monetaria globale, ecc.)” (LEAP, 2010). Secondo lo stesso rapporto, siamo tuttavia solo all’inizio di questa fase.
L’aggravarsi della crisi sistemica globale sarà caratterizzata da un’accelerazione e/o un inasprimento delle cinque fondamentali tendenze negative seguenti:
  • L’esplosione dei deficit pubblici e la conseguente insolvenza del debito degli Stati;
  • La collisione fatale del sistema bancario occidentale con l’aumento delle insolvenze e il muro dei debiti arrivati a scadenza;
  • L’ineluttabile aumento dei tassi d’interesse;
  • Il moltiplicarsi delle situazioni di tensione internazionale;
  • La crescente insicurezza sociale.
Nel Global Europe Anticipation Bulletin N°42, il LEAP ha scelto d’analizzare il “caso greco” perché è emblematico di ciò che ci ha riservato il 2010 e perché illustra perfettamente l’evoluzione dell’informazione sulla crisi mondiale, e cioè una “comunicazione di guerra” tra blocchi d’interesse sempre più conflittuali. Si tratta, infatti, di un “must” per riuscire a decifrare l’informazione mondiale dei mesi e degli anni che verranno, la quale sarà un vettore crescente d’operazioni manipolative. (LEAP, 2010).

I. Impoverimento generalizzato e aumento della fame
Questa situazione esercita ed eserciterà un impatto notevole sulle economie dei paesi poveri rendendoli ancora più vulnerabili ai flussi dei prezzi delle materie prime e alle manovre speculative del mercato mondiale. Secondo gli organismi delle Nazioni Unite aumenterà l’impoverimento di milioni di persone e quindi il numero degli affamati e dei senza-tetto. Secondo la FAO, nel 2010 925 milioni di persone sono vittime di fame cronica, di cui 15 milioni nei paesi ricchi. Secondo la Croce Rossa, più di 827,6 milioni sono costretti a vivere in bidonville senza le minime condizioni sanitarie. (AFP- Ginevra, 2010) Secondo la Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo (CNUCED) “negli ultimi quarant’anni il numero dei paesi molto poveri è raddoppiato passando da 25 nel 1971 a 49 nel 2010, e la stessa cosa è avvenuta per il numero delle persone al di sotto della soglia di povertà a partire dagli anni 80′”. (AFP- Ginevra, 2010) Nel rapporto 2010 sui 49 paesi meno sviluppati del (PMS), la CNUCED afferma che “il modello di sviluppo prevalso fino ad oggi per questi paesi è fallito e deve essere rivisto”. (AFP- Ginevra, 2010).

II. Catastrofi d’origine naturale e umana di grande ampiezza
A questa situazione inquietante, sia al Nord che al Sud, si sono aggiunte una serie di catastrofi d’origine naturale e umana di grande ampiezza. Secondo il gruppo assicurativo Swiss RE, le catastrofi hanno inciso pesantemente sull’economia mondiale nel 2010, per un ammontare di 222 miliardi di dollari, cioè il triplo rispetto al 2009. (AFP-Ginevra, 2010) Queste catastrofi sono state devastatrici per l’ambiente e per gli insediamenti umani: il terremoto ad Haiti in gennaio ha causato la morte di 225.000 persone e danneggiato una grande zona del territorio nazionale; il passaggio della tempesta Cinzia in febbraio ha devastato l’Europa dell’Est; nello stesso periodo un violento terremoto di magnitudo 8,8 ha colpito il Cile; l’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon nel golfo del Messico nel mese dell’ aprile scorso ha causato la più grande marea nera nella storia degli Stati Uniti; in luglio delle inondazioni senza precedenti hanno sommerso territori immensi in Pakistan e in Cina. (AFP-Ginevra, 2010).

III. Spese militari in continuo aumento
Mentre il grido d’allarme delle organizzazioni internazionali denuncia senza sosta la povertà, la fame e la miseria, i paesi ricchi consacrano somme enormi per l’acquisto d’armamenti e per la preparazione della guerra. E’ possibile affermare che la crisi economica non ha toccato il settore della difesa. Le spese militari, infatti, non hanno smesso d’aumentare e le cifre mostrano che alle voci difesa e sicurezza sono previste somme aggiuntive per il 2011 rispetto al 2010. Nel bilancio americano la voce difesa mostra degli aumenti sostanziali. Nel bilancio nazionale americano la somma stanziata per la difesa era di 661 miliardi di dollari nel 2009 e quella prevista per il 2011 dovrebbe raggiungere i 749, 5 miliardi. Nel 2010, le spese americane per le operazioni militari sono state di 719,2 miliardi di dollari, di 125,9 miliardi per l’assistenza ai Veterani, di 9,9 miliardi per l’aiuto militare all’estero e di 41,2 miliardi per l’aiuto economico.  (http://www.usgovernmentspending.com/defense_budget_2010_3.html)
I contratti d’acquisto di nuovi equipaggiamenti da combattimento sono saliti alle stelle. Degli accordi d’acquisto d’aerei da caccia sono stati firmati con le principali industrie militari e, in particolare, con la compagnia Lockeed Martin per la costruzione dell’aereo da caccia F-35. Secondo la banca dati del SIPRI, nel 2009 le spese militari mondiali hanno raggiunto i 1531 miliardi di dollari, di cui più della metà effettuate dagli Stati Uniti (figure 1, 2 e 3). Secondo i dati di un rapporto SIPRI, ripreso da I. Gedilaghine, nel 2009 le spese militari mondiali hanno raggiunto dei nuovi record senza subire l’effetto della crisi, grazie soprattutto agli Stati Uniti, il cui cambio d’amministrazione non ha comunque modificato la tendenza. Nell’anno passato, il mondo ha stanziato 1531 miliardi di dollari (1244 miliardi d’euro) per il settore militare, cioè un aumento del 5,9% rispetto al 2008 e del 49% rispetto al 2000, scrive l’Istituto internazionale di ricerca per la pace di Stoccolma (SIPRI). E’ possibile costatare che nulla viene trascurato per l’organizzazione della guerra, la sicurezza e la sorveglianza delle riserve di risorse strategiche e delle infrastrutture produttive: da ciò dipende la prosperità dei potenti del pianeta.