domenica 19 febbraio 2012

Tassa di soggiorno in tutti i Comuni, gli albergatori insorgono

Il decreto sulle Semplificazioni potrebbe attribuire a tutti i Comuni la possibilità di istituire l'imposta di soggiorno: a decidere saranno i sindaci. Non solo: il decreto, che venerdì sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri, dovrebbe trasformare gli albergatori in sostituti d'imposta per questo tributo.

La notizia è piombata come un macigno sugli operatori del mondo del turismo, che sono a Milano per la Bit.

«Siamo sbalorditi e senza parole», ha commentato a caldo il presidente di Federalberghi-Confcommercio, Bernabò Bocca.
«Da un lato - osserva - si parla di raddoppiare il Pil del turismo dal 10 al 18%, contestualmente si dà la possibilità a tutti i Comuni di applicare la tassa di soggiorno senza un regolamento nazionale che possa vincolare nella quantità e nella finalità del gettito ricavato della tassa e soprattutto dicendo che gli alberghi sono sostituti d'imposta, dunque responsabili nei confronti dell'erario. Non credo che questo sia un gesto propedeutico allo sviluppo del settore e all'ambizione di voler raddoppiare il Pil: certo non lo si raddoppia mettendo ulteriori tasse». «Non è vero, poi - aggiunge Bocca -, che la tassa di soggiorno la paga il turista: un conto è introdurre una tassa da un euro, ma poiché i primi esempi di tassa introdotta in alcune città sono di 8 euro, gli alberghi, per non uscire dal mercato, sono costretti a includere la tassa nel prezzo di vendita e quindi ad assumersi questo onere».

Per il presidente di Federturismo-Confindustria, Renzo Iorio, membro del consiglio direttivo di Aica, l'Associazione italiana catene alberghiere, questa tassa di soggiorno, così come concepita, è iniqua perché colpisce solo gli alberghi e l'attrattività di una destinazione. «Abbiamo proposto - aggiunge - una sorta di city tax spalmata su tutte le imprese del turismo e abbiamo calcolato che lo stesso gettito si otterrebbe con l'1,1% di aliquota. Oggi, a Roma, la tassa di soggiorno incide sul 6-8% del prezzo di una camera d'albergo». «Roma - osserva ancora Iorio - è l'unica città che nel 2011 ha segnato una stabilità se non un leggero decremento di presenze in alberghi; nelle altre città incrementi ci sono stati, più o meno forti. Dunque la capitale, che ha introdotto la tassa soggiorno dall'1 gennaio 2011, è stata penalizzata».

Per Federturismo la tassa di soggiorno «è una tassa iniqua: ribadiamo la nostra contrarietà. Abbiamo chiesto incontro urgente a ministro Gnudi - prosegue Iorio - per affrontare il tema. E' importante che tutto il mondo dell'impresa sia cosciente dei rischi e prenda posizione. Se questi soldi servono, bisogna avere il coraggio di dire che devono pagarla tutte le imprese del turismo: dai ristoranti, ai musei, agli ostelli, ai bar; se si vuole lasciare la tassa di soggiorno serve una normativa chiara sul fatto che il gettito vada a salvaguardia territori e non a coprire buchi bilancio».  
«Siamo di fronte a un nuovo, macroscopico segnale di disattenzione che il settore del turismo riceve in una fase già pesantemente critica», afferma Confcommercio, che rileva, inoltre, l'effetto negativo sul turismo dell'applicazione anche ai turisti stranieri del limite di 1.000 euro per pagamenti in contanti, «decisione che non ha uguali in tutta Europa», e critica la soppressione della fonte più importante per il finanziamento del sistema dei «buoni vacanza» per le famiglie in difficoltà.

Decisamente contraria anche Asshotel-Confesercenti che, per bocca del suo presidente Filippo Donati, sottolinea che «con questa tassa non si danneggiano soltanto le imprese, ma la competitività dell'intero sistema turistico». Questo, spiega, è il momento peggiore per il turismo e la tassa di soggiorno «rischia di dare il colpo di grazia». Dello stesso tenore, infine, il commento di Lino Stoppani, presidente della Fipe, la federazione che rappresenta 290mila pubblici esercizi: è una tassa «sbagliata nel principio, oltre che nei fatti, perché alimenta inflazione e allontana i turisti».

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