mercoledì 26 gennaio 2011

La Cina farà la fine dell’Urss

Salutato con 21 salve di cannone, il presidente cinese Hu Jintao si è presentato negli Stati Uniti come il leader di una grande potenza in continua ascesa. Contemporaneamente al suo primo giorno di visita, Pechino diffondeva i dati ufficiali dell’ultimo trimestre: una crescita del 10,3% del Pil, superiore alle migliori previsioni. La Cina ha ufficialmente superato il Giappone come seconda economia del mondo, superata solo dagli Usa.


Il Dragone si sente forte e il suo presidente tratta da una posizione dominante. E Newsweek, alla testa di una buona parte dei media, si affretta a ribattezzare il nostro come il Secolo della Cina.

Ma la Cina è veramente così potente?

Tornando indietro nel tempo, negli anni ’60, leggiamo cose molto simili sull’Unione Sovietica di Krushev e Brezhnev. Anche allora si dava per scontato che l’Urss avrebbe superato gli Usa. Finché il modello sovietico non è imploso.

La Cina inizia ad esercitare lo stesso fascino dell’Urss negli anni ’60. E farà la stessa fine? Forse sì. I segnali ci sono già tutti. Su 1 miliardo e 300 milioni di abitanti, la nuova ricchezza riguarda solo questi ultimi. Il restante miliardo è ancora sulla (o sotto) la soglia della sussistenza. I contadini, che non sono proprietari, bensì solo affittuari delle terre (ancora pubbliche), possono subire sequestri in ogni momento. La maggioranza dei cinesi accetta sempre meno questo sistema. Nel 2005 si erano registrate 50mila rivolte di contadini e operai. Nel 2008 sono salite a 84mila. L’ultima delle quali è scoppiata il 17 gennaio, a pochi giorni dall’inizio della visita di Hu Jintao negli Usa: centinaia di operai di una fabbrica di Wuhan (Hubei) si sono scontrati con la polizia. Il loro datore di lavoro non aveva mai pagato i salari arretrati dal 2007 e le forze dell’ordine stavano proteggendo la sua fuga.


La base del capitalismo è il diritto di proprietà. E in Cina è stato riconosciuto un diritto simile solo nel 2005, ma la legislazione in merito è ancora confusa: si può essere puniti per il furto, ma la proprietà può essere “pubblica”, “privata” o “collettiva” ed è l’autorità che decide quale diritto applicare e a chi. Solo nel 2010 il regime ha annunciato l’intenzione di riconoscere la proprietà intellettuale. Ma non l’ha ancora fatto.
Al gradino più basso della scala sociale cinese ci sono ancora gli schiavi. Sono circa 8 milioni i prigionieri (politici e comuni) costretti ai lavori forzati secondo i dati forniti dalla Laogai Research Foundation. Qualsiasi attività moderna, dall’operaio specializzato in su, richiede istruzione e motivazione. Il fattore umano, fondamentale in tutte le economie contemporanee, in Cina è ancora inesistente.

Lo yuan, la moneta cinese, è strategicamente svalutato per incentivare le esportazioni. Ma l’economia cinese inizia a pagare l’eccesso di circolazione di denaro con un’alta inflazione: 4,6% nell’ultimo trimestre, con un aumento del 50% dei prezzi dei prodotti alimentari. Il governo cinese, invece di metter mano alla politica monetaria, impone calmieri e lancia campagne demagogiche contro il caro-vita. L’effetto inevitabile (che si vedrà prossimamente) saranno code di fronte a negozi vuoti, come sempre quando i prezzi vengono abbassati artificialmente.

Non tutti trovano lavoro. Solo una minoranza è fortunata ed è concentrata nelle città. I contadini delle province agricole cercano di emigrare nei centri urbani, ma sono trattati da cinesi di serie B.
E’ il problema delle migrazioni interne, che riguarda cifre spaventose di uomini e donne: circa 150 milioni, secondo i dati del 2008. Anche per risolvere questo fenomeno il governo preferisce abbassare artificialmente il numero di abitanti, soprattutto nelle campagne, con la politica del figlio unico.

Mentre ci incontriamo qui a Washington, in Cina si stanno verificando più di 35mila aborti forzati” – dichiarava la dissidente in esilio Chai Ling, all’arrivo di Hu Jintao nella capitale degli Usa – “Ogni 2,5 secondi viene presa la vita di un bambino; ogni 6 bambine che nascono, una non nascerà mai proprio perché è donna; 500 donne si suicideranno, cinque volte più della media mondiale; 3000 bambine vengono abbandonate agli angoli delle strade e più di 200 fra donne e bambine verranno costrette in schiavitù”.

Delle debolezze cinesi, però, non se ne può parlare. Reporters Sans Frontièrs documenta un nuovo giro di vite sulla stampa: il Dipartimento di Propaganda di Pechino ha imposto una censura totale ai media su qualsiasi notizia che riguardi problemi economici e sociali. Sono arrestati quei pochi che osano condurre indagini sulle case “di tofu” che crollano alle prime scosse di terremoto. Così come quelli che vogliono documentare gli scandali dell’industria cinese, come il latte alla melamina. Vengono incarcerati per “istigazione al disturbo dell’ ordine sociale”, o per “violazione dei segreti di Stato”. Perché la Cina deve rimanere un mito. Per tutti deve essere un “Dragone”. Un drago vero. Non uno di carta, come quelli che vengono portati in processione nelle festività cinesi.


di Stefano Magni -  Libertiamo.it

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