giovedì 10 novembre 2011

In politica non esistono traditori

Ci risiamo coi traditori. Dopo quelli storici del 25 luglio, ecco i traditori dell'8 novembre. Cioè quei deputati, così definiti immediatamente da Berlusconi, che l'altro giorno, alla Camera, hanno disertato le file della maggioranza. L'epiteto di «traditore» adoperato dal premier è la spia linguistica appropriata dei tanti nodi che sono venuti al pettine martedì a Montecitorio. In un certo senso, anzi, racchiude il senso complessivo di quanto quel pomeriggio è realmente accaduto: e cioè la vittoria della politica su tutto ciò che nella politica può anche esserci ma che non ne rappresenta l'essenza vera.

Attenzione: non sto dicendo la vittoria del bene sul male. Ma semplicemente la vittoria della politica. E alla fine, proprio il non capire che cosa questa sia, in che cosa la politica consista, ha portato Berlusconi alla sconfitta.

Il termine "traditore" rispecchia  alla perfezione il solo, vero tipo di legame che in tutti questi anni il presidente del Consiglio è stato capace di immaginare tra se stesso e chi gli stava accanto nel partito o al governo. Un rapporto di fedeltà personale, una sorta d'investitura da signore a vassallo, cementata anche in questo caso dalla concessione di feudi e benefici vari (anche assai poco appropriati, come sanno tutti: case, contratti di collaborazione fasulli, elargizioni). La stessa designazione/nomina alla carica di parlamentare, addirittura ministro, è stata spesso intesa da Berlusconi come una ricompensaa per meriti del tutto estranei alla politica. Non già dunque la condivisione di un progetto comune alimentato da valori comuni, l'elaborazione collettiva delle cose da fare e del come farle (sia pure, evidentemente, con una diversa incidenza decisionale e con un diverso grado di responsabilità). No. Al posto di tutto questo, invece - al posto della politica - la persona, la sua persona di capo e benefattore: e dunque la fedeltà, la devozione e, perchè no?, magari pure la simpatia e l'affetto. Ma comunque e innanzitutto il comando e l'obbedienza. E dunque la categoria del "tradimento". Chi non lo segue più non può che essere un "traditore".

Il voto di martedì ha rappresentato la rivincita della politica rispetto a tutto questo. Lontanissima da me (a differenza della sinistra, la quale ama presentare sempre come un eroe della libertà chi abbandonda la destra e viceversa come un vero gaglioffo chi verso la destra emigra) l'idea di pensare che colore che non hanno votato con la maggioranza lo abbiano fatto per chissà quali ragioni ideali. Qualcuno certo ce ne sarà, ma probabilmente pochi. Il punto è che però tutti lo hanno fatto per ragioni che sono eminentemente politiche. A cominciare da quella di assicurare a se stessi un avvenire politico: avvenire che evidentemente essi hanno avuto motivo di credere non più garantito dal Pdl e dalle probabili fortune elettorali sue, del governo e dello stesso Berlusconi. Insomma, perchè hanno giudicato quest'ultimo arrivato politicamente al capolinea.

La politica, dunque, alla fine fine si è mostrata più forte di qualunque legame personale fondato apparentemente su qualcosa di simile all'amicizia ma in realtà, assai più spesso, sui favori e sul denaro travestiti da "amicizia". Per Berlusconi è una lezione inaspettata e amara, ma proprio non aver capito questo dato capitale è all'origine della stupefacente catena di errori e di incapacità che lo stanno portanto oggi a una fine ingloriosa.

Ernesto Galli Della Loggia - Corriere.it

1 commento:

  1. MENFI PRIMA DI TUTTO

    Per una volta invito i rappresentanti politici di ogni schieramento a dare una risposta al "nostro" Geronimo. Aspettetterò una settimana per vedere chi osa rispondere alle domande di Geronimo. (D.C)

    risponderanno?

    http://www.giornalelasfida.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1022&Itemid=41

    RispondiElimina

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